Associazione Astrofili Trentini
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Le comete nella scienza d'oggi


La struttura

La parte più importante di una cometa è la testa, o meglio il nucleo. Quest'ultimo infatti costituisce la parte più densa, nonostante le sue dimensioni siano talmente piccole da renderlo invisibile anche al telescopio; recenti stime dei raggi dei nuclei hanno condotto a valori inferiori a 20-30 km. Nel 1986 in occasione del 30° passaggio documentato della cometa di Halley in prossimità del Sole, la sonda Giotto, che si è avvicinata fino a 600 km dal nucleo, ne ha valutato le dimensioni intorno ai 14 km di lunghezza e ai 7 km di larghezza con un volume di circa 500 kmc e una densità media pari alla metà della densità dell'acqua.

Quando la cometa è molto distante dal sole, quello che appare è soltanto il nucleo oscuro perché non possiede luce propria; infatti le parti più appariscenti della cometa, la chioma e la coda, si formano solamente nei pressi del Sole. Man mano che la distanza diminuisce, aumenta la temperatura; alcune delle sostanze che compongono il nucleo evaporano e formano attorno ad esso una sorta di atmosfera, che viene detta chioma.

Poiché dal sole si irradia nello spazio circostante un continuo flusso di particelle, sotto l'azione di questo cosiddetto "vento solare" (la cui velocità varia fra gli 1,5 e i 3 milioni di km/h) parte della chioma viene spazzata via, andando a formare una lunga scia di gas e polveri, ovverosia la coda: e visto che il vento "soffia" sempre dal centro del sistema planetario verso l'esterno, la coda è costantemente rivolta in direzione opposta al sole. Al contrario del nucleo, la coda può raggiungere dimensioni enormi; fino ad ora, la massima lunghezza che si conosca è quella della cometa apparsa nel 1843, la cui scia arrivò a 320 milioni di km, mentre il nucleo si trovava nei pressi del Sole, l'estremità della coda lambiva la fascia degli asteroidi, cioè ben oltre l'orbita del pianeta Marte.


La composizione chimica

Ormai pare confermato che una cometa sia, secondo il modello proposto da F.L.Whipple nel 1950, una specie di "iceberg sporco". Il nucleo infatti, è sostanzialmente un blocco composto da ghiacci di acqua, anidride carbonica, metano, ammoniaca ecc. che sono chiamate "molecole madri" perché costituiscono la composizione base della cometa; il nucleo, inoltre, congloba materiali non volatilizzabili, come ad esempio i silicati, gli ossidi e i metalli. In prossimità del Sole, quando i ghiacci superficiali evaporano, a partire dalle "molecole madri" del nucleo si formano la chioma e la coda. Occorre però distinguere due tipi di coda; una di gas e una di polveri.

La prima si forma a causa del vento solare che in primo luogo "ionizza" le molecole della chioma, cioè strappando loro gli elettroni, e in secondo luogo agisce come un "rastrello" magnetico allontanandole dal nucleo. Il secondo tipo di coda invece è causato dalla pressione del vento solare, che spinge fuori dalla chioma le particelle di polvere.

Poiché si è detto che nei pressi del Sole parte del nucleo evapora soffiato via dal vento solare, si potrebbe pensare che nel giro di pochi passaggi vicino alla nostra stella una cometa venga "consumata" del tutto, ma non è così perché il nucleo è protetto da due meccanismi. Innanzitutto la vaporizzazione dei ghiacci superficiali assorbe una notevole quantità di energia proveniente dal Sole, per questo motivo la temperatura globale del nucleo si mantiene su livelli relativamente bassi.

In secondo luogo, i materiali non volatilizzabili, una volta che sono stati liberati dai ghiacci superficiali, vengono a formare uno strato spugnoso che conduce poco il calore e protegge gli strati più interni. In tal modo una cometa può avere una vita molto più lunga di quanto possa sembrare.


La nascita e la morte

Sull'origine delle comete sono state formule sostanzialmente tre ipotesi.

La prima, sviluppata già a partire dal secolo scorso, sostiene che le comete provengano dalla materia esistente tra le stelle, materia che viene perturbata dalle attrazioni gravitazionali del sistema solare a lei vicino. Questa teoria, che spiegherebbe le orbite a forma di iperbole, ha però due punti deboli; innanzitutto non si comprende per quale ragione la maggior parte delle orbite cometarie siano ellissi e non iperboli; in secondo luogo, ammettendo che la cometa si formi per condensazione della materia interstellare, è inevitabile contraddire il modello di nucleo dell' "iceberg sporco", che fino ad ora non ha avuto altro che conferme.

La seconda ipotesi, proposta nel secolo scorso ma sostenuta recentemente da l'astronomo sovietico S.K.Vsekhsvyatskij, afferma che le comete si sono formate e si formano ancora in seguito a violente eruzioni vulcaniche sui pianeti simili a Giove e sui loro satelliti. Numerose sono le osservazioni che avvallano questa teoria; l'energia necessaria ad espellere il materiale vulcanico è elevata ma contenuta all'interno dei valori "normali" a livello planetario; gli strani elementi orbitali, inoltre, trovano immediata risposta, senza produrre particolari perturbazioni gravitazionali; la composizione chimica delle comete, poi, è del tutto affine a quella delle atmosfere dei pianeti gioviani e dei loro satelliti. Rimane però irrisolta una questione; quella delle comete a lungo periodo e con orbite iperboliche, che una genesi nei pressi del Sole non può certo giustificare.

La terza ed ultima ipotesi venne elaborata dall'astronomo olandese J.H.Oort a partire dal 1950 ed è nota perché teorizza il "serbatoio delle comete". Essa infatti sostiene che le comete provengono da una zona a forma di ciambella piazzata molto al di la dell'orbita di plutone. In questo spazio, detto "Nube di Oort", le comete gravitano intorno al Sole, muovendosi assai lentamente, vista la loro posizione così remota, possono subire l'influsso gravitazionale delle stelle vicine, che può avere due esiti differenti: sottrarle al Sistema Solare oppure inviarle verso il centro di gravità, cioè verso il Sole. Poiché secondo i calcoli di Oort soltanto una cometa su 100.000 dovrebbe seguire la seconda possibilità, occorre ammettere che alla periferia del Sistema Solare siano attualmente presenti oltre 100 miliardi di nuclei cometari! Con questa teoria si spiegano sia le orbite iperboliche, che sono quelle delle comete che giungono per la prima volta dal "serbatoio", sia le orbite ellittiche, provocate dall'influsso gravitazionale dei pianeti maggiori. Il problema della genesi cometaria, infine, verrebbe risolto dicendo che la nube di Oort è un residuo della nebulosa primitiva che diede origine al Sistema Solare; la maggior parte delle comete, proprio come il Sole e i pianeti, sarebbero dunque nate 5 miliardi di anni fa.

Ben conosciute e assai spettacolari sono le modalità di scomparsa di una cometa. Una prima possibilità, la più "naturale" è costituita dalla lenta consunzione del nucleo, che ad ogni passaggio nei pressi del Sole perde una parte, per quanto piccola, della sua massa. In questo caso, dunque, la durata della vita di una cometa viene determinata da numerosi fattori: la quantità e la qualità della materia che forma il nucleo, la durata della rivoluzione attorno alla nostra stella, la distanza da essa nel punto più vicino dell'orbita (perielio).

Se quest'ultimo elemento assume valori molto bassi, sicché la cometa giunge ad attraversare gli strati superiori dell'atmosfera solare, allora l'azione del Sole diviene tanto violenta da provocare effetti disastrosi sul nucleo, quali la frattura o la vera e propria disintegrazione. È il caso, ad esempio della cometa di Biela, che dopo essere stata più volte essere stata osservata con regolarità, nel 1846 apparve letteralmente spezzata in due frammenti: essi orbitarono affiancati per qualche anno, ma nel 1859 non riapparvero più. Probabilmente erano stati sminuzzati a loro volta dalla fortissima attrazione solare: a conferma di ciò, nel 1877, quando la terra stava attraversando l'orbita della cometa defunta, il cielo venne illuminato da una copiosa pioggia di stelle cadenti, il cui numero fu stimato a non meno di 160.000; erano evidentemente detriti derivati dalla disgregazione della cometa di Biela.

Ancora più mirabile è lo spettacolo di una cometa che trova la morte scontrandosi con un pianeta del sistema solare. È il caso della recentissima cometa Shoemaker-Levy 9, che nel luglio del 1994 precipitò, ormai ridotta in frammenti, sul pianeta Giove. Ma è documentata anche la caduta di una cometa sulla Terra: Il fatto è successo il 30 giugno 1908 a Tunguska, una zona pressoché disabitata della Siberia, a nord del lago Bajkal. A causa della difficile accessibilità del luogo, il sito venne visitato per la prima volta da una spedizione scientifica soltanto nel 1927; gli studiosi trovarono una leggera depressione del diametro di circa 7 km, attorno alla quale quasi tutti gli alberi giacevano semi carbonizzati in direzione radiale. In quel luogo la cometa aveva portato morte e devastazione; se fosse caduta su una grossa città, avrebbe certo provocato una strage. Tuttavia non bisogna dimenticare che l'urto con una cometa è veramente una cosa molto improbabile!


C'è la vita?

È forse probabile che dei corpi celesti come le comete ospitino la vita, sia pur a livello batterico? Le comete infatti soddisferebbero alcuni requisiti ritenuti necessari affinché si sviluppi la vita "quale noi la conosciamo"; ad esempio è presente l'elemento vitale per eccellenza, l'acqua nonché altre molecole, come l'ammoniaca e il metano, i cui atomi sono gli stessi dei composti di tipo biologico. Tuttavia la risposta al quesito "c'è la vita sulle comete?" è difficile possa essere una risposta positiva; ciò che fa propendere al pessimismo è in sostanza la forma dell'orbita, che provoca, tra le altre cose, un'elevatissima escursione termica. Quindi, l'acqua è sì presente, ma allo stato solido, lontano dal Sole, o allo stato aeriforme, vicino al perielio; lo stato liquido, fondamentale per la nascita della vita "quale noi la conosciamo", è escluso oppure occupa una frazione davvero minima del periodo orbitale. È dunque impensabile che una cometa, o parte di essa, possa costituire un ambiente in cui trovi posto una qualche forma di vita.

Se l'Universo, com'è probabile, ospita altri esseri viventi oltre a quelli terrestri, occorre cercarli da qualche altra parte.


Marco Murara (e-mail)
marzo 1997


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