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Il mistero delle piramidi


Giza, "la porta dell'aldilà" per gli egizi, Machu Picchu, la città sacra degli inca, Chichen Itza e il dio serpente piumato del Messico, e poi ancora Stonehenge in Inghilterra, Tihuanaco in Perù, Angkor Wat in Cambogia: c'è qualcosa in ognuno di questi luoghi, che spinge la mente a contemplare il cosmo. Lo scopo di questi straordinari monumenti d'un lontanissimo passato era quello di usare intelligenza ed intuito, oltre ad un'abilità ingegneristica che lascia stupefatti, per confrontarsi con il mistero dell'anima e della morte.

I primi studiosi che esplorarono gli antichi siti archeologici del Messico, tornarono ossessionati dall'intuizione della presenza di un grande, terribile mistero. Un manto di cupo dolore sembrava sovrastare quelle vestigia del passato, pieno di inspiegabili contraddizioni. Se da una parte possiamo ritrovare prove di una profonda conoscenza filosofica, scientifica e spirituale presso gli aztechi, dall'altra osserviamo come questo progresso portò ad una crudeltà da incubo, con sacrifici umani "istituzionalizzati" che mietevano tra la popolazione 100000 vittime ogni anno. Il popolo azteco adorava un re-dio chiamato Quetzalcoatl, il serpente-piumato, simbolo di non violenza ed amore universale: rimane un enigma come questa dottrina abbia portato a tanta malvagità. Essi onoravano e veneravano questa benevola figura, parlando con riverenza dei suoi modi pacifici e vitali: al tempo stesso i sacrifici umani rivestivano un ruolo così importante nella loro società che se una persona rifiutava di assistervi correva il rischio di subire la stessa fine. C'erano perfino coloro che per il proprio status sociale erano destinati al sacrificio fin dalla nascita: gli schiavi, i fuorilegge, addirittura chi nasceva sotto un segno favorevole agli dei. Al serpente-piumato fu dedicata, tra il 900 a.c. e il 1200 a.c., la famosa piramide a nove gradini di Quetzalcoatl-Kukulkan: i suoi costruttori l'avevano allineata con tale perfezione alla traiettoria del tramonto del Sole all'equinozio, che in quella occasione un motivo di luci ed ombre, simile ad un gigantesco serpente ondulato con sette spire d'ombra definite da sette triangoli di luce, si disegnava come per incanto sulla parete occidentale della costruzione. Gli aztechi credevano che Quetzalcoatl avrebbe aiutato i defunti nel loro viaggio, risvegliandoli un giorno alla vita: in modo del tutto simile, gli egiziani attribuivano ad Osiride, dio dei morti, il potere della resurrezione. Entrambi ritenevano inoltre che l'aldilà si trovasse in una regione di cielo attraversata dalla via Lattea. Un'altra curiosa analogia vuole che i due popoli, così geograficamente lontani, credessero che i cancelli del regno ultraterreno si spalancassero "al bagliore rossastro del crepuscolo che precede l'alba". Una serie di coincidenze davvero sorprendenti, con l'astronomia come elemento comune che permea le tradizioni religiose delle due civiltà.

Se visitiamo le grandi piramidi nella piana egiziana di Giza, rimarremo increduli di fronte all'abilità con cui, 6000 anni fa, furono costruiti questi monumenti, che conservano misteri davvero ben nascosti. Alcuni storici si sono sbizzarriti nel considerare la Grande Piramide una sorta di modello matematico, che indicasse con precisione grandezze come la massa della Terra o il suo diametro, valori all'epoca inconoscibili. La base e l'altezza della costruzione sembrano legate da semplici relazioni matematiche addirittura al moto di precessione terrestre, che fu scoperto 2000 anni dopo: sottolineiamo "sembrano", perché in questo genere di studi il pericolo di confondere il probabile con il possibile è sempre in agguato. Rimangono alcune certezze, come lo spiccato significato astronomico di queste antiche creazioni di pietra, orientate sempre in direzione degli equinozi o del levare di costellazioni e stelle luminose e la profonda conoscenza del cielo che tali popolazioni possedevano. Dal momento che le principali divinità egizie erano creature celesti, i sacerdoti erano depositari della capacità di prevedere il tempo e il luogo delle loro apparizioni. Questa pratica, una sorta di rudimentale astronomia posizionale, portò alla creazione di un calendario di 365 giorni, alla suddivisione del giorno e della notte in dodici "segmenti" ciascuno. Questo calendario civile di 12 mesi suddivisi in trenta giorni, con l'aggiunta di un'unità di 5 giorni, è il più antico predecessore del moderno calendario occidentale.


Christian Lavarian (lavarian@science.unitn.it)
maggio 1999


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