Giornata Seconda (segue dalla pagina precedente)

SAGR. Io non ho detto assolutamente che questo secondo moto sia più veloce del primo, ma che può talvolta accader ch' e' sia più veloce.

SIMP. Questo è quello ch'io non capisco e ch'io vorrei intendere.

SAGR. E questo ancora sapete per voi stesso. Però ditemi: quando voi vi lasciaste cader la ruzzola di mano senza che ella girasse in se stessa, che farebbe percotendo in terra?

SIMP. Niente, ma resterebbe quivi.

SAGR. Non potrebb'egli accadere che nel percuotere in terra ella acquistasse moto? pensateci meglio.

SIMP. Se noi non la lasciassimo cadere su qualche pietra che avesse pendio, come fanno i fanciulli con le chiose, e che battendo a sbiescio su la pietra pendente acquistasse movimento in se stessa in giro, col quale poi ella seguitasse di muoversi progressivamente in terra, non saprei in qual altra maniera ella potesse far altro che fermarsi dove ella battesse.

SAGR. Ecco pure che in qualche modo ella può acquistar nuova vertigine. Quando dunque la ruzzola sbalzata in alto ricade in giù, perché non può ella abbattersi a dare su lo sbiescio di qualche sasso fitto in terra e che abbia il pendio verso dove è il moto, ed acquistando, per tal percossa, nuova vertigine, oltre a quella prima dello spago, raddoppiar il suo moto, e farlo più veloce che non fu nel suo primo battere in terra?

SIMP. Ora intendo che ciò può facilmente seguire. E vo considerando che quando la ruzzola sì facesse girare al contrario, nell'arrivare in terra farebbe contrario effetto, cioè il moto della vertigine ritarderebbe quel del proiciente.

SAGR. E lo ritarderebbe, e l'impedirebbe tal volta del tutto, quando la vertigine fusse assai veloce. E di qui nasce la soluzione di quell'effetto che i giuocatori di palla a corda più esperti fanno con lor vantaggio, cioè d'ingannar l'avversario col trinciar (che tale è il loro termine) la palla, cioè rimetterla con la racchetta obliqua, in modo che ella acquisti una vertigine in se stessa contraria al moto proietto, dal che ne séguita che, nell'arrivare in terra, il balzo che, quando la palla non girasse, andrebbe verso l'avversario, porgendoli il consueto tempo di poterla rimettere, resta come morto, e la palla si schiaccia in terra, o meno assai del solito ribalza, e rompe il tempo della rimessa. Per questo anco si veggono quelli che giuocano con palle di legno a chi più s'accosta a un segno determinato, quando giuocano in una strada sassosa e piena d'intoppi, da far deviar in mille modi la palla né punto andar verso il segno, per isfuggirli tutti, gettar la palla non ruzzolando per terra, ma di posta per aria, come se avessero a gettare una piastra piana; ma perché nel gettar la palla ella esce di mano con qualche vertigine conferitale dalle dita, tuttavoltaché la mano si tenesse sotto la palla, come comunemente si tiene, onde la palla, nel percuotere in terra presso al segno, tra 'l moto del proiciente e quel della vertigine scorrerebbe assai lontana, per far ch'ella si fermi, abbrancano artifiziosamente la palla, tenendo la mano di sopra e la palla di sotto, alla quale nello scappar vien conferita dalle dita la vertigine al contrario, per la quale, nel battere in terra vicino al segno, quivi si ferma o poco più avanti scorre. Ma per tornar al principal problema, che è stato causa di far nascer questi altri, dico che è possibile che uno mosso velocissimamente si lasci uscir una palla di mano la quale, giunta che sia in terra, non solo séguiti il moto di colui, ma lo anticipi ancora, movendosi con velocità maggiore. E per vedere un tal effetto, voglio che il corso sia d'una carretta, alla quale per banda di fuori sia fermata una tavola pendente, sì che la parte inferiore resti verso i cavalli e la superiore verso le ruote di dietro. Ora, se nel maggior corso della carretta alcuno, che vi sia dentro, lascerà cadere una palla giù per il pendio di quella tavola, ella nel venir giù ruzzolando acquisterà vertigine in se stessa, la quale, aggiunta al moto impresso dalla carretta, porterà la palla per terra assai più velocemente della carretta: e quando si accomodasse un'altra tavola pendente all'opposito, si potrebbe temperare il moto della carretta in modo, che la palla scorsa giù per la tavola, nell'arrivare in terra, restasse immobile, ed anco talvolta corresse al contrario della carretta. Ma troppo lungamente ci siam partiti dalla materia; e se il signor Simplicio resta appagato della soluzione del primo argomento contro alla mobilità della Terra, preso da i cadenti a perpendicolo, si potrà venire a gli altri.

SALV. Le digressioni fatte sin qui non son talmente aliene dalla materia che si tratta, che si possan chiamar totalmente separate da quella; oltreché dependono i ragionamenti da quelle cose che si vanno destando per la fantasia non a un solo, ma a tre, che anco, di più, discorriamo per nostro gusto, né siamo obligati a quella strettezza che sarebbe uno che ex professo trattasse metodicamente una materia, con intenzione anco di publicarla. Non voglio che il nostro poema si astringa tanto a quella unità, che non ci lasci campo aperto per gli episodii, per l'introduzion de' quali dovrà bastarci ogni piccolo attaccamento e quasi che noi ci fussimo radunati a contar favole, quella sia lecito dire a me, che mi farà sovvenire il sentir la vostra.

SAGR. Questo a me piace grandemente: e già che noi siamo in questa larghezza, siami lecito, prima che passare più innanzi, ricercar da voi, signor Salviati, se mai vi è venuto pensato qual si possa credere che sia la linea descritta dal mobile grave, naturalmente cadente dalla cima della torre a basso; e se vi avete fatto sopra reflessione, ditemi in grazia il vostro pensiero.

SALV. Io ci ho talvolta pensato: e non dubito punto che quando altri fusse sicuro della natura del moto col quale il grave descende per condursi al centro del globo terrestre, mescolandolo poi col movimento comune circolare della conversion diurna, si troverrebbe precisamente qual sorte di linea sia quella che dal centro della gravità del mobile vien descritta nella composizion di tali due movimenti.

SAGR. Del semplice movimento verso il centro, dependente dalla gravità, credo che si possa assolutamente senza errore credere che sia per linea retta, quale appunto sarebbe quando la Terra fusse immobile.

SALV. Quanto a questa parte, non solamente possiamo crederla, ma l'esperienza ce ne rende certi.

SAGR. Ma come ce ne assicura l'esperienza, se noi non veggiamo mai altro moto che il composto delli due, circolare ed in giù?

SALV. Anzi pur, signor Sagredo, non veggiamo noi altro che il semplice in giù, avvenga che l'altro circolare, comune alla Terra alla torre ed a noi, resta impercettibile e come nullo, e solo ci resta notabile quello della pietra, non participato da noi; e di questo il senso dimostra che sia per linea retta, venendo sempre parallelo alla stessa torre, che sopra la superficie terrestre è fabbricata rettamente ed a perpendicolo.

SAGR. Avete ragione, e ben troppo dappoco mi son dimostrato, mentre non m'è sovvenuto una cosa sì facile. Ma già che questo è notissimo, che altro dite voi di desiderare per intender la natura di questo movimento a basso?

SALV. Non basta intender che sia retto, ma bisogna sapere se sia uniforme o pure difforme, cioè se mantenga sempre un'istessa velocità o pur si vadia ritardando o accelerando.

SAGR. Già è chiaro che si va accelerando continuamente.

SALV. Né questo basta, ma converrebbe sapere secondo qual proporzione si faccia tal accelerazione: problema, che sin qui non credo che sia stato saputo da filosofo né da matematico alcuno, ancorché da filosofi, ed in particolare Peripatetici, sieno stati volumi intieri, e grandissimi, scritti intorno al moto.

SIMP. I filosofi si occupano sopra gli universali principalmente; trovano le definizioni ed i più comuni sintomi, lasciando poi certe sottigliezze e certi tritumi, che son poi più tosto curiosità, a i matematici: ed Aristotile si è contentato di definire eccellentemente che cosa sia il moto in universale, e del locale mostrare i principali attributi, cioè che altro è naturale, altro violento, che altro è semplice, altro è composto, che altro è equabile, altro accelerato; e dell'accelerato si è contentato di render la ragione dell'accelerazione, lasciando poi l'investigazione della proporzione di tale accelerazione e di altri più particolari accidenti al mecanico o ad altro inferiore artista.

SAGR. Tutto bene, signor Simplicio mio. Ma voi, signor Salviati, calandovi talvolta dal trono della maestà peripatetica, avete mai scherzato intorno all'investigazione di questa proporzione dell'accelerazione del moto de' gravi descendenti?

SALV. Non mi è stato bisogno di pensarvi, attesoché l'Accademico, nostro comun amico, mi mostrò già un suo trattato del moto, dove era dimostrato questo, con molti altri accidenti; ma troppo gran digressione sarebbe se per questo volessimo interromper il presente discorso, che pure esso ancora è una digressione, e far, come si dice, una commedia in commedia.

SAGR. Mi contento d'assolvervi da tal narrazione per al presente, con patto però che questa sia una delle proposizioni riservata da esaminarsi tra le altre in altra particolar sessione, perché tal notizia è da me desideratissima: ed intanto torniamo alla linea descritta dal grave cadente dalla sommità della torre sino alla sua base.

SALV. Quando il movimento retto verso il centro della Terra fusse uniforme, essendo anco uniforme il circolare verso oriente, si verrebbe a comporre di amendue un moto per una linea spirale, di quelle definite da Archimede nel libro delle sue spirali, che sono quando un punto si muove uniformemente sopra una linea retta, mentre essa pur uniformemente si gira intorno a un de i suoi estremi punti, fisso come centro del suo rivolgimento. Ma perché il moto retto del grave cadente è continuamente accelerato, è forza che la linea del composto de i due movimenti si vadia sempre con maggior proporzione allontanando successivamente dalla circonferenza di quel cerchio che avrebbe disegnato il centro della gravità della pietra quando ella fusse restata sempre sopra la torre; e bisogna che questo allontanamento sul principio sia piccolo, anzi minimo, anzi pur minimissimo, avvengaché il grave descendente, partendosi dalla quiete, cioè dalla privazion del moto a basso, ed entrando nel moto retto in giù, è forza che passi per tutti i gradi di tardità che sono tra la quiete e qualsivoglia velocità, li quali gradi sono infiniti, sì come già a lungo si è discorso e concluso.
Stante dunque che tale sia il progresso dell'accelerazione, ed essendo oltre di ciò vero che il grave descendente va per terminare nel centro della Terra, bisogna che la linea del suo moto composto sia tale, che ben si vadia sempre con maggior proporzione allontanando dalla cima della torre, o, per dir meglio, dalla circonferenza del cerchio descritto dalla cima della torre per la conversion della Terra, ma che tali discostamenti sieno minori e minori in infinito, quanto meno e meno il mobile si trova essersi scostato dal primo termine dove posava. Oltre di ciò è necessario che questa tal linea del moto composto vadia a terminar nel centro della Terra. Or, fatti questi due presupposti, venni già descrivendo intorno al centro A col semidiametro A B il cerchio B I, rappresentantemi il globo terrestre; e prolungando il semidiametro AB in C, descrissi l'altezza della torre BC, la quale, portata dalla Terra sopra la circonferenza B I, descrive con la sua sommità l'arco C D, divisa poi la linea C A in mezo in E, col centro E, intervallo E C, descrivo il mezo cerchio C I A, per il quale dico ora che assai probabilmente si può credere che una pietra, cadendo dalla sommità della torre C, venga movendosi del moto composto del comune circolare e del suo proprio retto.

Imperocché, segnando nella circonferenza C D alcune parti eguali C F, F G, G H, H L, e da i punti F, G, H, L tirate verso il centro A linee rette, le parti di esse intercette fra le due circonferenze C D, B I ci rappresenteranno sempre la medesima torre C B, trasportata dal globo terrestre verso D I, nelle quali linee i punti dove esse vengono segate dall'arco del mezo cerchio C I sono i luoghi dove di tempo in tempo la pietra cadente si ritrova; li quali punti si vanno sempre con maggior proporzione allontanando dalla cima della torre, che è quello che fa che il moto retto fatto lungo la torre ci si mostra sempre più e più accelerato. Vedesi ancora come, mercé della infinita acutezza dell'angolo del contatto delli due cerchi D C, C I, il discostamento del cadente dalla circonferenza CFD, cioè dalla cima della torre, è verso il principio piccolissimo, che è quanto a dire il moto in giù esser lentissimo, e più e più tardo in infinito secondo la vicinità al termine C, cioè allo stato della quiete, e finalmente s'intende come in ultimo tal moto andrebbe a terminar nel centro della Terra A.

SAGR. Intendo perfettamente il tutto, né posso credere che 'l mobile cadente descriva col centro della sua gravità altra linea che una simile.

SALV. Ma piano, signor Sagredo; ché io ho da portarvi ancora tre mie meditazioncelle, che forse non vi dispiaceranno. La prima delle quali è, che se noi ben consideriamo, il mobile non si muove realmente d'altro che di un moto semplice circolare, sì come quando posava sopra la torre pur si muoveva di un moto semplice e circolare. La seconda è ancora più bella: imperocché egli non si muove punto più o meno che se fusse restato continuamente su la torre, essendo che a gli archi C F, F G, G H, etc., che egli avrebbe passati stando sempre su la torre, sono precisamente eguali gli archi della circonferenza C I rispondenti sotto gli stessi C F, F G, G H, etc. Dal che ne séguita la terza meraviglia: che il moto vero e reale della pietra non vien altrimenti accelerato, ma è sempre equabile ed uniforme, poiché tutti gli archi eguali notati nella circonferenza C D ed i loro corrispondenti segnati nella circonferenza C I vengono passati in tempi eguali. Talché noi venghiamo liberi di ricercar nuove cause di accelerazione o di altri moti, poiché il mobile tanto stando su la torre quanto scendendone, sempre si muove nel modo medesimo, cioè circolarmente, con la medesima velocità e la medesima uniformità. Or ditemi quel che vi pare di questa mia bizzarria.

SAGR. Dicovi che non potrei a bastanza con parole esprimer quanto ella mi par maravigliosa: e per quanto al presente mi si rappresenta all'intelletto, io non credo che il negozio passi altrimenti; e volesse Dio che tutte le dimostrazioni de' filosofi avesser la metà della probabilità di questa. Vorrei bene, per mia intera sodisfazione, sentir la prova come quelli archi sieno eguali.

SALV. La dimostrazion è facilissima. Intendete esser tirata questa linea I E; ed essendo il semidiametro del cerchio C D, cioè la linea C A, doppio del semidiametro C E del cerchio C I, sarà la circonferenza doppia della circonferenza, ed ogn'arco del maggior cerchio doppio di ogni arco simile del minore, ed in conseguenza la metà dell'arco del cerchio maggiore eguale all'arco del minore: e perché l'angolo C E I, fatto nel centro E del minor cerchio e che insiste su l'arco C I, è doppio dell'angolo C A D, fatto nel centro A del cerchio maggiore, al quale suttende l'arco C D, adunque l'arco C D è la metà dell'arco del maggior cerchio simile all'arco C I, e però sono li due archi C D, C I eguali: e nell'istesso modo si dimostrerrà di tutte le parti. Ma che il negozio, quanto al moto de i gravi descendenti, proceda così puntualmente, io per ora non lo voglio affermare; ma dirò bene che se la linea descritta dal cadente non è questa per l'appunto, ella gli è sommamente prossima.

SAGR. Ma io, signor Salviati, vo pur ora considerando un'altra cosa mirabile: e questa è, che stanti queste considerazioni, il moto retto vadia del tutto a monte e che la natura mai non se ne serva, poiché anco quell'uso che da principio gli si concedette, che fu di ridurre al suo luogo le parti de i corpi integrali quando fussero dal suo tutto separate e però in prava disposizione costituite, gli vien levato, ed assegnato pur al moto circolare.

SALV. Questo seguirebbe necessariamente quando si fusse concluso, il globo terrestre muoversi circolarmente, cosa che io non pretendo che sia fatta, ma solamente si è andato sin qui, e si andrà, considerando la forza delle ragioni che vengono assegnate da i filosofi per prova dell'immobilità della Terra: delle quali questa prima, presa da i cadenti a perpendicolo, patisce le difficultà che avete sentite; le quali non so di quanto momento sieno parse al signor Simplicio, e però, prima che passare al cimento de gli altri argomenti, sarebbe bene ch'ei producesse se cosa ha da replicare in contrario.

SIMP. Quanto a questo primo, confesso veramente aver sentito varie sottigliezze alle quali non avevo pensato, e come che elle mi giungono nuove, non posso aver le risposte così in pronto. Ma questo, preso da i cadenti a perpendicolo, non l'ho per de i più gagliardi argomenti per l'immobilità della Terra, e non so quello che accaderà de i tiri dell'artiglierie, e massime di quelli contro al moto diurno.

SAGR. Tanto mi desse fastidio il volar de gli uccelli quanto mi fanno difficultà le artiglierie e tutte le altre esperienze arrecate di sopra! Ma questi uccelli, che ad arbitrio loro volano innanzi e 'n dietro e rigirano in mille modi, e, quel che importa più, stanno le ore intere sospesi per aria questi, dico, mi scompigliano la fantasia, né so intendere come tra tante girandole e' non ismarriscano il moto della Terra, o come e' possin tener dietro a una tanta velocità, che finalmente supera a parecchi e parecchi doppi il lor volo.

SALV. Veramente il dubitar vostro non è senza ragione, e forse il Copernico stesso non ne dovette trovar scioglimento di sua intera sodisfazione, e perciò per avventura lo tacque; se ben anco nell'esaminar l'altre ragioni in contrario fu assai conciso, credo per altezza d'ingegno, e fondato su maggiori e più alte contemplazioni, nel modo che i leoni poco si muovono per l'importuno abbaiar de i picciol cani. Serberemo dunque l'instanza de gli uccelli in ultimo, e 'n tanto cercheremo di dar sodisfazione al signor Simplicio nell'altre, col mostrargli, al modo solito, che egli stesso ha le soluzioni in mano, se bene non se n'accorge. E facendo principio da i tiri di volata, fatti, col medesimo pezzo polvere e palla, l'uno verso oriente e l'altro verso occidente, dicami qual cosa sia quella che lo muove a credere che 'l tiro verso occidente (quando la revoluzion diurna fusse del globo terrestre) dovrebbe riuscir più lungo assai che l'altro verso levante.

SIMP. Muovomi a così credere, perché nel tiro verso levante la palla, mentre che è fuori dell'artiglieria, viene seguita dall'istessa artiglieria, la quale, portata dalla Terra pur velocemente corre verso la medesima parte, onde la caduta della palla in terra vien poco lontana dal pezzo. All'incontro nel tiro occidentale, avanti che la palla percuota in terra, il pezzo si è ritirato assai verso levante, onde lo spazio tra la palla e'l pezzo, cioè il tiro, apparirà più lungo dell'altro quanto sarà stato il corso dell'artiglieria, cioè della Terra, ne' tempi che amendue le palle sono state per aria.

SALV. Io vorrei che noi trovassimo qualche modo di far una esperienza corrispondente al moto di questi proietti, come quella della nave al moto de i cadenti da alto a basso, e vo pensando la maniera.

SAGR. Credo che prova assai accomodata sarebbe il pigliare una carrozzetta scoperta, ed accomodare in essa un balestrone da bolzoni a meza elevazione, acciò il tiro riuscisse il massimo di tutti, e mentre i cavalli corressero, tirare una volta verso la parte dove si corre, e poi un'altra verso la contraria, facendo benissimo notare dove si trova la carrozza in quel momento di tempo che 'l bolzone si ficca in terra, sì nell'uno come nell'altro tiro; ché così potrà vedersi per appunto quanto l'uno riesce maggior dell'altro.

SIMP. Parmi che tale esperienza sia molto accomodata; e non ho dubbio che 'l tiro, cioè che lo spazio tra la freccia e dove si trova la carrozza nel momento che la freccia si ficca in terra, sarà minore assai quando si tira verso il corso della carrozza, che quando si tira per l'opposito. Sia, per esempio, il tiro in se stesso trecento braccia, e 'l corso della carrozza, nel tempo che il bolzone sta per aria, sia braccia cento: adunque, tirandosi verso il corso, delle trecento braccia del tiro la carrozzetta ne passa cento, onde nella percossa del bolzone in terra lo spazio tra esso e la carrozza sarà braccia dugento solamente; ma all'incontro nell'altro tiro, correndo la carrozza al contrario del bolzone, quando il bolzone arà passate le sue trecento braccia e la carrozza le sua cento altre in contrario, la distanza traposta si troverà esser di braccia quattrocento.

SALV. Sarebbec'egli modo alcuno per far che questi tiri riuscissero eguali?

SIMP. Io non saprei altro modo che col far star ferma la carrozza.

SALV. Questo si sa: ma io domando, facendo correr la carrozza a tutto corso.

SIMP. Chi non ingagliardisse l'arco nel tirar secondo il corso, e poi l'indebolisse per tirar contro al corso.

SALV. Ecco dunque che pur ci è qualch'altro rimedio. Ma quanto bisognerebbe ingagliardirlo di più, e quanto poi indebolirlo?

SIMP. Nell'esempio nostro, dove aviamo supposto che l'arco tirasse trecento braccia, bisognerebbe, per il tiro verso il corso, ingagliardirlo sì che tirasse braccia quattrocento e per l'altro indebolirlo tanto che non tirasse più di dugento, perché così l'uno e l'altro tiro riuscirebbe di braccia trecento in relazione alla carrozza, la quale col suo corso di cento braccia, che ella sottrarrebbe al tiro delle quattrocento e l'aggiugnerebbe a quel delle dugento, verrebbe a ridurgli amendue alle trecento.

SALV. Ma che effetto fa nella freccia la maggior o minor gagliardia dell'arco?

SIMP. L'arco gagliardo la caccia con maggior velocità, e 'l più debole con minore; e l'istessa freccia va tanto più lontana una volta che l'altra, con quanta maggior velocità ella esce della cocca l'una volta che l'altra.

SALV. Talché per far che la freccia tirata tanto per l'uno quanto per l'altro verso s'allontani egualmente dalla carrozza corrente, bisogna che se nel primo tiro dell'esempio proposto ella si parte, verbigrazia, con quattro gradi di velocità, nell'altro tiro ella si parta con due solamente. Ma se si adopra il medesimo arco, da esso ne riceve sempre tre gradi.

SIMP. Così è; e per questo, tirando con l'arco medesimo, nel corso della carrozza i tiri non posson riuscire eguali.

SALV. Mi ero scordato di domandar con che velocità si suppone, pur in questa esperienza particolare, che corra la carrozza.

SIMP. La velocità della carrozza bisogna supporla di un grado, in comparazione di quella dell'arco, che è tre.

SALV. Sì, sì, così torna il conto giusto. Ma ditemi: quando la carrozza corre, non si muovono ancora con la medesima velocità tutte le cose che son nella carrozza?

SIMP. Senza dubbio.

SALV. Adunque il bolzone ancora, e l'arco, e la corda su la quale è teso.

SIMP. Così è.

SALV. Adunque, nello scaricare il bolzone verso il corso della carrozza l'arco imprime i suoi tre gradi di velocità in un bolzone che ne ha già un grado, mercé della carrozza che verso quella parte con tanta velocità lo porta, talché nell'uscir della cocca e' si trova con quattro gradi di velocità; ed all'incontro, tirando per l'altro verso, il medesimo arco conferisce i suoi medesimi tre gradi in un bolzone che si muove in contrario con un grado, talché nel separarsi dalla corda non gli restano altro che dua soli gradi di velocità. Ma già voi stesso avete deposto che per fare i tiri eguali bisogna che il bolzone si parta una volta con quattro gradi e l'altra con due: adunque, senza mutar arco, l'istesso corso della carrozza è quello che aggiusta le partite, e l'esperienza è poi quella che le sigilla a coloro che non volessero o non potessero esser capaci della ragione. Ora applicate questo discorso all'artiglieria, e troverete che, muovasi la Terra o stia ferma, i tiri fatti dalla medesima forza hanno a riuscir sempre eguali, verso qualsivoglia parte indrizzati. L'errore di Aristotile, di Tolomeo, di Ticone, vostro, e di tutti gli altri, ha radice in quella fissa e inveterata impressione, che la Terra stia ferma, della quale non vi potete o sapete spogliare né anco quando volete filosofare di quel che seguirebbe, posto che la Terra si movesse; e così nell'altro argomento, non considerando che mentre che la pietra è su la torre, fa, circa il muoversi o non muoversi, quel che fa il globo terrestre perché avete fisso nella mente che la Terra stia ferma, discorrete intorno alla caduta del sasso sempre come se si partisse dalla quiete, dove che bisogna dire: Se la Terra sta ferma, il sasso si parte dalla quiete e scende perpendicolarmente; ma se la Terra si muove, la pietra altresì si muove con pari velocità, né si parte dalla quiete, ma dal moto eguale a quel della Terra, col quale mescola il sopravegnente in giù e ne compone un trasversale.


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