Giornata Quarta (segue dalla pagina precedente)

SALV. Farò forza quanto potrò alla mia dura espressiva, alla cui ottusità supplirà l'acutezza del vostro ingegno. Due sono gli accidenti de' quali doviamo investigar le cagioni: il primo riguarda le diversità che accascano ne' flussi e reflussi nel periodo mestruo; e l'altro appartiene al periodo annuo: prima parleremo del mestruo, poi tratteremo dell'annuo; e tutto convien che risolviamo secondo i fondamenti e ipotesi già stabilite, senza introdur novità alcuna, né in astronomia né nell'universo, in grazia de i flussi e reflussi ma dimostriamo che di tutti i diversi accidenti che in essi si scorgono, le cause riseggono nelle cose già conosciute, e ricevute per vere ed indubitate. Dico per tanto, cosa vera, naturale, anzi necessaria, essere che un medesimo mobile, fatto muovere in giro dalla medesima virtù movente, in più lungo tempo faccia suo corso per un cerchio maggiore che per un minore; e questa è verità ricevuta da tutti, e confermata da tutte l'esperienze, delle quali ne produrremo alcuna. Ne gli oriuoli da ruote, ed in particolare ne i grandi, per temperare il tempo accomodano i loro artefici certa asta volubile orizontalmente, e nelle sue estremità attaccano due pesi di piombo; e quando il tempo andasse troppo tardo, co 'l solo avvicinare alquanto i detti piombi al centro dell'asta, rendono le sue vibrazioni più frequenti; ed all'incontro, per ritardarlo, basta ritirare i medesimi pesi più verso l'estremità, perché così le vibrazioni si fanno più rade, ed in conseguenza gl'intervalli dell'ore si allungano. Qui la virtù movente è la medesima, cioè il contrappeso, i mobili sono i medesimi piombi e le vibrazioni loro son più frequenti quando sono più vicini al centro, cioè quando si muovono per minori cerchi. Sospendansi pesi equali da corde diseguali, e rimossi dal perpendicolo lascinsi in libertà; vedremo gli appesi a corde più brevi fare lor vibrazioni sotto più brevi tempi, come quelli che si muovono per cerchi minori. Ma più: attacchisi un tal peso a una corda la quale cavalchi un chiodo fermato nel palco, e voi tenete l'altro capo della corda in mano, ed avendo data l'andata al pendente peso, mentre ei va facendo sue vibrazioni, tirate il capo della corda che avete in mano, sì che il peso si vadia alzando; vedrete nel suo sollevarsi crescer la frequenza delle sue vibrazioni, come quelle che si vanno facendo continuamente per cerchi minori. E qui voglio che notiate due particolari, degni d'esser saputi. Uno è, che le vibrazioni di un tal pendolo si fanno con tal necessità sotto tali determinati tempi, che è del tutto impossibile il fargliele far sotto altri tempi, salvo che con allungargli o abbreviargli la corda; del che potete anco di presente con l'esperienza accertarvi, legando un sasso a uno spago e tenendo l'altro capo in mano, tentando se mai, per qualunque artifizio si usi, vi possa succedere di farlo andare in qua ed in là sotto altro che un determinato tempo, fuor che con allungare o scorciar lo spago, che assolutamente vedrete essere impossibile. L'altro particolare, veramente maraviglioso, è che il medesimo pendolo fa le sue vibrazioni con l'istessa frequenza, o pochissimo e quasi insensibilmente differente, sien elleno fatte per archi grandissimi o per piccolissimi dell'istessa circonferenza. Dico che se noi rimoveremo il pendolo dal perpendicolo uno, due o tre gradi solamente, o pure lo rimuoveremo 70, 80, ed anco sino a una quarta intera, lasciato in sua libertà farà nell'uno e nell'altro caso le sue vibrazioni con la medesima frequenza tanto le prime, dove ha da muoversi per un arco di 4 o 6 gradi, quanto le seconde, dove ha da passare archi di 160 o più gradi: il che più manifestamente si vedrà con sospender due pesi egùali da due fili egualmente lunghi, rimovendone poi dal perpendicolo uno per piccola distanza e l'altro per grandissima, li quali, posti in libertà, andranno e torneranno sotto gl'istessi tempi, quello per archi assai piccoli, e questo per grandissimi. Dal che ne séguita la conclusione d'un problema bellissimo: che è che, data una quarta di cerchio (ne segnerò qui in terra un poco di figura),

qual sarebbe questa AB, eretta all'orizonte sì che insista su 'l piano toccando nel punto B, e fatto un arco con una tavola ben pulita e liscia dalla parte concava, piegandola secondo la curvità della circonferenza A D B, sì che una palla ben rotonda e tersa vi possa liberamente scorrer dentro (la cassa di un vaglio è accomodata a tale esperienza), dico che posta la palla in qualsivoglia luogo, o vicino o lontano dall'infimo termine B, come sarebbe mettendola nel punto C o vero qui in D o in E, e lasciata in libertà, in tempi eguali o insensibilmente differenti arriverà al termine B, partendosi dal C o dal D o dall'E o da qualsivoglia altro luogo: accidente veramente maraviglioso. Aggiugnete un altro accidente, non men bello di questo: che è che anco per tutte le corde tirate dal punto B a i punti C, D, E ed a qualunque altro, non solamente preso nella quarta B A, ma in tutta la circonferenza del cerchio intero, il mobile stesso scenderà in tempi assolutamente eguali; talché in tanto tempo scenderà per tutto 'l diametro eretto a perpendicolo sopra il punto B, in quanto scenderà per la B C, quando bene ella suttendesse a un sol grado o a minore arco. Aggiugnete l'altra meraviglia, qual è che i moti de i cadenti fatti per gli archi della quarta A B si fanno in tempi più brevi che quelli che si fanno per le corde de i medesimi archi: talché il moto velocissimo e fatto nel tempo brevissimo da un mobile per arrivare dal punto A al termine B sarà quello che si farà non per la linea retta A B (ancor che sia la brevissima di tutte quelle che tirar si possono tra i punti A, B), ma per la circonferenza A D B, e preso anco qualsivoglia punto nel medesimo arco, qual sia, verbigrazia, il punto D, e tirate due corde A D, D B, il mobile, partendosi dal punto A, in manco tempo giugnerà al B venendo per le due corde A D, D B, che per la sola A B; ma brevissimo sopra tutti i tempi sarà quello della caduta per l'arco A D B: e gli stessi accidenti intendansi di tutti gli altri archi minori, presi dall'infimo termine B in su.

SAGR. Non più, non più, ché voi mi ingombrate sì di maraviglia, ed in tante bande mi distraete la mente, ch'io dubito che piccola parte sarà quella che mi resterà libera e sincera per applicarla alla materia principale che si tratta, e che pur troppo è per se stessa oscura e diffficile. Vi pregherò bene che vogliate favorirmi, spedita che aviamo la specolazione de i flussi e reflussi, di esser altri giorni ancora a onorar questa mia e vostra casa, ed a discorrere sopra tanti altri problemi che aviamo lasciati in pendente, e che forse non son men curiosi e belli di questo che si è trattato ne i passati giorni e che oggi dovrà terminarsi.

SALV. Sarò a servirvi, ma più di una e di due sessioni bisognerà che facciamo, se, oltre all'altre quistioni riserbate a trattarsi appartatamente, vorremo aggiugnerci le tante attenenti al moto locale, tanto de i mobili naturali quanto de i proietti, materia diffusamente trattata dal nostro Accademico Linceo. Ma tornando al nostro primo proposito, dove eravamo su il dichiarare come de i mobili circolarmente da virtù motrice, che continuamente si conservi la medesima, i tempi delle circolazioni erano prefissi e determinati, ed impossibili a farsi più lunghi o più brevi avendone dati esempi e portate esperienze sensate e fattibili da noi, possiamo la medesima verità confermare con le esperienze de i movimenti celesti de i pianeti, ne i quali si vede mantener l'istessa regola: che quelli che si muovono per cerchi maggiori, più tempo consumano in passargli. Speditissima osservazione di questo abbiamo da i pianeti Medicei, che in tempi brevi fanno lor revoluzioni intorno a Giove. Talché non è da metter dubbio, anzi possiamo tener per fermo e sicuro, che quando, per esempio, la Luna, seguitando di esser mossa dalla medesima facoltà movente, fusse ritirata a poco a poco in cerchi minori ella acquisterebbe disposizione di abbreviare i tempi de i suoi periodi, conforme a quel pendolo del quale, nel corso delle sue vibrazioni, andavamo abbreviando la corda, cioè scorciando il semidiametro delle circonferenze da lui passate. Sappiate ora che questo, che della Luna ho portato per esempio, avviene e si verifica essenzialmente in fatto. Rammemoriamoci che già fu concluso da noi, insieme co 'l Copernico, non esser possibile separar la Luna dalla Terra, intorno alla quale, senza controversia, si muove in un mese: ricordiamoci parimente che il globo terrestre, accompagnato pur sempre dalla Luna, va per la circonferenza dell'orbe magno intorno al Sole in un anno, nel qual tempo la Luna si rivolge intorno alla Terra quasi 13 volte; dal qual rivolgimento séguita che essa Luna talor si trovi vicina al Sole, cioè quando è tra 'l Sole e la Terra, e talora assai più lontana, che è quando la Terra riman tra la Luna e il Sole: vicina, in somma, nel tempo della sua congiunzione e novilunio; lontana, nel plenilunio ed opposizione, e la massima lontananza e la massima vicinità differiscono per quanto è grande il diametro dell'orbe lunare. Ora, se è vero che la virtù che muove la Terra e la Luna intorno al Sole si mantenga sempre del medesimo vigore; e se è vero che il medesimo mobile, mosso dalla medesima virtù, ma in cerchi diseguali, in tempi più brevi passi archi simili de i cerchi minori; bisogna necessariamente dire che la Luna quando è in minor distanza dal Sole, cioè nel tempo della congiunzione, archi maggiori passi dell'orbe magno, che quando è in maggior lontananza, cioè nell'opposizione e plenilunio: e questa lunare inegualità convien che sia participata dalla Terra ancora. Imperocché, se noi intenderemo una linea retta prodotta dal centro del Sole per il centro del globo terrestre, e prolungata sino all'orbe lunare, questa sarà il semidiametro dell'orbe magno, nel quale la Terra, quando fusse sola, si moverebbe uniformemente; ma se nel medesimo semidiametro collocheremo un altro corpo da esser portato, ponendolo una volta tra la Terra e il Sole, ed un'altra volta oltre alla Terra in maggior lontananza dal Sole, è forza che in questo secondo caso il moto comune di amendue secondo la circonferenza dell'orbe magno, mediante la lontananza della Luna, riesca alquanto più tardo che nell'altro caso, quando la Luna è tra la Terra e 'l Sole, cioè in minor distanza: talché in questo fatto accade giusto quel che avviene nel tempo dell'oriuolo rappresentandoci la Luna quel piombo che s'attacca or più lontano dal centro, per far le vibrazioni dell'asta men frequenti, ed ora più vicino, per farle più spesse. Di qui può esser manifesto, come il movimento annuo della Terra nell'orbe magno e sotto l'eclittica non è uniforme, e come la sua difformità deriva dalla Luna ed ha suoi periodi e restituzioni mestrue. E perché si era concluso, le alterazioni periodiche, mestrue ed annue, de i flussi e reflussi non poter derivare da altra cagione che dall'alterata proporzione tra il moto annuo e gli additamenti e suttrazioni della vertigine diurna; e tale alterazione poteva farsi in due modi, cioè con l'alterare il moto annuo, ritenendo ferma la quantità de gli additamenti, o co 'l mutar la grandeza di questi, mantenendo l'uniformità del moto annuo; già abbiamo ritrovato il primo di questi due modi fondato sopra la difformità del moto annuo, dependente dalla Luna e che ha i suoi periodi mestrui: è dunque necessario che per tal cagione i flussi e reflussi abbiano un periodo mestruo, dentro al quale si facciano maggiori e minori. Ora vedete come la causa del periodo mestruo risiede nel moto annuo, ed insieme vedete ciò che ha che far la Luna in questo negozio, e come ella ci entra a parte senza aver che fare niente né con mari né con acque.

SAGR. Se a uno che non avesse cognizione di veruna sorte di scale fusse mostrata una torre altissima, e domandatogli se gli desse l'animo d'arrivare alla sua suprema altezza credo assolutamente che direbbe di no, non comprendendo che in altro modo che co 'l volare vi si potesse pervenire ma mostrandosegli una pietra non più alta di mezo braccio ed interrogandolo se sopra quella credessi di poter montare, son certo che risponderebbe di sì, ed anco non negherebbe che non una sola, ma 10, 20 e 100 volte, agevolmente salir vi potrebbe: per lo che, quando se gli mostrassero le scale co 'l mezo delle quali, con l'agevolezza da lui conceduta, si poteva pervenire colà dove poco fa aveva affermato esser impossibile di arrivare, credo che, ridendo di se stesso, confesserebbe il suo poco avvedimento. Voi, signor Salviati, mi avete di grado in grado tanto soavemente guidato, che non senza meraviglia mi trovo giunto con minima fatica a quell'altezza dove io credeva non potersi arrivare; è ben vero che, per esser stata la scala buia, non mi sono accorto d'essermi avvicinato né pervenuto alla cima se non dopo che, uscendo all'aria luminosa, ho scoperto gran mare e gran campagna: e come nel salire un grado non è fatica veruna, così ad una ad una delle vostre proposizioni mi son parse tanto chiare, che, sopraggiugnendomi poco o nulla di nuovo, piccolo o nulla mi sembrava essere il guadagno; onde tanto maggiormente si accresce in me la maraviglia per l'inopinata riuscita di questo discorso, che mi ha scorto all'intelligenza di cosa ch'io stimava inesplicabile. Una difficultà mi rimane solamente, dalla quale desidero di esser liberato; e questa è, che se 'l movimento della Terra insieme con quel della Luna sotto 'l zodiaco sono irregolari, dovrebbe tale irregolarità essere stata osservata e notata da gli astronomi, il che non so che sia seguito; però voi, che più di me sete di queste materie informato, liberatemi dal dubbio, e ditemi come sta il fatto.

SALV. Molto ragionevolmente dubitate: ed io all'instanza rispondendo, dico che benché l'astronomia nel corso di molti secoli abbia fatto gran progressi, nell'investigar la constituzione e i movimenti de i corpi celesti, non però è ella sin qui arrivata a segno tale, che moltissime cose non restino indecise, e forse ancora molt'altre occulte. È da credere che i primi osservatori del cielo non conoscessero altro che un moto comune a tutte le stelle, quale è questo diurno: crederò bene che in pochi giorni si accorgessero che la Luna era incostante nel tener compagnia all'altre stelle, ma che scorressero ben poi molti anni prima che si distinguessero tutti i pianeti; ed in particolare penso che Saturno, per la sua tardità, e Mercurio, per il vedersi di rado, fussero de gli ultimi ad esser conosciuti per vagabondi ed erranti. Molti più anni è da credere che passassero avanti che fussero osservate le stazioni e retrogradazioni de i tre superiori, come anco gli accostamenti e discostamenti dalla Terra, occasioni necessarie dell'introdur gli eccentrici e gli epicicli, cose incognite sino ad Aristotile, già che ei non ne fa menzione. Mercurio e Venere con le loro ammirande apparizioni quanto hanno tenuto sospesi gli astronomi nel risolversi, non che altro, circa il sito loro? Talché qual sia l'ordine solamente de i corpi mondani e la integrale struttura delle parti dell'universo da noi conosciute, è stata dubbia sino al tempo del Copernico, il quale ci ha finalmente additata la vera costituzione ed il vero sistema secondo il quale esse parti sono ordinate; sì che noi siamo certi che Mercurio, Venere e gli altri pianeti si volgono intorno al Sole, e che la Luna si volge intorno alla Terra. Ma come poi ciascun pianeta si governi nel suo rivolgimento particolare e come stia precisamente la struttura dell'orbe suo, che è quella che vulgarmente si chiama la sua teorica, non possiamo noi per ancora indubitatamente risolvere: testimonio ce ne sia Marte, che tanto travaglia i moderni astronomi; ed alla Luna stessa sono state assegnate variate teoriche, dopo l'averla il medesimo Copernico mutata assai da quella di Tolomeo. E per descender più al nostro particolare, cioè al moto apparente del Sole e della Luna, di quello è stato osservato certa grande inegualità, per la quale in tempi assai differenti e' passa li due mezi cerchi dell'eclittica, divisi da i punti de gli equinozii; nel passar l'uno de i quali egli consuma circa a nove giorni di più che nel passar l'altro, differenza, come vedete, molto grande e notabile. Ma se nel passare archi piccoli, quali sarebbono, per esempio, i 12 segni, e' mantenga un moto regolarissimo, o pure proceda con passi or più veloci alquanto ed or più lenti, come è necessario che segua quando il movimento annuo sia solo in apparenza del Sole, ma in realtà della Terra accompagnata dalla Luna, ciò non è stato sin qui osservato, né forse ricercato. Della Luna poi, le cui restituzioni sono state investigate principalmente in grazia de gli eclissi, per i quali basta aver esatta cognizione del moto suo intorno alla Terra non si è parimente con intera curiosità ricercato qual sia il suo progresso per gli archi particolari del zodiaco. Che dunque la Terra e la Luna nello scorrer per il zodiaco, cioè per la circonferenza dell'orbe magno, si accelerino alquanto ne' novilunii e si ritardino ne' plenilunii, non deve mettersi in dubbio perché tal inegualità non si sia manifestata: il che per due ragioni è accaduto; prima, perché non è stata ricercata; secondariamente poi, perché ella può essere non molto grande. Né molto grande fa di bisogno che ella sia per produr l'effetto che si vede nell'alterazione delle grandezze de i flussi e reflussi, perché non solamente tali alterazioni, ma gli stessi flussi e reflussi, son piccola cosa rispetto alla grandezza de' suggetti in cui si esercitano, ancor che rispetto a noi ed alla nostra piccolezza sembrino cose grandi. Imperocché l'aggiugnere o scemare un grado di velocità dove ne sono naturalmente 700 o 1000, non si può chiamar grande alterazione né in chi lo conferisce né in chi lo riceve: l'acqua del mar nostro, portata dalla vertigine diurna, fa circa 700 miglia per ora (che è il moto comune alla Terra ed ad essa, e però impercettibile a noi); quello che nelle correnti ci si fa sensibile, non è di un miglio per ora (parlo nel mare aperto, e non ne gli stretti), e questo è quello che altera il movimento primo, naturale e magno: e tale alterazione è assai rispetto a noi ed a i navilii, perché a un vassello che dalla forza de i remi ha di fare nell'acqua stagnante, verbigrazia, 3 miglia per ora, in quella tal corrente dall'averla in favore all'averla contro importerà il doppio del vìaggio; differenza notabilissima nel moto della barca, ma piccolissima nel movimento del mare, che viene alterato per la sua settecentesima parte. L'istesso dico dell'alzarsi ed abbassarsi uno due o tre piedi, ed a pena quattro o cinque nell'estremità del seno lungo due mila o più miglia e dove sono profondità di centinaia di piedi: questa alterazione è assai meno, che se, in una delle barche che conducon l'acqua dolce, essa acqua, nell'arrestarsi la barca, s'alzasse alla prua quant'è la grossezza d'un foglio. Concludo per tanto, piccolissime alterazioni rispetto all'immensa grandezza e somma velocità de i mari esser bastanti per fare in essi mutazioni grandi in relazione alla piccolezza nostra e di nostri accidenti.

SAGR. Rimango pienamente sodisfatto quanto a questa parte; resta da dichiararci come quelli additamenti e suttrazioni derivanti dalla vertigine diurna si facciano or maggiori ed or minori; dalla quale alterazione ci accennaste che dependeva il periodo annuo de gli accrescimenti e diminuzioni de' flussi e reflussi.

SALV. Farò ogni possibile sforzo per lasciarmi intendere; ma la difficoltà dell'accidente stesso, e la grand'astrazion di mente che ci vuol per capirlo, mi sgomentano. La disegualità de gli additamenti e suttrazioni che la vertigine diurna fa sopra 'l moto annuo, depende dall'inclinazion dell'asse del moto diurno sopra 'l piano dell'orbe magno o vogliamo dire dell'eclittica, mediante la quale inclinazione l'equinoziale sega essa eclittica, restando sopra di lei inclinato ed obbliquo secondo la medesima inclinazion dell'asse: e la quantità de gli additamenti viene a importar quanto è tutto il diametro di esso equinoziale, stante il centro della Terra ne i punti solstiziali; ma fuor di quelli importa mano e manco, secondo che esso centro si va avvicinando a i punti degli equinozii, dove tali additamenti son minori che in tutti gli altri luoghi. Questo è il tutto, ma involto in quella oscurità, che voi vedete.

SAGR. Anzi pure in quella ch'io non veggo, perché sin ora non comprendo nulla.

SALV. Già l'ho io predetto: tuttavia proveremo se co 'l disegnarne un poco di figura si potesse guadagnar qualche lume, se bene meglio sarebbe il rappresentarla con corpi solidi che con semplici disegni; pure ci aiuteremo con la prospettiva e con gli scorci. Segnamo dunque, come di sopra, la circonferenza dell'orbe magno, nella quale intendasi il punto A essere uno de i solstiziali, ed il diametro A P la comun sezione del coluro de' solstizi e del piano dell'orbe magno o vogliam dire dell'eclittica, ed in esso punto A esser locato il centro del globo terrestre, l'asse del quale C A B, inclinato sopra il piano dell'orbe magno, cade nel piano del detto coluro, che passa per amendue gli assi dell'equinoziale e dell'eclittica; e per minor confusione segneremo il solo cerchio equinoziale, notandolo con questi caratteri DGEF, del quale la comun sezione col piano dell'orbe magno sia la linea D E, sì che la metà di esso equinoziale D F E rimarrà inclinata sotto il piano dell'orbe magno, e l'altra metà D G E elevata sopra.

Intendasi ora, la revoluzione di esso equinoziale farsi secondo la conseguenza de i punti D, G, E, F, ed il moto del centro da A verso E: e perché, stante il centro della Terra in A, l'asse C B (che è eretto al diametro dell'equinoziale D E) cade, come si è detto, nel coluro de' solstizii, la comun sezione del quale e dell'orbe magno è il diametro P A, sarà essa linea P A perpendicolare alla medesima D E, per esser il coluro eretto all'orbe magno, e però essa D E sarà la tangente dell'orbe magno nel punto A, talché in questo stato il moto del centro per l'arco A E, che è di un grado per giorno, pochissimo differisce, anzi è come se fusse fatto per la tangente D A E. E perché per la vertigine diurna il punto D portato per G in E accresce al moto del centro, mosso quasi per la medesima linea D E, tanto quanto è tutto il diametro D E, ed all'incontro altrettanto diminuisce movendosi per l'altro mezo cerchio E F D, saranno gli additamenti e suttrazioni in questo luogo, cioè nel tempo del solstizio, misurati da tutto il diametro D E.

Passiamo ora a vedere se ne i tempi de gli equinozii e' siano della medesima grandezza, e trasportando il centro della Terra nel punto I, lontano per una quarta dal punto A, intendiamo il medesimo equinoziale G E F D, la sua comun sezione con l'orbe magno D E, l'asse con la medesima inclinazione C B; ma la tangente dell'orbe magno nel punto I non sarà più la D E, ma un'altra che la segherà ad angoli retti, e sia questa notata H I L, secondo la quale verrà ad essere incamminato il moto del centro I, procedente per la circonferenza dell'orbe magno. Ora in questo stato gli additamenti e suttrazioni non si misurano più nel diametro D E, come prima si fece, perché, non si distendendo tal diametro secondo la linea del moto annuo H L, anzi segandola ad angoli retti, niente promuovono o detraggono essi termini D, E; ma gli additamenti e suttrazioni s'hanno a prendere da quel diametro che cade nel piano eretto al piano dell'orbe magno e che lo sega secondo la linea H L, il qual diametro sarà adesso questo G F: ed il moto addiettivo, per così dire, sarà il fatto dal punto G per il mezzo cerchio G E F, e l'ablativo sarà il restante, fatto per l'altro mezo cerchio F D G. Ora questo diametro, per non esser nella medesima linea H L del moto annuo, anzi perché la sega, come si vede, nel punto I, restando il termine G elevato sopra ed F depresso sotto il piano dell'orbe magno, non determina gli additamenti e suttrazioni secondo tutta la sua lunghezza; ma devesi la quantità di quelli prendere dalla parte della linea H L che rimane intercetta tra le perpendicolari tirate sopra di lei da i termini G, F, quali sono queste due G S, F V: sì che la misura de gli additamenti è la linea S V, minore della G F o vero della D E, che fu la misura de gli additamenti nel solstizio A. Secondo poi che si costituirà il centro della Terra in altri punti del quadrante A I, tirando le tangenti in essi punti e le perpendicolari sopra esse cadenti da i termini de i diametri dell'equinoziale segnati da i piani eretti per esse tangenti al piano dell'orbe magno, le parti di esse tangenti (che saranno sempre minori verso gli equinozii e maggiori verso i solstizii) ci daranno le quantità de gli additamenti e suttrazioni. Quanto poi differischino i minimi additamenti da i massimi, è facile a sapersi, perché tra essi è la differenza medesima che tra tutto l'asse o diametro della sfera e la parte di esso che resta tra i cerchi polari, la quale è minor di tutto 'l diametro la duodecima parte prossimamente, intendendo però de gli additamenti e suttrazioni fatte nell'equinoziale; ma negli altri paralleli son minori, secondo che i lor diametri si vanno diminuendo.

Questo è quanto io posso dirvi in questa materia e quanto per avventura può comprendersi sotto una nostra cognizione, la quale, come ben sapete, non si può aver se non di quelle conclusioni che son ferme e costanti, quali sono i tre periodi in genere de' flussi e reflussi, come quelli che dependono da cause invariabili, une ed eterne. Ma perché con queste cagion primarie ed universali si mescolano poi le secondarie e particolari, potenti a far molte alterazioni, e sono, queste secondarie, parte inosservabili ed incostanti, qual è, per esempio, l'alterazion de i venti, e parte, benché determinate e ferme, non però osservate per la loro multiplicità come sono le lunghezze de i seni, le loro diverse inclinazioni verso questa o quella parte, le tante e tanto diverse profondità dell'acque; chi potrà, se non forse doppo lunghissime osservazioni e ben sicure relazioni, formarne istorie così spedite, che possano servir come ipotesi e supposizioni sicure a chi volesse con le lor combinazioni render ragioni adequate di tutte le apparenze, e dirò anomalie e particolari diflormità, che ne i movimenti dell'acque possono scorgersi? Io mi contenterò d'avere avvertito come le cause accidentarie sono in natura, e son potenti a produr molte alterazioni: le minute osservazioni le lascerò fare a quelli che praticano diversi mari; e solo, per chiusa di questo nostro discorso, metterò in considerazione come i tempi precisi de i flussi e reflussi non solamente vengono alterati dalle lunghezze de i seni e dalle profondità varie, ma notabile alterazione ancora penso io che possa provenire dalla conferenza di diversi tratti di mari, differenti in grandezza ed in positura o vogliam dire inclinazione: qual diversità cade appunto qui nel golfo Adriatico, minore assai del resto del Mediterraneo, e posto in tanta diversa inclinazione, che dove quello ha il suo termine che lo serra dalla parte orientale, che sono le rive della Soria, questo è racchiuso dalla parte più occidentale; e perché nelle estremità sono assai maggiori i flussi e reflussi, anzi quivi solamente sono grandissimi gli alzamenti ed abbassamenti, molto verisimilmente può accadere che i tempi de i flussi in Venezia si facciano ne i reflussi dell'altro mare, il quale, come molto maggiore e più direttamente disteso da occidente in oriente, viene in certo modo ad aver dominio sopra l'Adriatico; e però non sarebbe da maravigliarsi quando gli eflfetti dependenti dalle cagioni primarie non si verificassero ne i tempi debiti, e rispondenti a i periodi, nell'Adriatico ma sì bene nel resto del Mediterraneo. Ma queste particolarità ricercano lunghe osservazioni, le quali né io ho sin qui fatte, né meno son per poterle fare per l'avvenire.


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