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Notiziario n. 19 - Inverno 2000


Marte, stiamo arrivando!

di Marco Murara (Associazione Astrofili Trentini)


Sembra che il progetto NASA di esplorazione del pianeta rosso debba incassare un altro duro colpo. Dopo la perdita del Mars Climate Orbiter, infatti, pare che anche il Mars Polar Lander abbia terminato la sua missione prima ancora di cominciarla. La sonda dovrebbe essere arrivata su Marte lo scorso 3 dicembre, ma da allora non ha più dato alcun segno di vita.

Così sarebbe dovuto apparire il MPL su MarteCiò non contribuirà certo a rilanciare il progetto spaziale americano, il cui bilancio è ormai ridotto ai minimi storici: due completi fallimenti nel giro di pochi mesi faranno dimenticare anche il grande successo ottenuto con la sonda Mars Pathfinder due anni e mezzo fa. E purtroppo vi è da temere che gli ambiziosi obiettivi prefissati per i prossimi anni vengano drasticamente ridimensionati.

Quella che doveva essere la missione di rilancio del programma di esplorazione spaziale della NASA si è rivelata essere, invece, una clamorosa batosta: le sonde Mars Polar Lander (MPL) e Deep Space Two (DS2) sono andate perdute per ragioni che forse non saranno mai completamente chiarite e comprese.

Il MPL e le DS2 dovevano atterrare sulla superficie del pianeta rosso alle ore 20.00 UT di venerdì 3 dicembre. Come previsto, il contatto con le sonde è stato interrotto alcuni minuti prima che entrassero nell'atmosfera marziana, ma dopo di allora non è stato più ripristinato. Se tutto fosse andato per il meglio, il primo collegamento con il MPL avrebbe dovuto avvenire già una quarantina di minuti dopo l'atterraggio, alle 20.39 UT per la precisione: ma così non è stato.

Altri tentativi, ormai sempre più disperati, sono stati effettuati nei giorni successivi, finché verso le 08.20 UT di martedì 7 dicembre i tecnici del JPL "hanno giocato la loro ultima carta", per dirla con le parole del responsabile del progetto, Richard Cook. Neppure questa volta, però, è stato captato qualche segnale dalla sfortunata sonda. Per quanto riguarda le due sonde DS2, denominate Amundsen e Scott, esse dovevano cominciare a comunicare dati già nella serata di venerdì: anche da parte loro, tuttavia, solo il silenzio.

Nonostante ciò, nel corso delle prossime settimane i tecnici della NASA e del JPL continueranno a tentare di ripristinare il contatto con le sonde, almeno per scoprire cosa veramente sia accaduto, ma purtroppo le speranze che questi sforzi riescano a ottenere un sia pure minimo risultato sono davvero poche.


L'indagine sul fallimento della missione

Due commissioni d'inchiesta indipendenti, istituite rispettivamente dalla NASA e dal JPL, avranno il non facile compito di determinare le cause del fallimento della missione Mars Polar Lander.

Il loro lavoro sarà ostacolato dalla mancanza assoluta di dati relativi al momento cruciale della missione: quando la sonda è entrata nell'atmosfera marziana e ha cominciato la sua discesa sulla superficie, infatti, ogni contatto con la Terra è stato interrotto al fine di proteggere l'antenna e il sistema di comunicazione. Dopo questo momento, dalla sonda non si è avuta più alcuna notizia.

Poiché oltre al MPL sono andate perdute anche le DS2, il fallimento di tutte e tre le sonde è probabilmente dovuto a cause comuni. Una possibilità è che le sonde non siano riuscite a separarsi prima di entrare nell'atmosfera marziana, come invece era stato previsto. La separazione avrebbe dovuto avvenire in seguito allo scoppio di sei cariche esplosive: i tecnici della missione, comunque, sostengono che da questo punto di vista non avrebbero dovuto esserci problemi, visto che le cariche esplosive sono in genere molto affidabili e che sono state usate con successo anche sul Mars Pathfinder. Si stanno poi prendendo in considerazione cause di fallimento autonome per ciascuna sonda.

Le indagini sull'insuccesso della missione dureranno senza dubbio parecchi mesi e ci si aspetta che, a differenza di quelle condotte sulla perdita del Mars Climate Orbiter, portino non solo a considerare le ragioni tecniche del fallimento, ma anche ad affrontare i problemi sul piano amministrativo e gestionale.


Il futuro delle missioni su Marte

Tutte le missioni che la NASA sta progettando per l'esplorazione del pianeta rosso dovranno necessariamente essere riconsiderate. La perdita di ben quattro sonde nel giro di pochi mesi ha determinato il completo insuccesso della missione Mars Surveyor 1998, che comprendeva appunto il Mars Climate Orbiter, il Mars Polar Lander e le due Deep Space Two. E ciò non può certo non provocare qualche conseguenza.

Nella conferenza stampa di martedì 7 dicembre, l'amministratore della NASA Dan Goldin ha addirittura avanzato l'ipotesi che in occasione della prossima finestra di lancio del 2001 nessuna sonda potrebbe partire per Marte. Secondo gli attuali progetti, infatti, nel 2001 dovrebbero essere lanciate altre due sonde: il Mars Surveyor 2001 Orbiter, con a bordo strumenti capaci di analizzare la composizione mineralogica di Marte, e il Mars Surveyor 2001 Lander, destinato ad atterrare nei pressi dell'equatore marziano e a deporre sul suolo un piccolo rover, denominato Marie Curie.

Nel 2003 la NASA dovrebbe inviare su Marte un lander di dimensioni notevolmente maggiori di quelle finora conosciute. Tale sonda porterebbe sul pianeta rosso un altro rover capace di raccogliere campioni di roccia marziana che poi verrebbero portati sulla Terra con dei piccoli razzi. Sempre nel 2003 sono previste altre due missioni: quella giapponese denominata Nozomi e quella europea del Mars Express. Quest'ultima comprende un modulo in orbita e un rover, il Beagle 2, di costruzione inglese. Altre missioni, sia americane che europee, sono previste per gli anni successivi.

Questi ambiziosi progetti sono stati messi in dubbio dal fallimento del Mars Polar Lander. Certamente dovranno essere adottati dei cambiamenti sia a livello di progettazione, sia a livello di amministrazione delle missioni. Sembra che i vertici della NASA siano intenzionati a riconsiderare il rapporto di collaborazione che l'ente spaziale americano ha con la Lockheed Martin, che attualmente riveste un ruolo fondamentale nella costruzione delle sonde. E pare inoltre che la NASA voglia togliere al Jet Propulsion Laboratory il posto di primo piano nella gestione delle missioni di esplorazione planetaria.

Benché durante la conferenza stampa Dan Goldin lo abbia escluso, alcuni sono dell'opinione che il fallimento delle ultime missioni su Marte sia dovuto in buona parte alla riduzione dei finanziamenti da parte del governo statunitense. Con poco denaro a disposizione, la NASA è costretta a tagliare i costi di costruzione e di gestione delle sonde: è facile quindi pensare che ciò provochi una minore accuratezza nella preparazione delle missioni spaziali.

La nuova filosofia della NASA, "better, faster, cheaper" (ovvero "meglio, più velocemente e a minor costo"), non sembra dunque dare i frutti sperati. Con una punta di sarcasmo, Keith Cowing, autore di un editoriale comparso sul sito web della NASA, ha scritto: "Cheaper? Yes. Better? No. Faster? No."

E non è neppure il caso di parlare di futuri viaggi dell'uomo su Marte. Sull'onda dell'entusiasmo provocato dal successo del Mars Pathfinder, i più ottimisti erano giunti a pensare che il primo essere umano avrebbe posto piede sulla superficie del pianeta rosso già prima del 2015. Ora, dopo il fallimento del Mars Polar Lander, che segue di pochi mesi quello del Mars Climate Orbiter, sono davvero pochi coloro i quali nutrono serie speranze al riguardo. La Mars Society sta raccogliendo firme per sollecitare il prossimo presidente degli Stati Uniti a interessarsi alla cosa e a promuovere una missione umana su Marte: buona fortuna!


Marco Murara, nato ventitré anni fa, ha conseguito la maturità classica nel 1995 e la laurea in giurisprudenza nel 1999. Suo interesse particolare è la storia dell'astronomia, cui si dedica attivamente da alcuni anni.


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