L'orbita di Plutone

Grafico #1

Da una veduta dell'eclittica dall'alto, appare chiaro che l'orbita di Plutone è più eccentrica di quella degli altri pianeti. L'orbita di Plutone sembra intersecare quella di Nettuno, e per un periodo di circa 20 anni Plutone è leggermente più vicino al Sole di quanto sia Nettuno. Il grafico successivo mostra che l'intersezione delle orbite è solo apparente.

Grafico #2

Qui vediamo la componente z della posizione di ciascun pianeta, disegnata in base alla distanza dal Sole. La maggior parte dei pianeti fanno soltanto piccoli spostamenti nelle direzioni verticale e radiale, mentre Plutone crea una grande figura a forma di goccia. Questa proiezione verticale mostra che Plutone è ben lontano dall'intersecare l'orbita di Nettuno.

Grafico #3

Plutone e Nettuno sono in risonanza 3:2, la quale impedisce una loro collisione o comunque ogni avvicinamento, anche se non si considera la loro separazione verticale. Questa figura mostra le orbite dei queattro pianeti giganti e di quella di Plutone, che ruota in maniera sincrona con il moto di Nettuno. La distanza minima che può separare Plutone e Nettuno è pari a 17 UA, mentre quella che può separare Plutone e Urano è addirittura inferiore, 11 UA. La librazione dell'orbita di Plutone è dovuta allo scambio di momento angolare con Nettuno. Quando Plutone si sta avvicinando a Nettuno, esso guadagna momento angolare a spese del pianeta gigante. Plutone si muove in un'orbita più alta, ma si trova dietro Nettuno perché le orbite più alte hanno velocità tangenziali inferiori. Qualche centinaio di anni dopo, quando Nettuno sembra pronto a superare Plutone, le posizioni si invertono: Plutone perde momento angolare, finendo su un'orbita eliocentrica più bassa ma più veloce.


In origine questa pagina è apparsa in http://eggfoo.arc.nasa.gov/HTML/PLUTO/PlutoSym/Dobro/Dobro.html ma questo link non sembra più funzionare. Spero che all'autore non dispiaccia che io l'abbia riprodotta qui.
Bill Arnett; ultimo aggiornamento: 8 gennaio 1998
Versione italiana a cura di Marco Murara e Michele Bortolotti