Associazione Astrofili Trentini
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Universo senza fine


Lo sforzo di capire l'universo è tra le pochissime cose che innalzano la vita umana al di sopra del livello di una farsa, conferendole un po' della dignità di una tragedia.

Steven Weinberg, premio Nobel


Pochi giorni fa alcune notizie riguardanti nuove ricerche in campo cosmologico (la cosmologia è la scienza che studia l'origine e l'evoluzione dell'universo) hanno gettato nell'incredulità più assoluta l'intera comunità mondiale degli astronomi, che sembra ora costretta a rivedere dalle fondamenta uno dei principi che sembravano più solidi nella scienza moderna del cosmo: l'espansione dell'universo.

Per capire di cosa stiamo parlando facciamo un passo indietro; un passo molto lungo, visto che dobbiamo retrocedere nel tempo di 15 miliardi di anni. In quella remotissima epoca l'universo era decisamente diverso da oggi: non esistevano né galassie, né stelle o pianeti. Tutta la materia era condensata in un volume piccolissimo (definito singolarità dagli scienziati) che aveva temperatura e densità straordinarie. Per un motivo che la mente umana non riesce ancora a comprendere tale singolarità esplose, creando, con la sua stessa espansione, lo spazio ed il tempo, generando così il cosmo. Nel corso degli anni, faremo meglio a dire dei miliardi d'anni, da quella esplosione nacquero le galassie, al loro interno le stelle ed i pianeti, finché l'universo assunse la forma e le dimensioni che oggi conosciamo. L'espansione iniziale continua ancora, ma naturalmente la sua forza si è molto attenuata e la sua velocità continua a diminuire. Nel caso dell'universo il rallentamento dell'espansione è dovuto al fatto che la materia in esso presente (galassie, stelle...) agisce come una sorta di colla (la forza di gravità) il cui effetto è quello di tenere insieme, vicina, tutta la materia, piuttosto che farla espandere. Le nostre conoscenze sui parametri che regolano l'espansione del cosmo si stanno affinando sempre più, anche se rimangono dei punti oscuri: non possiamo affermare con precisione l'età dell'universo, compresa nell'intervallo di incertezza fra i 13 e i 18 miliardi di anni, ne quanta materia c'è in esso, considerato che con i nostri telescopi ne vediamo solo una piccola parte.

Sembrava certo comunque che l'espansione stesse rallentando, per fermarsi definitivamente tra qualche miliardo di anni e poi tornare indietro, come una esplosione al contrario, facendo precipitare tutto il cosmo in un'altra singolarità dalla quale, forse, sarebbe nato un nuovo universo.

Queste convinzioni sono state profondamente scosse dai risultati di tre studi indipendenti, prodotti dall'Università di Princeton, dal gruppo australiano Supernovae Search Team e quello americano Supernova Cosmology Project (Astrophysical Journal 1999).

Osservando ed analizzando alcune supernovae molto lontane (stelle che esplodono diventando luminosissime) e dei particolari tipi di galassie, i tre gruppi di ricerca sono giunti alla stessa sorprendente conclusione: non solo l'espansione del cosmo non sta rallentando, ma addirittura accelera! Dove trova l'Universo l'energia per alimentare la sua corsa, visto che essa è cominciata qualcosa come 15 miliardi di anni fa? La risposta potrebbe venire da un nuovo tipo di energia, che scaturisce dal vuoto, non si sa come, quando e perché; fenomeno già previsto dai fisici teorici. Che cosa significa questo? In parole povere, che l'Universo sembrerebbe destinato ad espandersi per sempre, divenendo, fra molte centinaia di miliardi di anni, un luogo straordinariamente sconfinato, assolutamente e definitivamente morto, mare di fotoni e neutrini, senza materia: uno scenario desolato come nessun altro.

È comunque ancora presto per rivedere le teorie di 50 anni: servono molti dati osservativi in più, che verranno forniti soprattutto dai telescopi di nuova generazione che stanno sorgendo in questo periodo.

La morte dell'universo sembra una prospettiva molto lontana per noi: milioni di generazioni di uomini vivranno ancora su questa Terra, e viaggeranno fra le stelle. Ma sapere che forse, un giorno, nella nostra casa cosmica sarà definitivamente cessata ogni forma di vita, concede almeno un piccolo, triste pensiero.


Christian Lavarian (lavarian@science.unitn.it)
luglio 1999


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