Giornata Prima (segue dalla pagina precedente)

SAGR. Signor Salviati, perdonatemi se io interrompo il vostro ragionamento, il quale, sì come mi diletta assai, perché io ancora mi trovo involto nelle medesime difficultà così dubito che sia impossibile il poterne venire a capo senza deporre in tutto e per tutto la nostra principal materia; però, quando si potesse tirare avanti il primo discorso, giudicherei che fusse bene rimettere ad un altro separato ed intero ragionamento questa quistione della generazione e corruzione, sì come anco, quando ciò piaccia a voi ed al signor Simplicio, si potrà fare di altre quistioni particolari che il corso de' ragionamenti ci porgesse avanti, delle quali io terrò memoria a parte, per proporle un altro giorno e minutamente esaminarle. Or, quanto alla presente, già che voi dite che, negato ad Aristotile che il moto circolare non sia della Terra, come degli altri corpi celesti, ne seguirà che quello che accade della Terra, circa l'esser generabile, alterabile, etc., sia ancora del cielo, lasciamo star se la generazione e corruzione sieno o non sieno in natura, e torniamo a veder d'investigare quel che faccia il globo terrestre.

SIMP. Io non posso accomodar l'orecchie a sentir mettere in dubbio se la generazione e corruzione sieno in natura, essendo una cosa che noi continuamente aviamo innanzi a gli occhi, e della quale Aristotile ha scritto due libri interi. Ma quando si abbiano a negare i principii nelle scienze e mettere in dubbio le cose manifestissime, chi non sa che si potrà provare quel che altri vuole e sostener qualsivoglia paradosso? E se voi non vedete tutto il giorno generarsi e corrompersi erbe, piante, animali, che altra cosa vedete voi? come non vedete perpetuamente giostrarsi in contro le contrarietà, e la terra mutarsi in acqua, l'acqua convertirsi in aria, l'aria in fuoco, e di nuovo l'aria condensarsi in nuvole, in pioggie, grandini e tempeste?

SAGR. Anzi veggiamo pur tutte queste cose, e però vogliamo concedervi il discorso d'Aristotile, quanto a questa parte della generazione e corruzione fatta da i contrari; ma se io vi concluderò, in virtù delle medesime proposizioni concedute ad Aristotile, che i corpi celesti sieno essi ancora, non meno che gli elementari, generabili e corruttibili, che cosa direte voi?

SIMP. Dirò che voi abbiate fatto quello che è impossibile a farsi.

SAGR. Ditemi un poco, signor Simplicio: non sono queste affezioni contrarie tra di loro?

SIMP. Quali?

SAGR. Eccovele: alterabile, inalterabile, passibile, impassibile, generabile, ingenerabile, corruttibile, incorruttibile?

SIMP. Sono contrarissime.

SAGR. Come questo sia, e sia vero ancora che i corpi celesti sieno ingenerabili e incorruttibili, io vi provo che di necessità bisogna che i corpi celesti sien generabili e corruttibili.

SIMP. Questo non potrà esser altro che un soffisma.

SAGR. Sentite l'argomento, e poi nominatelo e solvetelo. I corpi celesti, perché sono ingenerabili ed incorruttibili, hanno in natura de i contrari, che sono i corpi generabili e corruttibili; ma dove è contrarietà, quivi è generazione e corruzione; adunque i corpi celesti son generabili e corruttibili.

SIMP. Non vi diss'io che non poteva esser altro ch'un soffisma? Questo è un di quelli argomenti cornuti, che si chiamano soriti: come quello del Candiotto, che diceva che tutti i Candiotti erano bugiardi, però, essendo egli Candiotto, veniva a dir la bugia, mentre diceva che i Candiotti erano bugiardi; bisogna adunque che i Candiotti fussero veridici, ed in conseguenza esso, come Candiotto, veniva ad esser veridico, e però, nel dir che i Candiotti erano bugiardi diceva il vero, e comprendendo sé, come Candiotto, bisognava che e' fusse bugiardo. E così in questa sorte di soffismi si durerebbe in eterno a rigirarsi, senza concluder mai niente.

SAGR. Voi sin qui l'avete nominato: resta ora che lo sciogliate, mostrando la fallacia.

SIMP. Quanto al solverlo e mostrar la sua fallacia, non vedete voi, prima, la contradizion manifesta? i corpi celesti sono ingenerabili e incorruttibili; adunque i corpi celesti son generabili e corruttibili? E poi, la contrarietà non è tra i corpi celesti, ma è tra gli elementi, li quali hanno la contrarietà de i moti sursum et deorsum e della leggerezza e gravità; ma i cieli, che si muovono circolarmente, al qual moto niun altro è contrario, mancano di contrarietà, e però sono incorruttibili etc.

SAGR. Piano, signor Simplicio. Questa contrarietà, per la quale voi dite alcuni corpi semplici esser corruttibili, risied'ella nell'istesso corpo che si corrompe, o pure ha relazione ad un altro? dico se l'umidità, per esempio, per la quale si corrompe una parte di terra, risiede nell'istessa terra o pure in un altro corpo, qual sarebbe l'aria o l'acqua. Io credo pur che voi direte che, sì come i movimenti in su e in giù, e la gravità e la leggerezza, che voi fate i primi contrari, non posson essere nel medesimo suggetto, così né anco l'umido e 'l secco, il caldo e 'l freddo: bisogna dunque che voi diciate, che quando il corpo si corrompe, ciò avvenga per la qualità che si trova in un altro, contraria alla sua propria. Però, per far che 'l corpo celeste sia corruttibile, basta che in natura ci sieno corpi che abbiano contrarietà al corpo celeste; e tali sono gli elementi, se è vero che la corruttibilità sia contraria all'incorruttibilità.

SIMP. Non basta questo, Signor mio. Gli elementi si alterano e si corrompono perché si toccano e si mescolano tra di loro, e così possono esercitare le lor contrarietà; ma i corpi celesti sono separati da gli elementi, da i quali non son né anco tocchi, se ben essi toccano gli elementi. Bisogna, se voi volete provar la generazione e corruzione ne i corpi celesti, che voi mostriate che tra loro riseggano le contrarietà.

SAGR. Ecco ch'io ve le trovo tra di loro. Il primo fonte dal quale voi cavate le contrarietà de gli elementi, è la contrarietà de' moti loro in su e in giù; adunque è forza che contrari sieno parimente tra di loro quei principii da i quali dependono tali movimenti; e perché quello è mobile in su per la leggerezza, e questo in giù per la gravità, è necessario che leggerezza e gravità sieno tra di loro contrarie; né meno si deve credere che sien contrari quegli altri principii che son cagioni che questo sia grave, e leggiero quello. Ma, per voi medesimi, la leggerezza e la gravità vengono in conseguenza della rarità e densità, adunque contrarie saranno la densità e la rarità: le quali condizioni tanto amplamente si ritrovano ne i corpi celesti, che voi stimate le stelle non esser altro che parti più dense del lor cielo, e quando ciò sia, bisogna che la densità delle stelle superi quasi d'infinito intervallo quella del resto del cielo; il che è manifesto dall'essere il cielo sommamente trasparente, e le stelle sommamente opache, e dal non si trovare lassù altre qualità che 'l più e 'l meno denso o raro, che della maggiore e minor trasparenza possano esser principii. Essendo dunque tali contrarietà tra i corpi celesti, è necessario che essi ancora sien generabili e corruttibili, in quel medesimo modo che son tali i corpi elementari, o vero che non la contrarietà sia causa della corruttibilità, etc.

SIMP. Non è necessario né l'un né l'altro: perché la densità e rarità ne i corpi celesti non son contrarie tra loro, come ne i corpi elementari; imperocché non dependono dalle prime qualità, caldo e freddo, che sono contrarie, ma dalla molta o poca materia in proporzione alla quantità, ora il molto e 'l poco dicono solamente una opposizione relativa, che è la minor che sia, e non ha che fare con la generazione e corruzione.

SAGR. Talché a voler che il denso e 'l raro, che tra gli elementi deve esser cagione di gravità e leggerezza, le quali possan esser cause di moti contrari sursum et deorsum, da i quali dependano poi le contrarietà per la generazione e corruzione, [...], non basta che sieno di quei densi e rari che sotto la medesima quantità, o vogliam dir mole, contengono molta o poca materia, ma è necessario che e' siano densi e rari mercè delle prime qualità, freddo e caldo; altramente, non si farebbe niente. Ma, se questo è, Aristotile ci ha ingannati, perché doveva dircelo da principio, e lasciare scritto che son generabili e corruttibili quei corpi semplici che son mobili di movimenti semplici in su e in giù, dependenti da leggerezza e gravità, causate da rarità e densità, fatta da molta e poca materia, mercé del caldo e del freddo, e non si fermare sul semplice moto sursum et deorsum; perché io vi assicuro che quanto al fare i corpi gravi e leggieri, onde e' sien poi mobili di movimenti contrari, qualsivoglia densità e rarità basta, venga ella per caldo e freddo o per quel che più vi piace, perché il caldo e 'l freddo non hanno che far niente in questa operazione, e voi vedrete che un ferro infocato, che pur si può chiamar caldo, pesa il medesimo e si muove nel medesimo modo che freddo. Ma lasciato ancor questo, che sapete voi che il denso e 'l raro celeste non dependano dal freddo e dal caldo?

SIMP. Sollo, perché tali qualità non sono tra i corpi celesti, li quali non son caldi né freddi.

SALV. Io veggo che noi torniamo di nuovo a ingolfarci in un pelago infinito da non ne uscir mai, perché questo è un navigar senza bussola, senza stelle, senza remi, senza timone, onde convien per necessità o passare di scoglio in scoglio o dare in secco o navigar sempre per perduti. Però, se conforme al vostro consiglio noi vogliamo tendere avanti nella nostra principal materia, bisogna che, lasciata per ora questa general considerazione, se il moto retto sia necessario in natura e convenga ad alcuni corpi, venghiamo alle dimostrazioni, osservazioni ed esperienze particolari, proponendo prima tutte quelle che da Aristotile da Tolomeo e da altri sono state sin qui addotte per prova della stabilità della Terra, cercando secondariamente di solverle, e portando in ultimo quelle per le quali altri possa restar persuaso che la Terra sia, non men che la Luna o altro pianeta, da connumerarsi tra i corpi naturali mobili circolarmente.

SAGR. Io tanto più volentieri mi atterrò a questo, quanto io resto assai più sodisfatto del vostro discorso architettonico e generale che di quello d'Aristotile, perché il vostro senza intoppo veruno mi quieta, e l'altro ad ogni passo mi attraversa qualche inciampo; e non so come il signor Simplicio non sia restato subito persuaso dalla ragione arrecata da voi per prova che il moto per linea retta non può aver luogo in natura, tuttavoltaché si supponga che le parti dell'universo sieno disposte in ottima costituzione e perfettamente ordinate.

SALV. Fermate, di grazia, signor Sagredo, ché pur ora mi sovviene il modo di poter dar sodisfazione anco al signor Simplicio, tuttavolta però che e' non voglia restar talmente legato ad ogni detto d'Aristotile, che egli abbia per sacrilegio il discostarsene da alcuno. E' non è dubbio che per mantener l'ottima disposizione e l'ordine perfetto delle parti dell'universo, quanto alla local situazione, non ci è altro che il movimento circolare e la quiete; ma quanto al moto per linea retta, non veggo, che possa servire ad altro che al ridurre nella sua natural costituzione qualche particella di alcuno de' corpi integrali che per qualche accidente fusse stata rimossa e separata dal suo tutto, come di sopra dicemmo. Consideriamo ora tutto il globo terrestre e veggiamo quel che può esser di lui, tuttavoltaché ed esso e gli altri corpi mondani si devano conservare nell'ottima e natural disposizione. Egli è necessario dire, o che egli resti e si conservi perpetuamente immobile nel luogo suo, o che, restando pur sempre nell'istesso luogo, si rivolga in se stesso, o che vadia intorno ad un centro, movendosi per la circonferenza di un cerchio: de i quali accidenti, ed Aristotile e Tolomeo e tutti i lor seguaci dicon pure che egli ha osservato sempre, ed è per mantenere in eterno, il primo, cioè una perpetua quiete nel medesimo luogo. Or, perché dunque in buon'ora non si dev'egli dire che sua naturale affezione è il restare immobile, più tosto che far suo naturale il moto all'ingiù, del qual moto egli già mai non si è mosso ned è per muoversi? E quanto al movimento per linea retta, lascisi che la natura se ne serva per ridur al suo tutto le particelle della terra, dell'acqua, dell'aria, e del fuoco, e di ogni altro corpo integrale mondano, quando alcuna di loro, per qualche caso, se ne trovasse separata, e però in luogo disordinato trasposta; se pure anco per far questa restituzione non si trovasse che qualche moto circolare fusse più accomodato. Parmi che questa primaria posizione risponda molto meglio, dico anco in via d'Aristotile medesimo, a tutte le altre conseguenze, che l'attribuire come intrinseco e natural principio de gli elementi i movimenti retti. Il che è manifesto: perché s'io domanderò al Peripatetico, se, tenendo egli che i corpi celesti sieno incorruttibili ed eterni, ei crede che 'l globo terrestre non sia tale, ma corruttibile e mortale, sì che egli abbia a venir tempo che, continuando suo essere e sue operazioni il Sole e la Luna e le altre stelle, la Terra non si ritrovi più al mondo, ma sia con tutto il resto de gli elementi destrutta e andata in niente, son sicuro che egli risponderà di no, adunque la corruzione e generazione è nelle parti, e non nel tutto, e nelle parti ben minime e superficiali, le quali son come insensibili in comparazion di tutta la mole: e perché Aristotile argumenta la generazione e corruzione dalla contrarietà de' movimenti retti, lascinsi tali movimenti alle parti, che sole si alterano e corrompono, ed all'intero globo e sfera de gli elementi attribuiscasi o il moto circolare o una perpetua consistenza nel proprio luogo, affezioni che sole sono atte alla perpetuazione ed al mantenimento dell'ordine perfetto. Questo che si dice della terra, può dirsi con simil ragion del fuoco e della maggior parte dell'aria; a i quali elementi si son ridotti i Peripatetici ad assegnare per loro intrinseco e natural moto uno del quale mai non si sono mossi né sono per muoversi, e chiamar fuor della natura loro quel movimento del quale si muovono, si son mossi, e son per muoversi perpetuamente. Questo dico, perché assegnano all'aria ed al fuoco il moto all'insù, del quale già mai si è mosso alcuno de i detti elementi, ma solo qualche lor particella, e questa non per altro che per ridursi alla perfetta costituzione, mentre si trovava fuori del luogo suo naturale; ed all'incontro chiamano a lor preternaturale il moto circolare, del quale incessabilmente si muovono, scordatisi in certo modo di quello che più volte ha detto Aristotile, che nessun violento può durar lungo tempo.

SIMP. A tutte queste cose abbiamo noi le risposte accomodatissime, le quali per ora lascerò da parte per venire alle ragioni più particolari ed esperienze sensate, le quali finalmente devono anteporsi, come ben dice Aristotile, a quanto possa esserci somministrato dall'umano discorso.

SAGR. Servanci dunque le cose dette sin qui per averci messo in considerazione qual de' due generali discorsi abbia più del probabile: dico quello di Aristotile, per persuaderci, la natura de i corpi sullunari esser generabile e corruttibile, etc., e però diversissima dall'essenza de i corpi celesti, per esser loro impassibili, ingenerabili, incorruttibili, etc., tirato dalla diversità de i movimenti semplici; o pur questo del signor Salviati, che, supponendo le parti integrali del mondo essere disposte in ottima costituzione, esclude per necessaria conseguenza da i corpi semplici naturali i movimenti retti, come di niuno uso in natura, e stima la Terra esser essa ancora uno de i corpi celesti, adornato di tutte le prerogative che a quelli convengono: il qual discorso sin qui a me consuona assai più che quell'altro. Sia dunque contento il signor Simplicio produr tutte le particolari ragioni, esperienze ed osservazioni, tanto naturali quanto astronomiche, per le quali altri possa restar persuaso, la Terra esser diversa da i corpi celesti, immobile, collocata nel centro del mondo, e se altro vi è che l'escluda dall'esser essa ancora mobile come un pianeta, come Giove o la Luna, etc.: ed il signor Salviati per sua cortesia si contenterà di rispondere a parte a parte.

SIMP. Eccovi, per la prima, due potentissime dimostrazioni per prova che la Terra è differentissima da i corpi celesti. Prima, i corpi che sono generabili, corruttibili, alterabili, etc., son diversissimi da quelli che sono ingenerabili incorruttibili, inalterabili, etc.: la Terra è generabile, corruttibile, alterabile, etc., e i corpi celesti ingenerabili, incorruttibili, inalterabili, etc.: adunque la Terra è diversissima da i corpi celesti.

SAGR. Per il primo argomento, voi riconducete in tavola quello che ci è stato tutt'oggi ed a pena si è levato pur ora.

SIMP. Piano, Signore; sentite il resto, e vedrete quanto e' sia differente da quello. Nell'altro si provò la minore a priori, ed ora ve la voglio provare a posteriori; guardate se questo è essere il medesimo. Provo dunque la minore, essendo la maggiore manifestissima. La sensata esperienza ci mostra come in Terra si fanno continue generazioni, corruzioni, alterazioni, etc., delle quali né per senso nostro, né per tradizioni o memorie de' nostri antichi, se n'è veduta veruna in cielo; adunque il cielo è inalterabile etc., e la Terra alterabile etc., e però diversa dal cielo. Il secondo argomento cavo io da un principale ed essenziale accidente; ed è questo. Quel corpo che è per sua natura oscuro e privo di luce, è diverso da i corpi luminosi e risplendenti: la Terra è tenebrosa e senza luce; ed i corpi celesti splendidi e pieni di luce: adunque etc. Rispondasi a questi, per non far troppo cumulo, e poi ne addurrò altri.

SALV. Quanto al primo, la forza del quale voi cavate dall'esperienza, desidero che voi più distintamente mi produciate le alterazioni che voi vedete farsi nella Terra e non in cielo, per le quali voi chiamate la Terra alterabile ed il cielo no.

SIMP. Veggo in Terra continuamente generarsi e corrompersi erbe, piante, animali, suscitarsi venti, pioggie, tempeste, procelle, ed in somma esser questo aspetto della Terra in una perpetua metamorfosi; niuna delle quali mutazioni si scorge ne' corpi celesti, la costituzione e figurazione de' quali è puntualissimamente conforme a quelle di tutte le memorie, senza esservisi generato cosa alcuna di nuovo, né corrotto delle antiche.

SALV. Ma, come voi vi abbiate a quietare su queste visibili, o, per dir meglio, vedute, esperienze, è forza che voi reputiate la China e l'America esser corpi celesti, perché sicuramente in essi non avete vedute mai queste alterazioni che voi vedete qui in Italia, e che però, quanto alla vostra apprensione, e' sieno inalterabili.

SIMP. Ancorché io non abbia vedute queste alterazioni sensatamente in quei luoghi, ce ne son però le relazioni sicure: oltre che, cum eadem sit ratio totius et partium, essendo quei paesi parti della Terra come i nostri, è forza che e' sieno alterabili come questi.

SALV. E perché non l'avete voi, senza ridurvi a dover credere all'altrui relazioni, osservate e viste da per voi con i vostri occhi propri?

SIMP. Perché quei paesi, oltre al non esser esposti a gli occhi nostri, son tanto remoti che la vista nostra non potrebbe arrivare a comprenderci simili mutazioni.

SALV. Or vedete come da per voi medesimo avete casualmente scoperta la fallacia del vostro argomento. Imperocché se voi dite che le alterazioni, che si veggono in Terra appresso di noi, non le potreste, per la troppa distanza, scorger fatte in America, molto meno le potreste vedere nella Luna, tante centinaia di volte più lontana: e se voi credete le alterazioni messicane a gli avvisi venuti di là, quai rapporti vi son venuti dalla Luna a significarvi che in lei non vi è alterazione? Adunque dal non veder voi le alterazioni in cielo, dove, quando vi fussero, non potreste vederle per la troppa distanza, e dal non ne aver relazione, mentre che aver non si possa, non potete arguir che elle non vi sieno, come dal vederle e intenderle in Terra bene arguite che le ci sono.

SIMP. Io vi troverò delle mutazioni seguite in Terra così grandi, che se di tali se ne facessero nella Luna, benissimo potrebbero esser osservate di qua giù. Noi aviamo, per antichissime memorie, che già, allo stretto di Gibilterra, Abile e Calpe erano continuati insieme con altre minori montagne le quali tenevano l'Oceano rispinto; ma essendosi, qual se ne fusse la causa, separati i detti monti, ed aperto l'adito all'acque marine, queste scorsero talmente in dentro, che ne formarono tutto il mare Mediterraneo: del quale se noi considereremo la grandezza, e la diversità dell'aspetto che devon fare tra di loro la superficie dell'acqua e quella della terra, vedute di lontano, non ha dubbio che una tale mutazione poteva benissimo esser compresa da chi fusse stato nella Luna, sì come da noi abitatori della Terra simili alterazioni dovrebbero scorgersi nella Luna: ma non ci è memoria che mai si sia veduta cosa tale: adunque non ci resta attacco da poter dire che alcuno de i corpi celesti sia alterabile etc.

SALV. Che mutazioni così vaste sieno seguite nella Luna, io non ardirei di dirlo; ma non sono anco sicuro che non ve ne possano esser seguite: e perché una simil mutazione non potrebbe rappresentarci altro che qualche variazione tra le parti più chiare e le più oscure di essa Luna, io non so che ci sieno stati in Terra selinografi curiosi, che per lunghissima serie di anni ci abbiano tenuti provvisti di selinografie così esatte, che ci possano render sicuri, nissuna tal mutazione esser già mai seguita nella faccia della Luna; della figurazione della quale non trovo più minuta descrizione, che il dire alcuno che la rappresenta un volto umano, altri che l'è simile a un ceffo di leone, ed altri che l'è Caino con un fascio di pruni in spalla. Adunque il dire Il cielo è inalterabile, perché nella Luna o in altro corpo celeste non si veggono le alterazioni che si scorgono in Terra non ha forza di concluder cosa alcuna.

SAGR. Ed a me resta non so che altro scrupolo in questo primo argomento del signor Simplicio, il quale desidero che mi sia levato. Però io gli domando se la Terra avanti l'innondazione mediterranea era generabile e corruttibile, o pur cominciò allora ad esser tale.

SIMP. Era senza dubbio generabile e corruttibile ancora avanti; ma quella fu una mutazione tanto vasta, che anche nella Luna si sarebbe potuta osservare

SAGR. Oh, se la Terra fu, pure avanti tale alluvione, generabile e corruttibile, perché non può esser tale la Luna parimente senza una simile mutazione? perché è necessario nella Luna quello che non importava nulla nella Terra?

SALV. Argutissima instanza. Ma io vo dubitando che il signor Simplicio alteri un poco l'intelligenza de i testi d'Aristotile e de gli altri Peripatetici, li quali dicano di tenere il cielo inalterabile, perché in esso non si è veduto generare né corromper mai alcuna stella, che forse è del cielo parte minore che una città della Terra, e pur innumerabili di queste si son destrutte in modo che né anco i vestigii ci son rimasti.

SAGR. Io certo stimava altramente, e credeva che il signor Simplicio dissimulasse questa esposizione di testo per non gravare il Maestro ed i suoi condiscepoli di una nota assai più deforme dell'altra. E qual vanità è il dire: La parte celeste è inalterabile, perché in essa non si generano e corrompono stelle? ci è forse alcuno che abbia veduto corrompersi un globo terrestre e rigenerarsene un altro? e non è egli ricevuto da tutti i filosofi, che pochissime stelle sieno in cielo minori della Terra, ma bene assaissime molto e molto maggiori? Il corrompersi dunque una stella in cielo non è minor cosa che destruggersi tutto il globo terrestre: però, quando per poter con verità introdur nell'universo la generazione e corruzione sia necessario che si corrompano e rigenerino corpi così vasti come una stella, toglietelo pur via del tutto, perché vi assicuro che mai non si vedrà corrompere il globo terrestre o altro corpo integrale del mondo, sì che, essendocisi veduto per molti secoli decorsi, ei si dissolva in maniera, che di sé non lasci vestigio alcuno.

SALV. Ma per dar soprabbondante soddisfazione al signor Simplicio e torlo, se è possibile, di errore, dico che noi aviamo nel nostro secolo accidenti ed osservazioni nuove e tali, ch'io non dubito punto che se Aristotile fusse all'età nostra, muterebbe oppinione. Il che manifestamente si raccoglie dal suo stesso modo di filosofare: imperocché mentre egli scrive di stimare i cieli inalterabili etc., perché nissuna cosa nuova si è veduta generarvisi o dissolversi delle vecchie, viene implicitamente a lasciarsi intendere che quando egli avesse veduto uno di tali accidenti, averebbe stimato il contrario ed anteposto, come conviene, la sensata esperienza al natural discorso, perché quando e' non avesse voluto fare stima de' sensi, non avrebbe, almeno dal non si vedere sensatamente mutazione alcuna, argumentata l'immutabilità.

SIMP. Aristotile fece il principal suo fondamento sul discorso a priori, mostrando la necessità dell'inalterabilità del cielo per i suoi principii naturali, manifesti e chiari; e la medesima stabilì doppo a posteriori, per il senso e per le tradizioni de gli antichi.


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