Giornata Seconda (segue dalla pagina precedente)

SALV. Adunque voi non credete altrimenti che la tangente tocchi la superficie del globo terrestre in un punto?

SIMP. Non solo in un punto, ma credo che molte e molte decine e forse centinaia di braccia vadia una linea retta toccando la superficie anco dell'acqua, non che della Terra, prima che separarsi da lei.

SALV. Ma s'io vi concedo questa cosa, non v'accorgete voi che tanto peggio è per la causa vostra? perché, se posto che la tangente, da un sol punto in fuori, fusse separata dalla superficie della Terra, si è ad ogni modo dimostrato che per la grande strettezza dell'angolo della contingenza (se però si deve chiamar angolo) il proietto non si separerebbe, quanto meno avrà egli causa di separarsi se quell'angolo si chiuda affatto e la superficie e la tangente procedano unitamente? Non vedete voi che a questo modo la proiezione si farebbe su l'istessa superficie della Terra, che tanto è quanto a dire che ella non si farebbe? Vedete adunque qual sia la forza del vero, che mentre voi cercate d'atterrarlo, i vostri medesimi assalti lo sollevano e l'avvalorano. Ma già che vi ho tratto di questo errore, non vorrei già lasciarvi in quest'altro che voi stimaste che una sfera materiale non tocchi un piano in un sol punto; e vorrei pur che la conversazione, ancor che di poche ore, avuta con persone che hanno qualche cognizion di geometria vi facesse comparir un poco più intelligente tra quei che non ne sanno niente. Or, per mostrarvi quanto sia grande l'error di coloro che dicono che una sfera, verbigrazia, di bronzo, non tocca un piano, verbigrazia, d'acciaio, in un punto, ditemi qual concetto voi vi formeresti di uno che dicesse e costantemente asseverasse che la sfera non fusse veramente sfera.

SIMP. Lo stimerei per privo di discorso affatto.

SALV. In questo stato è colui che dice che la sfera materiale non tocca un piano, pur materiale, in un punto, perché il dir questo è l'istesso che dire che la sfera non è sfera. E che ciò sia vero, ditemi in quello che voi costituite l'essenza della sfera, cioè che cosa è quella che fa differir la sfera da tutti gli altri corpi solidi.

SIMP. Credo che l'essere sfera consista nell'aver tutte le linee rette, prodotte dal suo centro sin alla circonferenza eguali.

SALV. Talché quando tali linee non fussero eguali, quel tal solido non sarebbe altrimenti una sfera.

SIMP. Signor no.

SALV. Ditemi appresso, se voi credete che delle molte linee che si posson tirar tra due punti, ve ne possa essere altro che una retta sola.

SIMP. Signor no.

SALV. Ma voi intendete pure che questa sola retta sarà poi per necessità la brevissima di tutte l'altre.

SIMP. L'intendo, e ne ho anche la dimostrazion chiara, arrecata da un gran filosofo peripatetico; e parmi, se ben mi ricorda, ch'ei la porti riprendendo Archimede, che la suppone come nota, potendola dimostrare.

SALV. Questo sarà stato un gran matematico, avendo potuto dimostrar quel che né seppe né potette dimostrare Archimede; e se ve ne sovvenisse la dimostrazione, la sentirei volentieri, perché mi ricordo benissimo che Archimede ne i libri della sfera e del cilindro mette cotesta proposizione tra i postulati, e tengo per fermo che l'avesse per indimostrabile.

SIMP. Credo che mi sovverrà, perch'ella è assai facile e breve.

SALV. Tanto sarà maggior la vergogna d'Archimede, e la gloria di cotesto filosofo.

SIMP. Io farò la sua figura. Tra i punti A, B tira la linea retta A B e la curva A C B, delle quali ei vuol provare la retta esser più breve; e la prova è tale. Nella curva piglia un punto, che sarebbe C, e tira due altre rette A C, C B, le quali due sono più lunghe della sola A B, che così dimostra Euclide. ma la curva A C B è maggiore delle due rette A C, C B; adunque a fortiori la curva A C B sarà molto maggiore della retta A B, che è quello che si doveva dimostrare.

SALV. Io non credo che a cercar tutti i paralogismi del mondo si potesse trovare il più accomodato di questo per dare un esempio della più solenne fallacia che sia tra tutte le fallacie, cioè di quella che prova ignotum per ignotius.

SIMP. In che modo?

SALV. Come in che modo? la conclusione ignota, che voi volete provare, non è che la curva A C B sia più lunga della retta A B? il mezo termine, che si piglia per noto, non è che la curva A C B sia maggior delle due A C, C B, le quali è noto esser maggior della A B? e se vi è ignoto che la curva sia maggiore della sola retta A B, come non sarà egli assai più ignoto che ella sia maggiore delle due rette A C, C B, che si sa esser maggiori della sola A B? e voi lo prendete per noto?

SIMP. Io non intendo ancor bene dove consista la fallacia.

SALV. Come le due rette sien maggiori della A B (sì come è noto per Euclide), tuttavolta che la curva sia maggior delle due rette A C, C B, non sarà ella molto maggiore della sola retta A B?

SIMP. Signor sì.

SALV. Esser maggiore la curva A C B della retta A B è la conclusione, più nota del mezo termine, che è l'esser la medesima curva maggior delle due rette A C, C B: ora, quando il mezo è manco noto della conclusione, si domanda provare ignotum per ignotius. Or torniamo al nostro proposito: basta che voi intendete, la retta esser la brevissima di tutte le linee che si posson tirare fra due punti. E quanto alla principal conclusione, voi dite che la sfera materiale non tocca il piano in un sol punto: qual è dunque il suo contatto?

SIMP. Sarà una parte della sua superficie.

SALV. E il contatto parimente d'un'altra sfera eguale alla prima, sarà pure una simil particella della sua superficie?

SIMP. Non ci è ragione che non deva esser così.

SALV. Adunque ancor le due sfere, toccandosi si toccheranno con le due medesime particelle di superficie, perché, adattandosi ciascheduna di esse all'istesso piano, è forza che si adattino ancor fra di loro. Imaginatevi ora le due sfere, i cui centri A, B, che si tocchino, e congiungansi i lor centri con la retta linea A B, la quale passerà per il toccamento. Passi per il punto C, e preso nel toccamento un altro punto D, congiungansi le due rette A D, B D, sì che si constituisca il triangolo ADB, del quale i due lati AD, DB saranno eguali all'altro solo A C B, contenendo, tanto quelli quanto questi, due semidiametri, che per la definizion della sfera sono tutti eguali: e così la retta A B, tirata tra i due centri A, B, non sarà la brevissima di tutte, essendoci le due AD, DB eguali a lei; il che per le vostre concessioni è assurdo.

SIMP. Questa dimostrazione conclude delle sfere in astratto, e non delle materiali.

SALV. Assegnatemi dunque in che cosa consiste la fallacia del mio argomento, già che non conclude nelle sfere materiali, ma sì bene nelle immateriali e astratte.

SIMP. Le sfere materiali son soggette a molti accidenti, a i quali non soggiacciono le immateriali. E perché non può esser che, posandosi una sfera di metallo sopra un piano, il proprio peso non calchi in modo che il piano ceda qualche poco, o vero che l'istessa sfera nel contatto si ammacchi? In oltre, quel piano difficilmente potrà esser perfetto, quando non per altro, almeno per esser la materia porosa; e forse non sarà men diffficile il trovare una sfera così perfetta, che abbia tutte le linee dal centro alla superficie egualissime per l'appunto.

SALV. Oh tutte queste cose ve le concedo io facilmente, ma elle sono assai fuor di proposito; perché mentre voi volete mostrarmi che una sfera materiale non tocca un piano materiale in un punto, voi vi servite d'una sfera che non è sfera e d'un piano che non è piano, poiché, per vostro detto o queste cose non si trovano al mondo o se si trovano si guastano nell'applicarsi a far l'effetto. Era dunque manco male che voi concedeste la conclusione ma condizionatamente, cioè che se si desse in materia una sfera e un piano che fussero e si conservassero perfetti, si toccherebber in un sol punto, e negaste poi ciò potersi dare.

SIMP. Io credo che la proposizione de i filosofi vadia intesa in cotesto senso, perché non è dubbio che l'imperfezion della materia fa che le cose prese in concreto non rispondono alle considerate in astratto.

SALV. Come non si rispondono? Anzi quel che voi stesso dite al presente prova che elle rispondon puntualmente.

SIMP. In che modo?

SALV. Non dite voi che per l'imperfezion della materia quel corpo che dovrebbe esser perfetto sferico e quel piano che dovrebbe esser perfetto piano, non riescono poi tali in concreto quali altri se gli immagina in astratto?

SIMP. Così dico.

SALV. Adunque, tuttavolta che in concreto voi applicate una sfera materiale a un piano materiale, voi applicate una sfera non perfetta a un piano non perfetto; e questi dite che non si toccano in un punto. Ma io vi dico che anco in astratto una sfera immateriale, che non sia sfera perfetta, può toccare un piano immateriale, che non sia piano perfetto, non in un punto, ma con parte della sua superficie; talché sin qui quello che accade in concreto, accade nell'istesso modo in astratto: e sarebbe ben nuova cosa che i computi e le ragioni fatte in numeri astratti, non rispondessero poi alle monete d'oro e d'argento e alle mercanzie in concreto. Ma sapete signor Simplicio, quel che accade? Sì come a voler che i calcoli tornino sopra i zuccheri, le sete e le lane, bisogna che il computista faccia le sue tare di casse, invoglie ed altre bagaglie, così, quando il filosofo geometra vuol riconoscere in concreto gli effetti dimostrati in astratto, bisogna che difalchi gli impedimenti della materia; che se ciò saprà fare, io vi assicuro che le cose si riscontreranno non meno aggiustatamente che i computi aritmetici. Gli errori dunque non consistono né nell'astratto né nel concreto né nella geometria o nella fisica ma nel calcolatore che non sa fare i conti giusti. Però quando voi aveste una sfera ed un piano perfetti, benché materiali, non abbiate dubbio che si toccherebbero in un punto; e se questo era ed è impossibìle ad aversi, molto fuor di proposito fu il dire che sphæra æenea non tangit in puncto. Ma più vi aggiungo, signor Simplicio: concedutovi che non si possa dare in materia una figura sferica perfetta né un piano perfetto, credete voi che si possano dare due corpi materiali di superficie in qualche parte e in qualche modo incurvata, anco quanto si voglia irregolatamente?

SIMP. Di questi non credo che ce ne manchino.

SALV. Come ve ne siano di tali, questi ancora si toccheranno in un punto, ché il toccarsi in un sol punto non è miga privilegio particolare del perfetto sferico e del perfetto piano. Anzi chi più sottilmente andasse contemplando questo negozio, troverebbe che più difficile assai è il trovar due corpi che si tocchino con parte delle lor superficie, che con un punto solo: perché a voler che due superficie combagino bene insieme, bisogna o che amendue sieno esattamente piane, o che se una è colma, l'altra sia concava, ma di una incavatura che per appunto risponda al colmo dell'altra; le quali condizioni son molto più difficili a trovarsi, per la lor troppo stretta determinazione, che le altre, che nella casual larghezza son infinite.

SIMP. Adunque voi credete che due pietre o due ferri, presi a caso e accostati insieme, il più delle volte si tocchino in un sol punto?

SALV. Ne gli incontri casuali credo di no, sì perché per lo più sopra essi sarà qualche poco d'immondizia cedente, sì perché non si usa diligenza in applicargli insieme senza qualche percossa, ed ogni poca basta a far che l'una superficie ceda qualche poco all'altra, sì che scambievolmente si figurino, almeno in qualche minima particella, l'una all'impronta dell'altra: ma quando le superficie loro fussero ben terse, e che posati amendue sopra una tavola, acciocché l'uno non gravasse sopra all'altro, si spingessero pian piano l'uno verso l'altro, io non ho dubbio che potrebbero condursi al semplice contatto in un sol punto.

SAGR. Egli è forza che con vostra licenza io proponga certa mia difficultà, natami nel sentir proporre al signor Simplicio la impossibilità che è nel potersi trovare un corpo materiale e solido che abbia perfettamente la figura sferica e nel veder il signor Salviati prestargli in certo modo, non contradicendo, l'assenso. Però vorrei sapere se la medesima difficultà si trovi nel figurare un solido di qualche altra figura, cioè, per dichiararmi meglio, se maggior difficultà si trovi in voler ridurre un pezzo di marmo in figura d'una sfera perfetta, che d'una perfetta piramide o d'un perfetto cavallo o d'una perfetta locusta.

SALV. Per questa prima risposta, la darò io: e prima mi scuserò dell'assenso che vi pare ch'io abbia prestato al signor Simplicio, il quale era solamente per a tempo, perché io ancora avevo in animo, avanti che entrare in altra materia, dir quello che per avventura sarà l'istesso o assai conforme al vostro pensiero. E rispondendo alla vostra prima interrogazione, dico che se figura alcuna si può dare a un solido, la sferica è la facilissima sopra tutte l'altre, sì come è anco la semplicissima e tiene tra le figure solide quel luogo che il cerchio tiene tra le superficiali: la descrizion del qual cerchio, come più facile di tutte le altre, essa sola è stata giudicata da i matematici degna d'esser posta tra i postulati attenenti alle descrizioni di tutte l'altre figure. Ed è talmente facile la formazion della sfera, che se in una piastra piana di metallo duro si caverà un vacuo circolare, dentro al quale si vadia rivolgendo casualmente qualsivoglia solido assai grossamente tondeggiato, per se stesso senz'altro artifizio si ridurrà in figura sferica, quanto più sia possibile perfetta purché quel tal solido non sia minore della sfera che passasse per quel cerchio; e quel che ci è anche di più degno di considerazione è che dentro a quel medesimo incavo si formeranno sfere di diverse grandezze. Quello poi che ci voglia per formare un cavallo o (come voi dite) una locusta, lo lascio giudicare a voi, che sapete che pochissimi scultori si troveranno al mondo atti a poterlo fare, e credo che il signor Simplicio in questo particolare non dissentirà da me.

SIMP. Non so se io dissenta punto da voi. L'oppinion mia è che nessuna delle nominate figure si possa perfettamente ottenere, ma per avvicinarsi quanto si possa al più perfetto grado, credo che incomparabilmente sia più agevole il ridurre il solido in figura sferica, che in forma di cavallo o di locusta.

SAGR. E questa maggior difficultà da che credete voi che ella dependa?

SIMP. Sì come la grand'agevolezza nel formar la sfera deriva dalla sua assoluta semplicità ed uniformità, così la somma irregolarità rende difficilissimo l'introdur l'altre figure.

SAGR. Adunque, come l'irregolarità è causa di difficultà, anco la figura di un sasso rotto con un martello a caso sarà delle difficili a introdursi, essendo essa ancora irregolare forse più di quella del cavallo?

SIMP. Così deve essere.

SAGR. Ma ditemi: quella figura, qualunque ella si sia che ha quel sasso, hall'egli perfettissimamente o pur no?

SIMP. Quella che egli ha, l'ha tanto perfettamente, che nessun'altra le si assesta tanto puntualmente.

SAGR. Adunque, se delle figure irregolari, e perciò difficili a conseguirsi, pur se ne trovano infinite perfettissimamente ottenute, con qual ragione si potrà dire che la semplicissima, e per ciò facilissima più di tutte, sia impossibile a ritrovarsi?

SALV. Signori, con vostra pace, mi par che noi siamo entrati in una disputa non molto più rilevante che quella della lana caprina, e dove che i nostri ragionamenti dovrebber continuar di esser intorno a cose serie e rilevanti, noi consumiamo il tempo in altercazioni frivole e di nessun rilievo Ricordiamoci in grazia che il cercar la costituzione del mondo è de' maggiori e de' più nobil problemi che sieno in natura, e tanto maggior poi, quanto viene indrizzato allo scioglimento dell'altro, dico della causa del flusso e reflusso del mare, cercata da tutti i grand'uomini che sono stati sin qui e forse da niun ritrovata: però, quando altro non ci resti da produrre per l'assoluto scioglimento dell'instanza presa dalla vertigine della Terra, che fu l'ultima portata per argomento della sua immobilità circa il proprio centro, potremo passare allo scrutinio delle cose che sono in pro e contro al movimento annuo.

SAGR. Non vorrei, signor Salviati, che voi misuraste gl'ingegni di noi altri con la misura del vostro: voi, avvezzo sempre ad occuparvi in contemplazioni altissime, stimate frivole e basse tal una di quelle che a noi paiono degno cibo de' nostri intelletti; però talvolta, per sodisfazione nostra non vi sdegnate di abbassarvi a concedere qualcosa alla nostra curiosità. Quanto poi allo scioglimento dell'ultima instanza, presa dallo scagliamento della vertigine diurna, per sodisfare a me bastava assai meno di quello che si è prodotto; tuttavia le cose che si son dette soprabbondantemente, mi son parse tanto curiose, che non solo non mi hanno stancata la fantasia, ma me l'hanno con le loro novità trattenuta sempre con diletto tale che maggior non saprei desiderarne: però se qualche altra specolazione resta a voi da aggiugnervi, producetela pure, ch'io per la parte mia molto volentieri la sentirò.

SALV. Io nelle cose trovate da me ho sempre sentito grandissimo diletto, e doppo questo, che è il massimo, provo gran piacere nel conferirle con qualche amico che le capisca e che mostri di gustarle: or, poiché voi sete uno di questi, allentando un poco la briglia alla mia ambizione, che gode dentro di sé quando io mi mostro più perspicace di qualche altro reputato di acuta vista, produrrò, per colmo e buona misura della discussion passata, un'altra fallacia de i seguaci di Tolomeo e d'Aristotile, presa nel già prodotto argomento.

SAGR. Ecco che io avidamente mi apparecchio a sentirla.

SALV. Noi aviamo sin qui trapassato e conceduto a Tolomeo come effetto indubitabile, che procedendo lo scagliamento del sasso dalla velocità della ruota mossa intorno al suo centro, tanto si accresca la causa di esso scagliamento, quanto la velocità della vertigine si agumenta; dal che si inferiva che essendo la velocità della terrestre vertigine sommamente maggiore di quella di qualsivoglia macchina che noi artifiziosamente possiam far girare, l'estrusione in conseguenza delle pietre e de gli animali etc. dovesse esser violentissima. Ora io noto che in questo discorso è una grandissima fallacia, mentre noi indifferentemente ed assolutamente paragoniamo le velocità tra di loro. È vero che s'io fo comparazione delle velocità della medesima ruota o di due ruote eguali tra di loro, quella che più velocemente sarà girata, con maggior impeto scaglierà le pietre, e crescendo la velocità, con la medesima proporzione crescerà anco la causa della proiezione; ma quando la velocità si facesse maggiore non con l'accrescer velocità nell'istessa ruota, che sarebbe co 'l fargli dar numero maggiore di conversioni in tempi eguali, ma co 'l crescere il diametro e far la ruota maggiore, sì che ritenendo il medesimo tempo di una conversione tanto nella piccola quanto nella gran ruota, e solo nella grande la velocità fusse maggiore per esser la sua circonferenza maggiore, non sia chi creda che la causa dello scagliamento nella gran ruota crescesse secondo la proporzione della velocità della sua circonferenza verso la velocità della circonferenza della minor ruota, perché questo è falsissimo, come per adesso una speditissima esperienza ci potrà mostrar così alla grossa: ché tal pietra potremmo noi scagliare con una canna lunga un braccio, che con una lunga sei braccia non potremo, ancorché il moto dell'estremità della canna lunga, cioè della pietra incastratavi, fusse più veloce il doppio del moto della punta della canna più corta; che sarebbe quando le velocità fussero tali, che nel tempo di una conversione intera della canna maggiore, la minore ne facesse tre.

SAGR. Questo, signor Salviati, che voi mi dite, già comprendo io dovere necessariamente succeder così, ma non mi sovvien già prontamente la causa perché eguali velocità non abbiano a operare egualmente in estruder i proietti, ma assai più quella della ruota minore che l'altra della ruota maggiore: però vi prego a dichiararmi come il negozio cammina.

SIMP. Voi, signor Sagredo, questa volta vi sete dimostrato dissimile a voi medesimo, che solete in un momento penetrar tutte le cose, ed ora trapassate una fallacia posta nell'esperienza delle canne, la quale ho io potuto penetrare; e questa è la diversa maniera di operare nel far la proiezione or con la canna breve ed or con la lunga: perché a voler che la pietra scappi fuor della cocca, non bisogna continuar uniformemente il suo moto, ma allora ch'egli è velocissimo, convien ritenere il braccio e reprimer la velocità della canna, perloché la pietra, che già è in moto velocissimo, scappa e con impeto si muove; ma tal ritegno non si può far nella canna maggiore, la quale, per la sua lunghezza e flessibilità, non ubbidisce interamente al freno del braccio, ma, continuando di accompagnare il sasso per qualche spazio, co 'l dolcemente frenarlo se lo ritien congiunto, e non, come se in un duro intoppo avesse urtato, da sé lo lascia fuggire ché quando amendue le canne urtassero in un ritegno che le fermasse, io credo che la pietra parimente scapperebbe dall'una e dall'altra, ancorché i movimenti loro fussero egualmente veloci.

SAGR. Con licenzia del signor Salviati, risponderò io alcuna cosa al signor Simplicio, poiché egli a me si è rivoltato: e dico che nel suo discorso vi è del buono e del cattivo buono, perché quasi tutto è vero; cattivo, perché non fa in tutto al proposito nostro. Verissimo è, che quando quello che con velocità porta le pietre, urtasse in un ritegno immobile, esse con impeto scorrerebbero innanzi, seguendone quell'effetto che tutto il giorno si vede accadere in una barca che, scorrendo velocemente, arreni o urti in qualche ostacolo, che tutti quelli che vi son dentro, colti all'improvviso repentinamente traboccano e cascano verso dove correva il navilio; e quando il globo terrestre incontrasse un intoppo tale che del tutto resistesse alla sua vertigine e la fermasse, allora sì ch'io credo che non solamente le fiere, gli edifizii e le città, ma le montagne, i laghi e i mari si sovvertirebbero, e pur che il globo stesso non si dissipasse: ma niente di questo fa al proposito nostro, che parliamo di quel che possa seguire al moto della Terra girata uniformemente e placidamente in se stessa, ancorché con velocità grande. Quello parimente che voi dite delle canne, è in parte vero, ma non fu portato dal signor Salviati come cosa che puntualmente si assesti alla materia di cui trattiamo, ma solamente come un esempio che così alla grossa possa destarci la mente a più accuratamente considerare, se crescendosi la velocità in qualsivoglia modo, con l'istessa proporzione si accresca la causa della proiezione, sì che, verbigrazia, se una ruota di dieci braccia di diametro, movendosi in maniera che un punto della sua circonferenza passasse in un minuto d'ora cento braccia, e perciò avesse impeto di scagliare una pietra, tale impeto si accresce centomila volte in una ruota che avesse un milion di braccia di diametro: il che nega il signor Salviati, ed io inclino a creder l'istesso; ma non ne sapendo la ragione, l'ho da esso richiesta, e con desiderio la sto attendendo.


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