Giornata Terza (segue dalla pagina precedente)

SALV. Io ci ho più volte pensato, ed anco discorsone con l'amico ed ospite mio: e circa quello che siano per produrre i filosofi e gli astronomi in mantenimento dell'antico sistema, per una parte siamo sicuri, sicuri dico, che i veri e puri Peripatetici, ridendosi di chi s'impiega in tali, al gusto loro, insipide sciocchezze, spaccieranno tutte queste apparenze per vane illusioni de' cristalli, ed in questa maniera con poca fatica si libereranno dall'obbligo di pensar più oltre; quanto poi a i filosofi astronomi, doppo aver noi con qualche attenzione specolato ciò che si potesse addurre in mezo, non abbiamo investigato ripiego che basti per sodisfare unitamente al corso delle macchie ed al discorso della mente. Io vi esporrò quello che ci è sovvenuto, e voi ne farete quel capitale che il giudizio vostro vi detterà.

Posto che gli apparenti movimenti delle macchie solari siano quali di sopra si è dichiarato, e posta la Terra immobile nel centro dell'eclittica, nella cui circonferenza sia collocato il centro del Sole, è necessario che di tutte le diversità che si scorgono in essi movimenti le cagioni riseggano in moti che siano nel corpo solare: il quale primieramente converrà che in se stesso si rivolga portando seco le macchie, le quali si è supposto, anzi pur dimostrato, essere aderenti alla solar superficie. Bisognerà, secondariamente, dire che l'asse della solar conversione non sia parallelo all'asse dell'eclittica, che è quanto a dire che non sia eretto perpendicolarmente sopra 'l piano dell'eclittica, perché, se fusse tale, i passaggi di esse macchie ci apparirebber fatti per linee rette e parallele all'eclittica: è dunque tale asse inclinato, poiché i passaggi per lo più appariscon fatti per linee curve. Sarà, nel terzo luogo, necessario dire che l'inclinazion di questo asse non sia fissa e riguardante di continuo verso il medesimo punto dell'universo, anzi che di momento in momento vadia mutando direzione; perché, quando la pendenza riguardasse continuamente verso l'istesso punto, i passaggi delle macchie non cangerebbero già mai apparenza, ma, retti o curvi, piegati in su o in giù, ascendenti o descendenti che apparissero una volta, tali apparirebber sempre. È forza dunque dire, tale asse esser convertibile, e talora trovarsi nel piano del cerchio estremo terminator dell'emisferio apparente, allora, dico, quando i passaggi delle macchie appariscono fatti per linee rette e più che mai pendenti, il che accade due volte l'anno; altre volte poi trovarsi nel piano del meridiano del riguardante, in modo tale che l'uno de' suoi poli caschi nel solare emisferio apparente e l'altro nell'occulto, ed amendue lontani da i punti estremi, o vogliam dire da i poli, d'un altro asse del Sole, il quale sia parallelo all'asse dell'eclittica (il qual secondo asse converrà necessariamente assegnare al globo del Sole), lontani, dico, tanto quanto importa l'inclinazione dell'asse della revoluzione delle macchie; e di più, che il polo cadente nell'emisferio apparente una volta sia nella parte superiore e l'altra nell'inferiore, perché del così accadere necessario argomento ce ne danno i passaggi quando sono equilibrati e nelle lor massime curvità, ora col convesso loro verso la parte inferiore, ed altra volta verso la superiore del disco solare. E perché tali stati si vanno continuamente mutando, facendosi le inclinazioni e le incurvazioni or maggiori ed or minori, e talora riducendosi quelle all'equilibrio perfetto e queste alla perfetta dirittezza, convien necessariamente porre, l'istesso asse della revoluzione mestrua delle macchie avere una sua propria conversione, per la quale i suoi poli descrivano due cerchi intorno a i poli d'un altro asse, il quale per ciò conviene (come ho detto) assegnare al Sole, il semidiametro de i quali cerchi risponda alla quantità dell'inclinazione del medesimo asse; ed è necessario che il tempo del suo periodo sia d'un anno, avvengaché tale è il tempo nel quale si restituiscono tutte l'apparenze e diversità ne i passaggi delle macchie: e del farsi la conversione di questo asse sopra i poli dell'altro asse parallelo a quel dell'eclittica, e non intorno ad altri punti, ne son manifesto indizio le massime inclinazioni e le massime incurvazioni, le quali son sempre della medesima grandezza. Talché, finalmente, per mantener la Terra stabile nel centro, sarà necessario attribuire al Sole due movimenti intorno al proprio centro, sopra due differenti assi, l'uno de i quali finisca la sua conversione in un anno, e l'altro la sua in manco di un mese: il quale assunto all'intelletto mio si rappresenta molto duro e quasi impossibile; e questo depende dal doversi attribuire all'istesso corpo solare du' altri movimenti intorno alla Terra sopra diversi assi, descrivendo con l'uno l'eclittica in un anno, e con l'altro formando spire o cerchi paralleli all'equinoziale uno per giorno; onde quel terzo movimento, il qual si debbe assegnare al globo del Sole in se stesso (non parlo di quello quasi mestruo che conduce le macchie, ma dico dell'altro che deve trasferir l'asse ed i poli di questo mestruo), non si vede ragion nessuna per la quale ei debba finire il suo periodo più tosto in un anno, come dependente dal moto annuo per l'eclittica, che in ventiquatt'ore, come dependente dal moto diurno sopra i poli dell'equinoziale. So che questo che dico, al presente è assai oscuro, ma vi si farà manifesto quando parleremo del terzo moto annuo assegnato dal Copernico alla Terra. Ora, quando questi quattro moti, tanto tra di loro incongruenti (li quali tutti per necessità converrebbe attribuire all'istesso corpo del Sole), si possano ridurre a un solo e semplicissimo, assegnato al Sole sopra un asse non mai alterabile, e che, senza innovar cosa veruna ne i movimenti per tanti altri rincontri assegnati al globo terrestre, si possa così agevolmente salvar tante stravaganti apparenze ne i movimenti delle macchie solari, par veramente che il partito non sia da recusarsi.

Questo, signor Simplicio, è quanto sin ora è sovvenuto all'amico nostro ed a me da potersi produrre, in esplicazion di questa apparenza, da i Copernicani e da i Tolemaici per mantenimento delle loro opinioni. Voi fatene quel capitale che il giudizio vostro vi persuade.

SIMP. Io mi conosco inabile a potermi intromettere in una decisione tanto importante; e quanto al concetto mio, me ne starò neutrale, con isperanza però che sia per venir tempo che, illuminati da più alte contemplazioni che non sono questi nostri umani discorsi, ci debba essere svelata la mente, e tolta via quella caligine che ora ce la tiene offuscata.

SAGR. Ottimo e santo è il consiglio al quale si attiene il signor Simplicio, e degno d'esser da tutti ricevuto e seguito, come quello che, derivando dalla somma sapienza e suprema autorità, solo può con sicurezza essere abbracciato. Ma per quanto è permesso di penetrare al discorso umano, contenendomi dentro a i termini delle conietture e delle ragioni probabili, dirò bene, un poco più resolutamente che non fa il signor Simplicio, non aver, tra quante sottigliezze io mai mi abbia sentite, incontrato mai cosa di maggior maraviglia al mio intelletto, né che più strettamente m'abbia allacciata la mente (trattone le pure geometriche ed aritmetiche dimostrazioni), di queste due conietture, prese l'una dalle stazioni e retrogradazioni de i cinque pianeti, e l'altra da queste stravaganze de i movimenti delle macchie solari: e perché mi pare che elleno tanto facilmente e lucidamente rendan la vera cagione di apparenze tanto stravaganti, mostrando come un solo semplice moto, mescolato con tanti altri pur semplici, ma tra di loro differenti, senza introdur difficultà alcuna, anzi con levar tutte quelle ch'accompagnano l'altra posizione, vo meco medesimo concludendo necessariamente bisognare che quelli che restano contumaci contro a questa dottrina, o non abbian sentite o non abbiano intese queste tanto manifestamente concludenti ragioni.

SALV. Io non gli attribuirò titolo né di concludenti né di non concludenti, attesoché, come altre volte ho detto, l'intenzion mia non è stata di risolver cosa veruna sopra così alta quistione, ma solo di proporre quelle ragioni naturali ed astronomiche le quali per l'una e per l'altra posizione possono da me addursi, lasciando ad altri la determinazione: la quale non dovrà in ultimo esser ambigua, attesoché, convenendo una delle due costituzioni esser necessariamente vera e l'altra necessariamente falsa, impossibil cosa è che (stando però tra i termini delle dottrine umane) le ragioni addotte per la parte vera non si manifestino altrettanto concludenti, quanto le in contrario vane ed inefficaci.

SAGR. Sarà dunque tempo che sentiamo le opposizioni del libretto delle conclusioni o disquisizioni, che il signor Simplicio ha riportato.

SIMP. Ecco il libro; ed ecco il luogo dove l'autore prima brevemente descrive il sistema mondano conforme alla posizion del Copernico, dicendo: Terram igitur una cum Luna totoque hoc elementari mundo Copernicus etc.

SALV. Fermate un poco, signor Simplicio, ché mi pare che questo autore in questo primo ingresso si dichiari molto poco intelligente della posizione la quale egli intraprende a voler confutare, mentre dice che il Copernico fa che la Terra insieme con la Luna va descrivendo in un anno l'orbe magno, movendosi da oriente verso occidente; cosa che, sì come è falsa ed impossibile, così non fu mai profferita da quello; ma ben la fa egli andare al contrario, dico da occidente verso oriente, cioè secondo l'ordine de i segni, onde tale apparisce poi esser il moto annuo del Sole, costituito immobile nel centro del zodiaco. Vedete troppa ardita confidenza di uno! mettersi alla confutazione della dottrina di un altro, ed ignorare i suoi primi fondamenti, sopra i quali s'appoggia la maggiore e più importante parte di tutta la fabrica. Questo è un cattivo principio per guadagnarsi credito appresso il lettore. Ma seguitiamo più avanti.

SIMP. Esplicato l'universal sistema, comincia a propor sue instanze contro a questo movimento annuo: e le prime son queste, ch' e' profferisce ironicamente ed in derisione del Copernico e de' suoi seguaci, scrivendo che in questa fantastica costituzione del mondo convien dir solennissime sciocchezze; cioè che 'l Sole, Venere e Mercurio son sotto alla Terra, e che le materie gravi vanno naturalmente all'in su e le leggiere all'in giù, e che Cristo, nostro Signore e Redentore, salì a gli inferi e scese in cielo, quando s'avvicinò al Sole, e che quando Iosuè comandò al Sole che si fermasse, la Terra si fermò o vero il Sole si mosse al contrario della Terra, e che quando il Sole è in Cancro, la Terra scorre per il Capricorno, e che i segni iemali fanno la state e gli estivali il verno, e che non le stelle alla Terra, ma la Terra alle stelle nasce e tramonta, e che l'oriente comincia in occidente e l'occidente in oriente, ed in somma che quasi tutto 'l corso del mondo si travolge.

SALV. Ogni cosa mi piace, fuor che l'aver mescolati luoghi della Sacra Scrittura, sempre veneranda e tremenda, tra queste puerizie pur troppo scurrili, e volsuto ferire con cose sacrosante chi, per ischerzo e da burla filosofando, non afferma né nega, ma, fatti alcuni presupposti o ipotesi, familiarmente ragiona.

SIMP. Veramente ha scandalezato me ancora e non poco, e massime co 'l soggiugner poi, che se bene i Copernichisti rispondono, benché assai stravoltamente, a queste e simili altre ragioni, non però potranno sodisfare e rispondere alle cose che seguono.

SALV. Quest'è poi peggio di tutto, perché mostra d'aver cose più efficaci e concludenti che le autorità delle Sacre Lettere. Ma, di grazia, riveriamo queste, e passiamo a i discorsi naturali ed umani: anzi pure, quando e' non produca tra le ragioni naturali cose di miglior senso che queste sin qui addotte, potremo lasciar da banda tutta questa impresa, perché io sicuramente non son per spender parola in rispondere a inezzie così scempie; e quello che egli dice, che i Copernichisti rispondono a queste instanze, è falsissimo, né si può credere che uomo alcuno si mettesse a consumar il tempo tanto inutilmente.

SIMP. Concorro io ancora nell'istesso giudizio: però sentiamo l'altre instanze, che egli arreca per molto più gagliarde. Ed ecco qui, come voi vedete, egli con calcoli esattissimi conclude, che quando l'orbe magno della Terra, nel quale il Copernico fa che ella scorra in un anno intorno al Sole, fusse come insensibile rispetto all'immensità della sfera stellata, secondo che l'istesso Copernico dice che bisogna porlo, converrebbe di necessità dire e confermare che le stelle fisse fussero per una distanza inimmaginabile lontane da noi, e che le minori di loro fussero più grandi che non è tutto l'istesso orbe magno, ed alcune altre maggiori assai di tutta la sfera di Saturno; moli veramente pur troppo vaste, ed incomprensibili ed incredibili.

SALV. Io già ho veduto una cosa simile portata da Ticone contro al Copernico, e non è ora che ho scoperta la fallacia, o per dir meglio le fallacie, di questo discorso, fabbricato sopra ipotesi falsissime e sopra un pronunziato del medesimo Copernico preso da i suoi contradittori con una puntualissima strettezza, come fanno quei litiganti che, avendo il torto nel merito principale della causa, si attaccano a una sola paroluzza incidentemente profferita dalla parte, e su quella strepitano senza prender sosta. E per vostra più chiara intelligenza, avendo il Copernico dichiarato quelle mirabili conseguenze che derivano dal movimento annuo della Terra ne gli altri pianeti, cioè le direzioni e retrogradazioni de i tre superiori in particolare, soggiunse che questa apparente mutazione (che più in Marte che in Giove, per esser Giove più lontano, e meno ancora in Saturno, per esser più lontano di Giove, si scorgeva) nelle stelle fisse restava insensibile, per la loro immensa lontananza da noi in comparazion della distanza di Giove o di Saturno. Qui si levano su gli avversarii di questa opinione, e presa quella nominata insensibilità del Copernico come posta da lui per cosa che realmente ed assolutamente sia nulla, e soggiugnendo che una stella fissa anco delle minori è pur sensibile poiché ella cade sotto il senso della vista, vengono calcolando, con l'intervento di altri falsi assunti, e concludendo, bisognare in dottrina del Copernico ammettere che una stella fissa sia maggiore assai che tutto l'orbe magno. Ora io, per discoprir la vanità di tutto questo progresso, mostrerò che dal porre che una stella fissa della sesta grandezza non sia maggior del Sole, si conclude con dimostrazion verace che la distanza di esse stelle fisse da noi viene ad esser tanta, che basta per far che in esse non apparisca notabile il movimento annuo della Terra, che ne i pianeti cagiona sì grandi ed osservabili variazioni; ed insieme partitamente mostrerò le gran fallacie ne gli assunti de gli avversarii del Copernico.

E prima, suppongo con l'istesso Copernico, e concordemente con gli avversarii, che il semidiametro dell'orbe magno, ch'è la distanza della Terra al Sole, contenga 1208 semidiametri di essa Terra; secondariamente pongo, con l'assenso de i medesimi e con la verità, il diametro apparente del Sole, nella sua mediocre distanza esser circa un mezo grado, cioè minuti primi 30, che sono 1800 secondi, cioè 108.000 terzi. E perché il diametro apparente d'una stella fissa della prima grandezza non è più di 5 secondi, cioè 300 terzi, ed il diametro di una fissa della sesta grandezza 50 terzi (e qui è il massimo errore de gli avversarii del Copernico), adunque il diametro del Sole contiene il diametro d'una fissa della sesta grandezza 2160 volte; e però quando si ponesse, una fissa della sesta grandezza esser realmente eguale al Sole, e non maggiore, che è il medesimo che dire quando si allontanasse il Sole tanto che il suo diametro si mostrasse una delle 2160 parti di quello che ci si mostra adesso, la distanza sua converrebbe esser 2160 volte maggiore di quello che è ora in effetto; che è quanto dire che la distanza delle fisse della sesta grandezza sia 2160 semidiametri dell'orbe magno. E perché la distanza del Sole dalla Terra contiene di comune assenso 1208 semidiametri di essa Terra, e la distanza delle fisse (come si è detto) 2160 semidiametri dell'orbe magno, adunque molto maggiore (cioè quasi il doppio) è il semidiametro della Terra in comparazione dell'orbe magno, che 'l semidiametro dell'orbe magno in relazione alla distanza della sfera stellata, e per ciò la diversità di aspetto nelle fisse, cagionata dal diametro dell'orbe magno, poco più osservabile può esser di quella che si osserva nel Sole, derivante dal semidiametro della Terra.

SAGR. Questa, per il primo scalino, fa un gran calare.

SALV. Fallo veramente; poi che una stella fissa della sesta grandezza, che al computo di questo autore bisognava, per mantenimento del detto del Copernico, che fusse grande quanto tutto l'orbe magno, co 'l porla solamente eguale al Sole, il qual Sole è minore assai della diecimilionesima parte di esso orbe magno, rende la sfera stellata tanto grande e alta, che basta per rimuovere l'instanza fatta contro esso Copernico.

SAGR. Fatemi, di grazia, questo computo.

SALV. Il computo è facile e brevissimo. Il diametro del Sole è undici semidiametri della Terra, ed il diametro dell'orbe magno contiene, de i medesimi, 2416, per detto comune delle parti; talché il diametro dell'orbe contiene quel del Sole 220 volte prossimamente: e perché le sfere sono tra di loro come i cubi de i lor diametri, facciamo il cubo di 220, che è 10.648.000, ed averemo l'orbe magno maggior del Sole dieci milioni seicentoquarant'ottomila volte; al qual orbe magno diceva quest'autore dover essere eguale una stella della sesta grandezza.

SAGR. L'error dunque di costoro consiste nell'ingannarsi sommamente nel prender il diametro apparente delle stelle fisse.

SALV. Cotesto è l'errore, ma non è solo: e veramente io resto grandemente ammirato come tanti astronomi, e pur di gran nome, quali sono Alfagrano, Albategno, Tebizio, e più modernamente i Ticoni, i Clavii, ed in somma tutti i predecessori al nostro Accademico, si sien così altamente ingannati nel determinar le grandezze di tutte le stelle, tanto fisse quanto mobili, trattine i dua luminarii, né abbiano posto cura alla irradiazione avventizia, che ingannevolmente le mostra cento e più volte maggiori che quando si veggono senza crini. E non si può scusare questa loro inavvertenza perché era in lor potestà il vederle a lor piacimento senza i crini, ché basta guardarle nella lor prima apparizion della sera o ultima occultazion dell'aurora; e se non altro, Venere, che pure spesse volte si vede di mezo giorno così piccola che ben bisogna aguzzar la vista, e che pur poi nella seguente notte comparisce una grandissima fiaccola, gli doveva fare accorti della lor fallacia: che non crederò già che eglino stimassero, il vero disco esser quello che si mostra nelle profonde tenebre, e non quello che si scorge nell'ambiente luminoso, perché i nostri lumi, che veduti la notte di lontano appariscon grandi, e da vicino mostrano la lor vera fiammella terminata e piccola, potevano a sufficienza fargli cauti. Anzi, s'io devo liberamente dire il mio parere, credo assolutamente che nessun di costoro, né anco Ticone stesso, tanto accurato nel maneggiare strumenti astronomici, e che tanto grandi ed esatti, senza rispiarmo di spese grandissime, ne fabbricò, si sieno messi mai a voler prendere e misurare l'apparente diametro d'alcuna stella, trattone il Sole e la Luna; ma penso che arbitrariamente, e come si dice a occhio, uno di loro de i più antichi pronunziasse la cosa esser così, e che i seguaci poi senza altro riscontro se ne sieno stati al primo detto: ché quando alcuno di loro si fusse applicato al farne qualche riprova, si sarebbe senza dubbio accorto dell'inganno.

SAGR. Ma se eglino mancavano del telescopio, e voi di già avete detto che l'amico nostro con tale strumento è venuto in cognizione della verità, devono gli altri restare scusati, e non accusati di negligenza.

SALV. Questo seguirebbe, quando senza 'l telescopio non si potesse ottenere l'intento. È vero che tale strumento, co 'l mostrar il disco della stella nudo ed ingrandito cento e mille volte, rende l'operazione più facile assai, ma si può anco senza lo strumento conseguir, se ben non così esattamente, l'istesso; ed io più volte l'ho fatto, e 'l modo che ho tenuto è questo. Ho fatto pendere una cordicella verso qualche stella, ed io mi son servito della Lira, che nasce tra settentrione e greco, e poi con l'appressarmi e slontanarmi da essa corda, traposta tra me e la stella, ho trovato il posto dal quale la grossezza della corda puntualmente mi nasconde la stella; fatto questo, ho preso la lontananza dall'occhio alla corda, che viene a esser un de' lati che comprendon l'angolo che si forma nell'occhio e che insiste sopra la grossezza della corda, e che è simile, anzi l'istesso, che l'angolo che nella sfera stellata insiste sopra il diametro della stella, e dalla proporzione della grossezza della corda alla distanza dall'occhio alla corda, con la tavola de gli archi e corde, ho immediatamente trovata la quantità dell'angolo; usando però la solita cautela che si osserva nel prendere angoli così acuti, di non formare il concorso de' raggi visuali nel centro dell'occhio, dove non vanno se non refratti, ma oltre all'occhio, dove realmente la grandezza della pupilla gli manda a concorrere.

SAGR. Capisco questa cautela, se ben vi ho un non so che di dubbio; ma quel che mi dà più fastidio è che in questa operazione, quando si faccia nelle tenebre della notte, mi par che si misuri il diametro del disco irraggiato, e non il vero e nudo della stella.

SALV. Signor no, perché la corda nel coprir il nudo corpicello della stella leva via i capelli, che non son suoi ma del nostro occhio, de i quali riman privo subito che se gli nasconde il vero disco; e voi, nel far l'osservazione, vedrete come inaspettatamente vi si cuopre da una sottil cordicella quella assai gran fiaccola che pareva non doversi nascondere se non doppo ostacolo assai maggiore. Per misurar poi esattissimamente e ritrovar quante di tali grossezze di corda entrino nella distanza dell'occhio, piglio non un solo diametro della corda, ma accoppiando molti pezzi della medesima sopra una tavola, sì che si tocchino, prendo con un compasso tutto lo spazio occupato da 15 o 20 di loro, e con tal misura misuro la lontananza, già con altro più sottil filo presa, dalla corda al concorso de' raggi visuali. E con questa assai esatta operazione trovo, il diametro apparente d'una fissa della prima grandezza, stimato comunemente 2 minuti primi, ed anco 3 minuti prima da Ticone nelle sue Lettere Astronomiche, fac. 167, non esser più di 5 secondi, che è una delle 24 o delle 36 parti di quello che essi han creduto: or vedete sopra che gravi errori son fondate le lor dottrine.

SAGR. Veggo e comprendo benissimo; ma prima che passar più oltre, vorrei proporre il dubbio che mi nasce nel ritrovare il concorso de' raggi visuali oltre all'occhio, quando si rimirano oggetti compresi sotto angoli molto acuti. E la difficultà mia procede dal parermi che tal concorso possa essere or più lontano ed or meno, e questo non tanto mediante la maggiore o minor grandezza dell'oggetto che si riguarda, quanto che nel riguardare oggetti dell'istessa grandezza mi pare che 'l concorso de' raggi per certo altro rispetto deva farsi più e meno remoto dall'occhio.

SALV. Già veggo dove tende la perspicacità del signor Sagredo, diligentissimo osservatore delle cose della natura: e farei ben qualsivoglia scommessa, che tra mille che hanno osservato ne' gatti strignersi ed allargarsi assaissimo la pupilla dell'occhio, non ve ne sono due, né forse uno che abbia osservato, un simile effetto farsi dalle pupille de gli uomini nel guardare, mentre il mezo sia molto o poco illuminato, e che nella aperta luce il cerchietto della pupilla si diminuisce assai; sì che nel riguardare il disco del Sole si riduce a una piccolezza minore di un grano di panico, che nel mirare oggetti non risplendenti, e dentro a mezo men chiaro, si allarga alla grandezza di una lente o più; ed in somma questo allargamento e strignimento si diversifica più assai che in decupla proporzione: dal che è manifesto che quando la pupilla è dilatata molto, è necessario che l'angolo del concorso de' raggi sia più remoto dall'occhio; il che accade nel riguardare gli oggetti poco luminosi. Dottrina somministratami nuovamente dal signor Sagredo: per la quale, quando si abbia a fare un'osservazione esattissima e di gran conseguenza, venghiamo avvertiti a dover fare l'investigazione di tal concorso nell'atto dell'istessa o di molto simile operazione: ma in questa, per manifestar l'errore de gli astronomi, non vi è necessaria tanta accuratezza, perché, quando anco a favor della parte noi supponessimo tal concorso farsi sopra l'istessa pupilla, poco importerebbe, per esser la fallacia loro tanto grande Non so, signor Sagredo, se questo voleva essere il vostro motivo.

SAGR. Quest'è per appunto, ed ho caro che non sia stato irragionevole, come m'assicura l'essermi incontrato con voi; ma ben con questa occasione sentirei volentieri in che modo si possa investigare la distanza del concorso de' raggi visuali.

SALV. Il modo è assai facile, ed è tale. Lo piglio due strisce di carta, una nera e l'altra bianca, e fo la nera larga per la metà della bianca; attacco poi la bianca in un muro, e lontana da essa fermo l'altra sopra una bacchetta o altro sostegno, in distanza di 15 o 20 braccia: e allontanandomi da questa seconda per altrettanto spazio per la medesima dirittura, chiara cosa è che in tal lontananza concorrerebbono le linee rette che, partendosi da i termini della larghezza della bianca, passassero toccando la larghezza dell'altra striscia posta in mezo: onde ne séguita, che quando in tal concorso si ponesse l'occhio, la striscia nera di mezo asconderebbe precisamente la bianca opposta, quando la vista si facesse in un sol punto; ma se noi troveremo che l'estremità della striscia bianca apparisca scoperta, sarà necessario argomento che non da un punto solo escono i raggi visuali. E per far che la striscia bianca resti occultata dalla nera, bisognerà avvicinar l'occhio: accostatolo, dunque, tanto che la striscia di mezo occupi la remota, e notato quanto è bisognato avvicinarsi, sarà la quantità di tale avvicinamento misura certa di quanto il vero concorso de' raggi visuali si fa remoto dall'occhio in tale operazione, ed averemo di più il diametro della pupilla, o vero di quel foro onde escono i raggi visuali; imperocché tal parte sarà egli della larghezza della carta nera, qual è la distanza dal concorso delle linee che si produssero per l'estremità delle carte al luogo dove stette l'occhio quando prima vedde occultarsi la carta remota dall'intermedia, qual è, dico, tal distanza della lontananza tra le due carte. E però, quando volessimo con esquisitezza misurare il diametro apparente d'una stella, fatta l'osservazione nel modo sopradetto, bisognerebbe far paragone del diametro della corda co 'l diametro della pupilla; e trovato verbigrazia, il diametro della corda esser quadruplo di quei della pupilla, e la distanza dell'occhio alla corda esser, per esempio, 30 braccia, diremo il vero concorso delle linee prodotte da i termini del diametro della stella per i termini del diametro della corda andare a concorrer lontane dalla corda 40 braccia: ché così sarà osservata come si deve la proporzione tra la distanza della corda al concorso delle dette linee e la distanza da tal concorso e 'l luogo dell'occhio, che debbe esser la medesima che cade tra 'l diametro della corda e 'l diametro della pupilla.

SAGR. Ho inteso benissimo, e però sentiamo quel che adduce il signor Simplicio in difesa de gli avversarii del Copernico.


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