Giornata Quarta


SAGR. Non so se il ritorno vostro a i soliti ragionamenti sia realmente stato più tardo del consueto, o pur se 'l desiderio di sentire i pensieri del signor Salviati intorno a materia tanto curiosa me l'abbia fatto parer tale. Mi sono per una grossa ora trattenuto alla finestra, aspettando di momento in momento di vedere spuntar la gondola, che avevo mandato a levarvi.

SALV. Credo veramente che l'imaginazion vostra, più che la nostra tardanza, abbia allungato il tempo; e per non lo prolungar più, sarà bene che, senza interporre altre parole, venghiamo al fatto, e mostriamo come la natura ha permesso (o sia che la cosa in rei veritate stia così, o pur per ischerzo e quasi per pigliarsi giuoco de' nostri ghiribizzi), ha, dico, permesso, che i movimenti, per ogni altro rispetto che per sodisfare al flusso e reflusso del mare attribuiti gran tempo fa alla Terra, si trovino ora tanto aggiustatamente servire alla causa di quello, e come vicendevolmente il medesimo flusso e reflusso comparisca a confermare la terrestre mobilità: gli indizii della quale sin ora si son presi dalle apparenze celesti, essendo che delle cose che accaggiono in Terra, nessuna era potente a stabilir più questa che quella sentenza, sì come a lungo abbiamo già esaminato, con mostrare che tutti gli accidenti terreni, per i quali comunemente si tiene la stabilità della Terra e mobilità del Sole e del firmamento, devono apparire a noi farsi sotto le medesime sembianze posta la mobilità della Terra e fermezza di quelli; il solo elemento dell'acqua, come quello che è vastissimo e che non è annesso e concatenato al globo terrestre, come sono tutte l'altre sue parti solide, anzi che per la sua fluidezza resta in parte sui iuris e libero, rimane, tra le cose sullunari, nel quale noi possiamo riconoscere qualche vestigio ed indizio di quel che faccia la Terra in quanto al moto o alla quiete. Io, doppo aver più e più volte meco medesimo esaminati gli effetti ed accidenti, parte veduti e parte intesi da altri, che ne i movimenti dell'acque si osservano, e più lette e sentite le gran vanità prodotte da molti per cause di tali accidenti, mi son quasi sentito non leggiermente tirare ad ammettere queste due conclusioni (fatti però i presupposti necessari): che quando il globo terrestre sia immobile, non si possa naturalmente fare il flusso e reflusso del mare; e che quando al medesimo globo si conferiscano i movimenti già assegnatili, è necessario che il mare soggiaccia al flusso e reflusso, conforme a tutto quello che in esso viene osservato.

SAGR. La proposizione è grandissima, sì per se stessa, sì per quello ch'ella si tira in conseguenza; onde io tanto più attentamente ne starò a sentire la dichiarazione e confermazione.

SALV. Perché nelle questioni naturali, delle quali questa, che abbiamo alle mani, ne è una, la cognizione de gli effetti è quella che ci conduce all'investigazione e ritrovamento delle cause, e senza quella il nostro sarebbe un camminare alla cieca, anzi più incerto, poiché non sapremmo dove riuscir ci volessimo, che i ciechi almeno sanno dove e' vorrebber pervenire; però innanzi a tutte l'altre cose è necessaria la cognizione de gli effetti de' quali ricerchiamo le cagioni: de' quali effetti voi, signor Sagredo, e più abbondantemente e più sicuramente dovete esser informato che io non sono, come quello che, oltre all'esser nato e per lungo tempo dimorato in Venezia, dove i flussi e reflussi sono molto notabili per la lor grandezza, avete ancora navigato in Soria, e, come ingegno svegliato e curioso, dovete aver fatte molte osservazioni; dove che a me, che solamente ho potuto osservare per qualche tempo, benché breve, quello che accade qui in quest'estremità del golfo Adriatico e nel nostro mar di sotto, intorno alle spiagge del Tirreno, conviene di molte cose starmene alle relazioni di altri, le quali, essendo per lo più non ben concordi, e per conseguenza assai incerte, confusione più tosto che confermazione possono arrecare alle nostre specolazioni. Tuttavia da quelle che aviamo sicure, e che son anco le principali, parmi di poter pervenire al ritrovamento delle vere cause e primarie; non mi arrogando di potere addur tutte le ragioni proprie ed adequate di quelli effetti che mi giugnesser nuovi, e che in conseguenza io non potessi avervi pensato sopra. E quello che io son per dire, lo propongo solamente come una chiave che apra la porta di una strada non mai più calpestata da altri, con ferma speranza che ingegni più specolativi del mio siano per allargarsi e penetrar più oltre assai di quello che avrò fatto io in questa mia prima scoperta: ed ancor che in altri mari, da noi remoti, possano accadere de gli accidenti che nel nostro Mediterraneo non accaggiono, non per questo resterà di esser vera la ragione e la causa ch'io produrrò, tuttavoltaché ella si verifichi e pienamente sodisfaccia a gli accidenti che seguono nel mar nostro; perché finalmente una sola ha da esser la vera e primaria causa de gli effetti che son del medesimo genere. Dirò dunque l'istoria de gli effetti ch'io so esser veri, e assegneronne la cagione da me creduta vera; e voi altri, signori, ne produrrete de gli altri noti a voi, oltre a i miei, e poi faremo prova se la causa da me addotta possa a quelli ancora sodisfare.

Dico dunque, tre esser i periodi che si osservano ne i flussi e reflussi dell'acque marine. Il primo e principale è questo grande e notissimo, cioè il diurno, secondo il quale con intervalli di alcune ore l'acque si alzano e si abbassano; e questi intervalli sono per lo più nel Mediterraneo di 6 in 6 ore in circa, cioè per 6 ore alzano e per altre 6 abbassano. Il secondo periodo è mestruo, e par che tragga origine dal moto della Luna; non che ella introduca altri movimenti, ma solamente altera la grandezza de i già detti, con differenza notabile secondo che ella sarà piena o scema o alla quadratura co 'l Sole. Il terzo periodo è annuo, e mostra depender dal Sole, alterando pur solamente i movimenti diurni, con rendergli, ne' tempi de' solstizii, diversi, quanto alla grandezza, da quel che sono ne gli equinozii.

Parleremo prima del periodo diurno, come quello che è il principale, e sopra 'l quale par che secondariamente esercitino loro azione la Luna e 'l Sole, con loro mestrue ed annue alterazioni. Tre diversità si osservano in queste mutazioni orarie: imperocché in alcuni luoghi le acque si alzano ed abbassano, senza far moto progressivo; in altri, senza alzarsi né abbassarsi, si muovono or verso levante ed or ricorrono verso ponente; ed in altri variano l'altezze e variano il corso ancora, come accade qui in Venezia, dove l'acque entrando alzano, e nell'uscire abbassano: e questo fanno all'estremità delle lunghezze de i golfi che si distendono da occidente in oriente e terminano in ispiagge, sopra le quali l'acqua nell'alzarsi ha campo di potersi spargere; che quando il corso gli fusse intercetto da montagne o argini molto rilevati, quivi si alzerebbero ed abbasserebbero senza moto progressivo. Corrono poi e ricorrono, senza mutare altezza, nelle parti di mezzo, come accade notabilissimamente nel Faro di Messina tra Scilla e Cariddi, dove le correnti, per la strettezza del canale, sono velocissime, ma ne i mari più aperti e intorno all'isole di mezo, come sono le Baleariche, la Corsica, la Sardigna, l'Elba, la Sicilia verso la parte di Affrica, Malta Candia etc., le mutazioni di altezza sono piccolissime, ma ben notabili le correnti, e massime dove il mare tra l'isole, o tra esse e 'l continente, si ristrigne.

Ora, questi soli effetti veraci e certi, quando altro non si vedesse, parmi che assai probabilmente persuadano, a chiunque voglia star dentro a i termini naturali, a conceder la mobilità della Terra; imperocché ritener fermo il vaso del Mediterraneo, e far che l'acqua, che in esso si contiene, faccia questo che fa, supera la mia immaginazione, e forse quella di ogn'altro che oltre alla scorza s'internerà in tale specolazione.

SIMP. Questi accidenti, signor Salviati, non cominciano adesso; sono antichissimi, e stati osservati da infiniti, e molti si sono ingegnati di renderne chi una e chi un'altra ragione; e non è molte miglia lontano di qui un gran Peripatetico, che ne adduce una causa nuovamente espiscata da certo testo di Aristotile, non bene avvertito da' suoi interpreti, dal qual testo ei raccoglie, la vera causa di questi movimenti non derivar d'altronde che dalle diverse profondità de' mari: imperocché l'acque delle più alte profondità, essendo maggiori in copia, e per ciò più gravi, discacciano l'acque de' minor fondi, le quali poi, sollevate, voglion descendere; e da questo continuo combattimento deriva il flusso e reflusso. Quelli poi che referiscon ciò alla Luna, son molti, dicendo che ella ha particolar dominio sopra l'acqua: ed ultimamente certo prelato ha pubblicato un trattatello, dove dice che la Luna, vagando per il cielo, attrae e solleva verso di sé un cumolo d'acqua, il quale la va continuamente seguitando, sì che il mare alto è sempre in quella parte che soggiace alla Luna; e perché quando essa è sotto l'orizonte, pur tuttavia ritorna l'alzamento, dice che non si può dir altro, per salvar tal effetto, se non che la Luna non solo ritiene in sé naturalmente questa facultà, ma in questo caso ha possanza di conferirla a quel grado del zodiaco, che gli è opposto. Altri, come credo che sappiate, dicono pur che la Luna ha possanza, co 'l suo temperato calore, di rarefar l'acqua, la quale, rarefatta, viene a sollevarsi. Non ci è mancato anco chi...

SAGR. Di grazia, signor Simplicio, non ce ne riferite più, ché non mi pare che metta conto di consumare il tempo nel referirle, né meno le parole per confutarle; e voi, quando ad alcuna di queste o simili leggerezze prestaste l'assenso, fareste torto al vostro giudizio, che pur lo conosciamo per molto purgato.

SALV. Io, che sono un poco più flemmatico di voi, signor Sagredo, spenderò pur cinquanta parole in grazia del signor Simplicio, se forse egli stimasse, nelle cose da lui raccontate ritrovarsi qualche probabilità. Dico per tanto: L'acque, signor Simplicio, che hanno più alta la loro superficie esteriore, discacciano quelle che gli sono inferiori e più basse; ma ciò non fanno già le più alte di profondità; e le più alte, scacciate che hanno le più basse, in breve si quietano e si librano. Bisogna che questo vostro Peripatetico creda che tutti i laghi del mondo che stanno in quiete, e tutti i mari dove il flusso e reflusso è insensibile, abbiano i letti loro egualissimi; ed io era sì semplice, che mi persuadevo che, quando altro scandaglio non ci fusse, l'isole, che sopravanzano sopra l'acque, fussero assai manifesto indizio dell'inegualità de i fondi. A quel prelato potreste dire che la Luna scorre ogni giorno sopra tutto 'l Mediterraneo, né però si sollevano le acque salvo che nelle sue estremità orientali e qui a noi in Venezia. A quelli del calor temperato, potente a far rigonfiar l'acqua, dite che pongano il fuoco sotto di una caldaia piena d'acqua, e che vi tengan dentro la man destra sin che l'acqua per il caldo si sollevi un sol dito, e poi la cavino, e scrivano del rigonfiamento del mare; o dimandategli almeno che vi insegnino come fa la Luna a rarefar certa parte dell'acque e non il rimanente, come dir queste qui di Venezia, e non quelle d'Ancona, di Napoli o di Genova. È forza dire che gl'ingegni poetici sieno di due spezie: alcuni, destri ed atti ad inventar le favole; ed altri, disposti ed accomodati a crederle.

SIMP. Io non penso che alcuno creda le favole mentre che per tali le conosce: e delle opinioni intorno alle cagioni del flusso e reflusso, che son molte, perché so che di un effetto una sola è la cagione primaria e vera, intendo benissimo e son sicuro che una sola al più potrebbe esser vera, ma tutto il resto so che son favolose e false; e forse anco la vera non è tra quelle che sin ora son state prodotte: anzi così credo esser veramente, perché gran cosa sarebbe che 'l vero potesse aver sì poco di luce, che nulla apparisse tra le tenebre di tanti falsi. Ma dirò bene, con quella libertà che tra noi è permessa, che l'introdurre il moto della Terra e farlo cagione del flusso e reflusso mi sembra sin ora un concetto non men favoloso di quanti altri io me n'abbia sentiti; e quando non mi fusser porte ragioni più conformi alle cose naturali, senza veruna repugnanza passerei a credere, questo essere un effetto sopra naturale, e per ciò miracoloso e imperscrutabile da gl'intelletti umani, come infiniti altri ce ne sono, dependenti immediatamente dalla mano onnipotente di Dio.

SALV. Voi discorrete molto prudentemente, e conforme anco alla dottrina d'Aristotile, che sapete come nel principio delle sue Quistioni Meccaniche attribuisce a miracolo le cose delle quali le cagioni sono occulte: ma che la causa vera del flusso e reflusso sia delle impenetrabili, non credo che ne abbiate indizio maggiore che il vedere come, tra tutte quelle che sin qui sono state prodotte per vere cagioni, nessuna ve ne è con la quale, per qualunque artifizio si adoperi, si possa rappresentar da noi un simile effetto; attesoché né con lume di Luna o di Sole, né con caldi temperati, né con diverse profondità, mai non si farà artifiziosamente correre e ricorrere, alzarsi ed abbassarsi, in un luogo sì ed in altri no, l'acqua contenuta in un vaso immobile. Ma se co 'l far muovere il vaso, senza artifizio nessuno, anzi semplicissimamente, io vi posso rappresentar puntualmente tutte quelle mutazioni che si osservano nell'acque marine, perché volete voi ricusar questa cagione e ricorrere al miracolo?

SIMP. Voglio ricorrere al miracolo se voi con altre cause naturali che co 'l moto de i vasi dell'acque marine non me ne rimovete, perché so che tali vasi non si muovono, essendo che tutto l'intero globo terrestre è naturalmente immobile.

SALV. Ma non credete voi che il globo terrestre potesse sopranaturalmente, cioè per l'assoluta potenza di Dio, farsi mobile?

SIMP. E chi ne dubita?

SALV. Adunque, signor Simplicio, già che per fare il flusso e reflusso del mare ci è bisogno d'introdurre il miracolo, facciamo miracolosamente muover la Terra, al moto della quale si muova poi naturalmente il mare: e questa operazione sarà anco tanto più semplice, e dirò naturale, tra le miracolose, quanto il far muovere in giro un globo, de' quali ne veggiamo tanti altri muoversi, è men difficile che 'l fare andar innanzi e in dietro, dove più velocemente e dove meno, alzarsi ed abbassarsi, dove più e dove meno e dove niente, una immensa mole d'acqua, e tutte queste diversità farle nell'istesso vaso che la contiene, oltre che questi son molti miracoli diversi, e quello è un solo. Ed aggiugnete di più, che 'l miracolo del far muover l'acqua se ne tira un altro in conseguenza, che è il ritener ferma la Terra contro a gli impulsi dell'acqua, potenti a farla vacillare or verso questa ed or verso quella parte, quando miracolosamente non venga ritenuta.

SAGR. Di grazia, signor Simplicio, sospendiam per un poco il nostro giudizio circa il sentenziar per vana la nuova opinione che ci vuol esplicare il signor Salviati, e non la mettiamo così presto in mazzo con le vecchie ridicolose: e quanto al miracolo, ricorriamovi parimente doppo che avremo sentito i discorsi contenuti dentro a i termini naturali; se ben, per dire il mio senso, a me si rappresentano miracolose tutte l'opere della natura e di Dio.

SALV. Ed io stimo il medesimo; né il dire che la cagion naturale del flusso e reflusso sia il movimento della Terra toglie che questa sia operazion miracolosa. Ora, ripigliando il nostro ragionamento, replico e raffermo, esser sin ora ignoto come possa essere che l'acque contenute dentro al nostro seno Mediterraneo facciano quei movimenti che far se gli veggono, tuttavoltaché l'istesso seno e vaso contenente resti immobile; e quello che fa la difficultà, e rende questa materia inestricabile, sono le cose che dirò appresso, e che giornalmente si osservano. Però notate.

Siamo qui in Venezia, dove ora sono l'acque basse ed il mar quieto e l'aria tranquilla: comincia l'acqua ad alzarsi ed in termine di 5 o 6 ore ricresce dieci palmi e più: tale alzamento non è fatto dalla prima acqua, che si sia rarefatta, ma è fatto per acqua nuovamente venutaci, acqua della medesima sorte che era la prima, della medesima salsedine, della medesima densità, del medesimo peso: i navilii, signor Simplicio, vi galleggiano come nella prima, senza demergersi un capello di più; un barile di questa seconda non pesa un sol grano più né meno che altrettanta quantità dell'altra; ritiene la medesima freddezza, non punto alterata: è in somma acqua nuovamente e visibilmente entrata per i tagli e bocche del Lio. Trovatemi ora voi come e donde ell'è qua venuta. Son forse qui intorno voragini o meati nel fondo del mare, per le quali la Terra attragga e rinfonda l'acqua, respirando quasi immensa e smisurata balena? Ma se questo è, come nello spazio di 6 ore non si alza l'acqua parimente in Ancona, in Ragugia, in Corfù, dove il ricrescimento è piccolissimo e forse inosservabile? chi ritroverà modo di infondere nuova acqua in un vaso immobile, e far che solamente in una determinata parte di esso ella si alzi ed altrove no? Direte forse, questa nuova acqua venirgli prestata dall'Oceano, porgendogliela per lo stretto di Gibelterra? questo non torrà le difficoltà già dette, ed arrecheranne delle maggiori. E prima, ditemi qual deva essere il corso di quell'acqua, che, entrando per lo stretto, si conduca in 6 ore sino all'estreme spiagge del Mediterraneo, in distanza di due e tremila miglia, e che il medesimo spazio ripassi in altrettanto tempo nel suo ritorno? che faranno i navilii sparsi pe 'l mare? che quelli che fussero nello stretto, in un precipizio continuo di un'immensa copia di acque, che, entrando per un canale largo non più di 8 miglia, abbia a dare il transito a tant'acqua che in 6 ore allaghi uno spazio di centinaia di miglia per larghezza e migliaia per lunghezza? qual tigre, qual falcone, corse o volò mai con tanta velocità? con velocità, dico, da far 400 e più miglia per ora. Sono (né si nega) le correnti per la lunghezza del Golfo, ma così lente che i vasselli da remi le superano, se ben non senza scapito del loro viaggiare. In oltre, se quest'acqua viene per lo stretto, resta pur l'altra difficoltà, cioè come si conduca ad alzar qui tanto, in parti così remote, senza prima alzar per simile o maggiore altezza nelle parti più propinque. In somma non credo che né ostinazione né sottigliezza d'ingegno possa ritrovar mai ripiego a queste difficoltà, né in conseguenza sostener contro di esse la stabilità della Terra, contenendosi dentro a i termini naturali.

SAGR. Di questo resto io sin ora benissimo capace, e sto con avidità attendendo di sentire in qual modo queste maraviglie possono seguire senza intoppo da i moti già assegnati alla Terra.

SALV. Come questi effetti abbiano a venire in conseguenza de i movimenti che naturalmente convengano alla Terra, è necessario che non solamente non trovino repugnanza o intoppo, ma che seguano facilmente, e non solo che seguano con facilità, ma con necessità, sì che impossibil sia il succedere in altra maniera; ché tale è la proprietà e condizione delle cose naturali e vere. Stabilita dunque l'impossibilità del poter render ragione de i movimenti che si scorgono nell'acque, ed insieme mantenere l'immobilità del vaso che le contiene, passiamo a vedere se la mobilità del contenente possa ella produrre l'effetto condizionato nella maniera che si osserva seguire.

Due sorte di movimenti posson conferirsi ad un vaso, per li quali l'acqua, che in esso fusse contenuta, acquistasse facultà di scorrere in esso or verso l'una or verso l'altra estremità, e quivi ora alzarsi ed ora abbassarsi. Il primo sarebbe quando or l'una or l'altra di esse estremità si abbassasse, perché allora l'acqua, scorrendo verso la parte inclinata, vicendevolmente ora in questa ed ora in quella s'alzerebbe ed abbasserebbe. Ma perché questo alzarsi ed abbassarsi non è altro che discostarsi ed avvicinarsi al centro della Terra, tal sorta di movimento non può attribuirsi alle concavità della medesima Terra, che sono i vasi contenenti l'acque, le parti de' quali vasi, per qualunque moto che si attribuisse al globo terrestre, né si possono avvicinare né allontanare dal centro di quello. L'altra sorta di movimento è quando il vaso si muovesse (senza punto inclinarsi) di moto progressivo, non uniforme, ma che cangiasse velocità, con accelerarsi talvolta ed altra volta ritardarsi: dalla qual difformità seguirebbe che l'acqua, contenuta sì nel vaso, ma non fissamente annessa, come l'altre sue parti solide, anzi, per la sua fluidezza, quasi separata e libera e non obbligata a secondar tutte le mutazioni del suo continente, nel ritardarsi il vaso, ella, ritenendo parte dell'impeto già concepito, scorrerebbe verso la parte precedente, dove di necessità verrebbe ad alzarsi; ed all'incontro, quando sopraggiugnesse al vaso nuova velocità, ella, con ritener parte della sua tardità, restando alquanto indietro, prima che abituarsi al nuovo impeto resterebbe verso la parte susseguente, dove alquanto verrebbe ad alzarsi: i quali effetti possiamo più apertamente dichiarare e manifestare al senso con l'esempio di una di queste barche le quali continuamente vengono da Lizzafusina, piene d'acqua dolce per uso della città. Figuriamoci dunque una tal barca venirsene con mediocre velocità per la Laguna, portando placidamente l'acqua della quale ella sia piena, ma che poi, o per dare in secco o per altro impedimento che le sia opposto, venga notabilmente ritardata; non perciò l'acqua contenuta perderà, al pari della barca, l'impeto già concepito, ma, conservandoselo, scorrerà avanti verso la prua, dove notabilmente si alzerà, abbassandosi dalla poppa: ma se, per l'opposito, all'istessa barca nel mezo del suo placido corso verrà con notabile agumento aggiunta nuova velocità, l'acqua contenuta, prima di abituarsene, restando nella sua lentezza, rimarrà indietro, cioè verso la poppa, dove in conseguenza si solleverà, abbassandosi dalla prua. Questo effetto è indubitato e chiaro, e puossi a tutte l'ore esperimentare; nel quale voglio che notiamo per adesso tre particolari. Il primo è, che per fare alzar l'acqua in una dell'estremità del vaso, non ci è bisogno di nuova acqua, né che ella vi corra partendosi dall'altra estremità. Il secondo è, che l'acqua di mezo non si alza né abbassa notabilmente, se già il corso della barca non fusse velocissimo, e l'urto o altro ritegno che la ritenesse, gagliardissimo e repentino, nel qual caso potrebbe anco tutta l'acqua non pure scorrer avanti, ma per la maggior parte saltar fuor della barca; e l'istesso anco farebbe quando, mentre ella lentamente camminasse, improvvisamente gli sopraggiugnesse un impeto violentissimo: ma quando ad un suo moto quieto sopraggiunga mediocre ritardamento o incitazione, le parti di mezo (come ho detto) inosservabilmente si alzano e si abbassano; e le altre parti, secondo che son più vicine al mezo, meno si alzano, e più le più lontane. Il terzo è, che dove le parti intorno al mezo poca mutazione fanno nell'alzarsi ed abbassarsi rispetto all'acque delle parti estreme, all'incontro scorron molto innanzi e in dietro, in comparazion dell'estreme. Ora, signori miei, quello che fa la barca rispetto all'acqua contenuta da essa, e quello che fa l'acqua contenuta rispetto alla barca, sua contenente, è l'istesso a capello che quel che fa il vaso Mediterraneo rispetto l'acque da esso contenute, e che fanno l'acque contenute rispetto al vaso Mediterraneo, lor contenente. Séguita ora che dimostriamo, come ed in qual maniera sia vero che il Mediterraneo e tutti gli altri seni, ed in somma tutte le parti della Terra, si muovano di moto notabilmente difforme, benché movimento nessuno che regolare ed uniforme non sia, venga a tutto l'istesso globo assegnato.

SIMP. Questo, nel primo aspetto, a me che non sono né matematico né astronomo, ha sembianza di un gran paradosso; e quando sia vero che, sendo il movimento del tutto regolare, quel delle parti, restando sempre congiunte al suo tutto, possa essere irregolare, il paradosso distruggerà l'assioma che afferma, eandem esse rationem totius et partium.


Seguito della Giornata Quarta

Pagine della Giornata Quarta:

1

2345


Torna alla pagina del Dialogo.