Giornata Quarta (segue dalla pagina precedente)

SALV. Io dimostrerò il mio paradosso, ed a voi, signor Simplicio, lascerò il carico di difender l'assioma da esso, o di mettergli d'accordo; e la mia dimostrazione sarà breve e facilissima, dependente dalle cose lungamente trattate ne i nostri passati ragionamenti, senza indur né pure una minima sillaba in grazia del flusso e reflusso.

Due aviamo detto essere i moti attribuiti al globo terrestre: il primo, annuo, fatto dal suo centro per la circonferenza dell'orbe magno sotto l'ecclittica secondo l'ordine de' segni, cioè da occidente verso oriente; l'altro, fatto dall'istesso globo, rivolgendosi intorno al proprio centro in ventiquattr'ore, e questo parimente da occidente verso oriente, benché circa un asse alquanto inclinato e non equidistante a quello della conversione annua. Dalla composizione di questi due movimenti, ciascheduno per se stesso uniforme, dico resultare un moto difforme nelle parti della Terra: il che, acciò più facilmente s'intenda, dichiarerò facendone la figura.

E prima, intorno al centro A descriverò la circonferenza dell'orbe magno B C, nella quale preso qualsivoglia punto B, circa esso, come centro, descriveremo questo minor cerchio DEFG, rappresentante il globo terrestre; il quale intenderemo discorrer per tutta la circonferenza dell'orbe magno co 'l suo centro B da ponente verso levante, cioè dalla parte B verso C: ed oltre a ciò intenderemo il globo terrestre volgersi intorno al proprio centro B, pur da ponente verso levante, cioè secondo la successione de i punti D, E, F, G, nello spazio di ventiquattr'ore. Ma qui doviamo attentamente notare, come rigirandosi un cerchio intorno al proprio centro, qualsivoglia parte di esso convien muoversi in diversi tempi di moti contrarii: il che è manifesto considerando che mentre le parti della circonferenza intorno al punto D si muovono verso la sinistra, cioè verso E, le opposte, che sono intorno all'F, acquistano verso la destra, cioè verso G, talché quando le parti D saranno in F, il moto loro sarà contrario a quello che era prima, quando era in D; in oltre, nell'istesso tempo che le parti E descendono, per così dire, verso F, le G ascendono verso D. Stante dunque tal contrarietà di moti nelle parti della superficie terrestre, mentre che ella si rigira intorno al proprio centro, è forza che, nell'accoppiar questo moto diurno con l'altro annuo, risulti un moto assoluto per le parti di essa superficie terrestre ora accelerato assai ed ora altrettanto ritardato: il che è manifesto considerando prima la parte intorno a D, il cui moto assoluto sarà velocissimo, come quello che nasce da due moti fatti verso la medesima banda, cioè verso la sinistra; il primo de' quali è parte del moto annuo, comune a tutte le parti del globo, l'altro è dell'istesso punto D, portato pur verso la sinistra dalla vertigine diurna; talché in questo caso il moto diurno accresce ed accelera il moto annuo; l'opposito di che accade alla parte opposta F, la quale, mentre dal comune moto annuo è portata, insieme con tutto il globo, verso la sinistra, vien dalla conversion diurna portata ancor verso la destra, talché il moto diurno viene a detrarre all'annuo, per lo che il movimento assoluto, resultante dal componimento di amendue, ne riman ritardato assai: intorno poi a i punti E, G il moto assoluto viene a restare come eguale al semplice annuo, avvenga che il diurno niente o poco gli accresce o gli detrae, per non tendere né a sinistra né a destra, ma in giù ed in su. Concludiamo per tanto, che sì come è vero che il moto di tutto il globo e di ciascuna delle sue parti sarebbe equabile ed uniforme quando elle si movessero d'un moto solo, o fusse il semplice annuo o fusse il solo diurno, così è necessario che, mescolandosi tali due moti insieme, ne risultino per le parti di esso globo movimenti difformi, ora accelerati ed ora ritardati mediante gli additamenti o suttrazioni della conversion diurna alla circolazione annua Onde se è vero (come è verissimo, e l'esperienza ne dimostra) che l'accelerazione e ritardamento del moto del vaso faccia correre e ricorrere nella sua lunghezza, alzarsi ed abbassarsi nelle sue estremità, l'acqua da esso contenuta, chi vorrà por difficultà nel concedere che tale effetto possa, anzi pur debba di necessità accadere all'acque marine, contenute dentro a i vasi loro, soggetti a cotali alterazioni, e massime in quelli che per lunghezza si distendono da ponente verso levante, che è il verso per il quale si fa il movimento di essi vasi? Or questa sia la potissima e primaria causa del flusso e reflusso, senza il quale nulla seguirebbe di tale effetto. Ma perché multiplici e varii sono gli accidenti particolari che in diversi luoghi e tempi si osservano, i quali è forza che da altre diverse cause concomitanti dependano, se ben tutte devono aver connessione con la primaria, però fa di mestiero andar proponendo ed esaminando i diversi accidenti che di tali diversi effetti possano esser cagioni.

Il primo de' quali è, che qualunque volta l'acqua, mercé d'un notabile ritardamento o accelerazione di moto del vaso suo contenente, avrà acquistata cagione di scorrere verso questa o quella estremità, e si sarà alzata nell'una ed abbassata nell'altra, non però resterà in tale stato, quando ben cessasse la cagion primaria, ma, in virtù del proprio peso e naturale inclinazione di livellarsi e librarsi, tornerà per se stessa con velocità in dietro; e, come grave e fluida, non solo si moverà verso l'equilibrio, ma, promossa dal proprio impeto, lo trapasserà, alzandosi nella parte dove prima era più bassa; né qui ancora si fermerà, ma di nuovo ritornando in dietro, con più reiterate reciprocazioni di scorrimenti ci darà segno come ella non vuole da una concepita velocità di moto ridursi subito alla privazion di quello ed allo stato di quiete, ma successivamente ci si vuole mancando a poco a poco, lentamente ridurre: in quel modo appunto che vediamo alcun peso pendente da una corda, doppo essere stato una volta rimosso dal suo stato di quiete, cioè dal perpendicolo, per se medesimo ricondurvisi e quietarvisi, ma non prima che molte volte l'avrà di qua e di là, con sue vicendevoli corse e ricorse, trapassato.

Il secondo accidente da notarsi è, che le pur ora dichiarate reciprocazioni di movimento vengon fatte e replicate con maggiore o minor frequenza, cioè sotto più brevi o più lunghi tempi, secondo le diverse lunghezze de' vasi contenenti l'acque; sì che negli spazii più brevi le reciprocazioni son più frequenti, e più rare ne' più lunghi: come appunto nel medesimo esempio de' corpi pendoli si veggono le reciprocazioni di quelli che sono appesi a più lunghe corde esser men frequenti che quelle de i pendenti da fili più corti.

E qui, per il terzo notabile, vien da sapersi, che non solamente la maggiore o minor lunghezza del vaso è cagione di far che l'acqua sotto diversi tempi faccia le sue reciprocazioni, ma la maggiore o minor profondità opera l'istesso; ed accade che dell'acque contenute in ricetti di eguali lunghezze, ma di diseguali profondità, quella che sarà più profonda faccia le sue librazioni sotto tempi più brevi, e men frequenti siano le reciprocazioni dell'acque men profonde.

Quarto, vengon degni d'esser notati e diligentemente osservati due effetti che fa l'acqua in tali suoi libramenti. L'uno è l'alzarsi ed abbassarsi alternatamente verso questa e quella estremità; l'altro è il muoversi e scorrere, per così dire orizontalmente, innanzi e in dietro: li quali due moti differenti differentemente riseggono in diverse parti dell'acqua. Imperocché le sue parti estreme son quelle che sommamente si alzano e si abbassano; quelle di mezo niente assolutamente si muovon in su o in giù; dell'altre, di grado in grado quelle che son più vicine a gli estremi si alzano ed abbassano proporzionatamente più delle più remote: ma, per l'opposito, dell'altro movimento progressivo innanzi e 'n dietro assai si muovono, andando e ritornando, le parti di mezo, e nulla acquistano l'acque che si trovano nell'ultime estremità, se non se in quanto nell'alzarsi elleno superassero gli argini e traboccassero fuor del suo primo alveo e ricetto; ma dove è l'intoppo de gli argini che le raffrenano, solamente si alzano e si abbassano; né però restan l'acque di mezo di scorrer innanzi e indietro, il che fanno anco proporzionatamente l'altre parti, scorrendo più o meno secondo che si trovan locate più remote o vicine al mezo.

Il quinto particolare accidente dovrà tanto più attentamente esser considerato, quanto che a noi è impossibile il rappresentarne con esperienza e pratica il suo effetto; e l'accidente è questo. Ne i vasi fatti da noi per arte, e mossi, come le soprannominate barche, or più ed or meno velocemente, l'accelerazione e ritardamento vien sempre partecipato nell'istesso modo da tutto il vaso e da ciascheduna sua parte: sì che, mentre, verbigrazia, la barca si raffrena dal moto, non più si ritarda la parte precedente che la susseguente, ma egualmente tutte partecipano del medesimo ritardamento; e l'istesso avviene dell'accelerazione, cioè che, contribuendo alla barca nuova causa di maggior velocità, nell'istesso modo si accelera la prora e la poppa. Ma ne' vasi immensi quali sono i letti lunghissimi de' mari, benché essi ancora altro non siano che alcune cavità fatte nella solidità del globo terrestre, tuttavia mirabilmente avviene che gli estremi di quelli non unitamente, egualmente e ne gl'istessi momenti di tempo, accreschino e scemino il lor moto; ma, accade che quando l'una delle sue estremità si trova avere, in virtù del componimento de i due moti diurno ed annuo, ritardata grandemente la sua velocità, l'altra estremità si ritrovi ancora affetta e congiunta con moto velocissimo: il che, per più facile intelligenza, dichiareremo ripigliando la figura pur ora disegnata.

Nella quale se intenderemo un tratto di mare esser lungo, verbigrazia, una quarta, qual è l'arco B C, perché le parti B sono, come di sopra si dichiarò, in moto velocissimo, per l'unione de' due movimenti diurno ed annuo verso la medesima banda, ma la parte C allora si ritrova in moto ritardato, come quello che è privo della progressione dependente dal moto diurno: se intenderemo, dico, un seno di mare lungo quant'è l'arco B C, già vedremo come gli estremi suoi si muovono nell'istesso tempo con molta disegualità. E sommamente differenti sarebbero le velocità d'un tratto di mare lungo mezo cerchio e posto nello stato dell'arco B C D, avvengaché l'estremità B si troverebbe in moto velocissimo, l'altra D sarebbe in moto tardissimo, e le parti di mezo verso C sarebbero in moto mediocre: e secondo che essi tratti di mare saranno più brevi, participeranno meno di questo stravagante accidente, di ritrovarsi in alcune ore del giorno con le parti loro diversamente affette da velocità e tardità di moto. Sì che se, come nel primo caso, veggiamo per esperienza l'accelerazione e 'l ritardamento, benché participati egualmente da tutte le parti del vaso contenente, esser pur cagione all'acqua contenuta di scorrer innanzi e 'n dietro, che dovremo stimare che accader debba in un vaso così mirabilmente disposto che molto disegualmente venga contribuita alle sue parti ritardanza di moto ed accelerazione? Certo che noi dir non possiamo altro, se non che maggiore e più maravigliosa cagione di commozioni nell'acqua, e più strane, ritrovar si debbano. E benché impossibil possa parer a molti che in machine e vasi artifiziali noi possiamo esperimentare gli effetti di un tale accidente, nulla dimeno non è però del tutto impossibile; ed io ho la costruzione d'una machina, nella quale particolarmente si può scorgere l'effetto di queste meravigliose composizioni di movimenti. Ma per quanto appartiene alla presente materia, basta quello che sin qui potete aver compreso con l'immaginazione.

SAGR. Io, per la parte mia, molto ben capisco, questo maraviglioso accidente doversi necessariamente ritrovare ne i seni de i mari, e massime in quelli che per gran distanze si distendono da occidente in oriente, cioè secondo il corso de i movimenti del globo terrestre; e come che ei sia in certo modo inescogitabile e senza esempio tra i movimenti possibili a farsi da noi, così non mi è diffficile a credere che da esso possano derivar effetti non imitabili con nostre artificiali esperienze.

SALV. Dichiarate queste cose, è tempo che venghiamo a esaminare i particolari accidenti, e loro diversità, che ne' flussi e reflussi dell'acque per esperienza si osservano. E prima, non dovremo aver difficultà nell'intendere, onde accaggia che ne i laghi, stagni, ed anco ne i mari piccoli, non sia notabil flusso e reflusso: il che ha due concludentissime ragioni. L'una è, che, per la brevità del vaso, nell'acquistare egli in diverse ore del giorno diversi gradi di velocità, con poca differenza vengano acquistati da tutte le sue parti; ma tanto le precedenti quanto le susseguenti, cioè l'orientali e l'occidentali, quasi nell'istesso modo si accelerano e si ritardano; facendosi, di più, tale alterazione a poco a poco, e non con l'opporre un repentino intoppo e ritardamento o una subitanea e grande accelerazione al movimento del vaso contenente, ed esso e tutte le sue parti vengon lentamente ed egualmente impressionandosi de i medesimi gradi di velocità: dalla quale uniformità ne séguita che anco l'acqua contenuta, con poca contumacia e renitenza riceva le medesime impressioni, e per conseguenza molto oscuramente dia segno d'alzarsi o abbassarsi, scorrendo verso questa o verso l'altra estremità; il quale effetto si vede ancora manifestamente ne' piccoli vasi artifiziali, ne i quali l'acqua contenuta si va impressionando de gl'istessi gradi di velocità, tuttavoltaché l'accelerazione o ritardamento si faccia con lenta ed uniforme proporzione. Ma ne i seni de i mari che per grande spazio si distendono da levante a ponente, assai più notabile e difforme è l'accelerazione o 'l ritardamento, mentre una delle sue estremità si troverà in un moto assai ritardato, e l'altra sarà ancora di moto velocissimo. La seconda causa è la reciproca librazion dell'acqua, proveniente dall'impeto che ella pure avesse concepito dal moto del suo continente, la qual librazione ha, come si è notato, le sue vibrazioni molto frequenti ne i vasi piccoli: dal che ne risulta che risedendo ne i movimenti terrestri cagione di contribuire all'acque movimento solo di dodici in dodici ore, poi che una volta sola il giorno sommamente si ritarda e sommamente si accelera il movimento de i vasi contenenti, nientedimeno l'altra seconda cagione, dependente dalla gravità dell'acqua, che cerca ridursi all'equilibrio, e, secondo la brevità del vaso, ha le sue reciprocazioni o di un'ora o di due o di tre etc., questa mescolandosi con la prima, che anco per sé ne i vasi piccoli resta piccolissima, la vien del tutto a render insensibile; imperocché, non si essendo ancora finita di imprimer la commozione procedente dalla cagion primaria, che ha i periodi di 12 ore, sopravvien, contrariando, l'altra secondaria, dependente dal proprio peso dell'acqua, la quale, secondo la cortezza e profondità del vaso, ha il tempo delle sue vibrazioni di 1, 2, 3 o 4 ore, etc., e, contrariando alla prima, la perturba e rimuove, senza lasciarla giugnere al sommo né al mezo del suo movimento. E da tal contrapposizione resta annichilata in tutto, o molto oscurata, l'evidenza del flusso e reflusso. Lascio stare l'alterazion continua dell'aria, la quale, inquietando l'acqua, non ci lascerebbe venire in certezza d'un piccolissimo ricrescimento o abbassamento di mezo dito o di minor quantità, che potesse realmente risedere ne i seni e ricetti di acque non più lunghi di un grado o due.

Vengo, nel secondo luogo, a sciorre il dubbio, come, non risedendo nel primario principio cagione di commuover l'acque se non di 12 in 12 ore, cioè una volta per la somma velocità di moto e l'altra per la massima tardità, nulladimeno apparisce comunemente il periodo de i flussi e reflussi esser di sei in sei ore. Al che si risponde che tale determinazione non si può in verun modo avere dalla cagion primaria solamente, ma vi bisogna inserire le secondarie, cioè la lunghezza maggiore o minore de i vasi, e la maggiore o minor profondità dell'acque in essi contenute: le quali cagioni, se ben non hanno azione veruna ne i movimenti dell'acque, essendo tale azione della sola cagion primaria, senza la quale nulla seguirebbe de' flussi e reflussi, tuttavia l'hanno principalissima nel terminar i tempi delle reciprocazioni, e così potente, che la cagion primaria convien che gli resti soggetta. Non è dunque il periodo delle 6 ore più proprio o naturale di quelli d'altri intervalli di tempi, ma ben forse il più osservato, per esser quello che compete al nostro Mediterraneo, che solo per lunghi secoli fu praticabile; ancor che né tal periodo si osserva in tutte le sue parti, atteso che in alcuni luoghi più ristretti, qual è l'Ellesponto e l'Egeo, i periodi son assai più brevi, ed anco tra di loro molto differenti; per la qual varietà e sue cagioni, incomprensibili ad Aristotile, dicono alcuni che, dopo l'averla egli lungamente osservata sopra alcuni scogli di Negroponte, tratto dalla disperazione si precipitasse in mare e spontaneamente s'annegasse.

Avremo, nel terzo luogo, molto spedita la ragione, onde avvenga che alcun mare, benché lunghissimo, qual è il Mar Rosso, nulladimeno è quasi del tutto esente da i flussi e reflussi. La qual cosa accade, perché la sua lunghezza non si distende dall'oriente verso l'occidente, anzi traversa da sirocco verso maestro: ma essendo i movimenti della Terra da occidente in oriente, gli impulsi dell'acque vanno sempre a ferire ne i meridiani, e non si muovono di parallelo in parallelo; onde ne i mari che traversalmente si distendono verso i poli, e che per l'altro verso sono angusti, non resta cagione di flussi e reflussi se non per la participazione di altro mare co 'l quale comunicassero, che fusse soggetto a movimenti grandi.

Intenderemo, nel quarto luogo, molto facilmente la ragione, perché i flussi e reflussi siano massimi, quanto all'alzarsi ed abbassarsi le acque, ne gli estremi de' golfi, e minimi nelle parti di mezo: come la quotidiana esperienza ne mostra qui in Venezia, posta nell'estremità dell'Adriatico, dove comunemente tal diversità importa 5 o 6 piedi; ma ne i luoghi del Mediterraneo distanti da gli estremi tal mutazione è piccolissima, come nell'isole di Corsica e Sardigna e nelle spiaggie di Roma e di Livorno, dove non passa mezo piede. Intenderemo anco come, all'incontro, dove gli alzamenti ed abbassamenti son piccoli, i corsi ed i ricorsi son grandi. Agevol cosa, dico, è l'intender la cagion di questi accidenti, poiché di essi ne aviamo riscontri manifesti in ogni sorte di vasi artifizialmente da noi fabbricati, ne i quali i medesimi effetti si veggono naturalmente seguire dal muovergli noi con movimento difforme, cioè ora accelerato ed ora ritardato.

In oltre, considerando, nel quinto luogo, come la medesima quantità d'acqua, mossa, benché lentamente, per un alveo spazioso, nel dover poi passare per luogo ristretto, per necessità scorre con impeto grande, non avremo difficultà d'intendere la causa delle gran correnti che si fanno nello stretto canale che separa la Calabria dalla Sicilia; poiché tutta l'acqua che dall'ampiezza dell'isola e dal golfo Jonico vien sostenuta nella parte del mare orientale, benché in quello per la sua ampiezza lentamente descenda verso occidente, tuttavia nel ristrignersi nel bosforo tra Scilla e Cariddi rapidamente cala e fa grandissima agitazione: simile alla quale, e molto maggiore, s'intende esser tra l'Affrica e la grand'isola di S. Lorenzo, mentre le acque de i due vasti mari Indico ed Etiopico, che la mettono in mezo, devono scorrendo, ristrignersi in minor canale, tra essa e la costa d'Etiopia. Grandissime conviene che sieno le correnti nello Stretto di Magalianes, che comunica gli oceani vastissimi Etiopico e del Sur.

Séguita adesso, nel 6° luogo, che per render ragion di alcuni più reconditi ed inopinabili accidenti che in questa materia si osservano, andiamo facendo un'altra importante considerazione sopra le due principali cagioni de i flussi e reflussi, componendole poi e mescolandole insieme. La prima e più semplice delle quali è (come più volte si è detto) la determinata accelerazione e ritardamento delle parti della Terra, dalla quale arebbon l'acque un determinato periodo di scorrere verso levante e ritornar verso ponente dentro al tempo di ventiquattr'ore. L'altra è quella che depende dalla propria gravità dell'acqua, che, commossa una volta dalla causa primaria, cerca poi di ridursi all'equilibrio con iterate reciprocazioni, le quali non sono determinate da un tempo solo e prefisso, ma hanno tante diversità di tempi quante sono le diverse lunghezze e profondità de i ricetti e seni de i mari; e per quanto depende da questo secondo principio, scorrerebbero e ritornerebbero altre in un'ora, altre in 2, in 4, in 6, in 8, in 10 etc. Ora, se noi cominceremo a congiugner la cagion primaria che ha stabilmente il suo periodo di 12 in 12 ore, con alcuna delle secondarie che avesse il suo periodo, verbigrazia, di 5 in 5, accaderà che in alcuni tempi la cagion primaria e la secondaria si accordino a far gli impulsi amendue verso la medesima parte, ed in questo congiugnimento, e per così dire unanime cospirazione, i flussi saranno grandi: in altri tempi accadendo che l'impulso primario venga in un certo modo a contrariare a quello che porterebbe il periodo secondario, ed in cotal raffronto togliendo l'uno de' principii quello che l'altro ne darebbe, si debiliteranno i moti dell'acque, e ridurrassi il mare in uno stato assai quieto e quasi immobile: ed altre volte, secondo che i due medesimi principii né del tutto si contrarieranno né del tutto andranno uniformi, si faranno altre mutazioni circa l'accrescimento e diminuzion de' flussi e reflussi. Può anco accadere che due mari assai grandi e comunicanti per qualche angusto canale s'incontrino ad aver, mediante la mistione de i due principii di moto, l'uno causa di flusso nel tempo che l'altro abbia causa di movimento contrario; nel qual caso nel canale dove essi mari comunicano, si fanno agitazioni straordinarie, con movimenti opposti e vortici e bollimenti pericolosissimi, de i quali se ne hanno continue relazioni ed esperienze in fatto. Da tali discordi movimenti, dependenti non solamente dalle diverse positure e lunghezze, ma grandemente ancora dalle diverse profondità de i mari comunicanti, nasceranno in alcuni tempi varie commozioni nell'acque, sregolate ed inosservabili, le ragioni delle quali hanno assai perturbato e tuttavia perturbano i marinari, mentre le incontrano senza vedere che né impeto di venti o altra grave alterazion dell'aria ne possa esser cagione. Della qual perturbazion d'aria debbiamo in altri accidenti far gran conto, e prenderla come terza cagione ed accidentaria, potente a grandemente alterare l'osservazione de gli effetti dependenti dalle primarie e più essenziali cagioni. E non è dubbio che continuando a soffiar venti impetuosi, per esempio, da levante, sosterranno l'acque, proibendoli il reflusso, onde, sopraggiugnendo all'ore determinate la seconda replica, e poi la terza, del flusso, rigonfieranno molto e così, sostenute per alcuni giorni dalla forza del vento, si alzano più del solito, facendo straordinarie inondazioni.

Dobbiamo ancora (e sarà come il settimo problema) avere avvertenza d'un'altra cagione di movimento, dependente dalla copia grande dell'acque de i fiumi che vanno a scaricarsi ne' mari non molto vasti: dove ne i canali o bosfori che con tali mari comunicano, l'acqua si vede scorrer sempre per l'istesso verso, come accade nel Bosforo Tracio sotto Costantinopoli, dove l'acqua scorre sempre dal Mar Negro verso la Propontide. Imperocché in esso Mar Negro, per la sua brevità, di poca efiicacia sono le cause principali del flusso e reflusso; ma all'incontro, scaricandosi in esso grandissimi fiumi, nel dover passare e sgorgar tanto profluvio d'acque per lo stretto, quivi il corso è assai notabile e sempre verso mezo giorno. Dove, di più, deviamo avvertire che tale stretto e canale, benché assai angusto, non è sottoposto alle perturbazioni come lo stretto di Scilla e Cariddi: imperocché quello ha il Mar Negro sopra verso tramontana e la Propontide e l'Egeo co 'l Mediterraneo postogli, benché per lungo tratto, verso mezogiorno; ma già, come abbiamo notato, i mari quanto si voglino lunghi da tramontana verso mezogiorno non soggiacciono a i flussi e reflussi: ma perché lo stretto di Sicilia è traposto tra le parti del Mediterraneo distese per gran distanze da ponente a levante, cioè secondo la corrente de' flussi e reflussi, però in questo le agitazioni son molto grandi: e maggiori sarebbero tra le Colonne, quando lo stretto di Gibilterra s'aprisse meno; e grandissime riferiscono esser quelle dello stretto di Magalianes.

Questo è quanto per ora mi sovviene di poter dirvi intorno alle cause di questo primo periodo diurno del flusso e reflusso e suoi varii accidenti, dove se hanno da propor cosa alcuna, potranno farlo, per passar poi a gli altri due periodi, mestruo ed annuo.

SIMP. Non mi par che si possa negare che il discorso fatto da voi proceda molto probabilmente, argumentando, come noi dichiamo, ex suppositione, cioè posto che la Terra si muova de i due movimenti attribuitigli dal Copernico: ma quando si escludano tali movimenti, il tutto resta vano ed invalido; l'esclusion poi di tale ipotesi ci viene dall'istesso vostro discorso assai manifestamente additata. Voi con la supposizion de i due movimenti terrestri rendete ragione del flusso e reflusso, ed all'incontro, circolarmente discorrendo, dal flusso e reflusso traete l'indizio e la confermazione di quei medesimi movimenti: e passando a più specifico discorso, dite che l'acqua per esser corpo fluido, e non tenacemente annesso alla Terra, non è costretta ad ubbidir puntualmente ad ogni suo movimento, dal che inducete poi il suo flusso e reflusso. Io su le vostre stesse pedate arguisco in contrario, e dico: L'aria è assai più tenue e fluida dell'acqua, e meno annessa alla superficie terrena, alla quale l'acqua, se non per altro per la sua gravità, co 'l premergli sopra assai più che l'aria leggierissima, aderisce; adunque molto meno dovrebbe l'aria secondar i movimenti della Terra; e però quando la Terra si movesse in quella maniera, noi, abitatori di quella e da lei con simile velocità portati, dovremmo perpetuamente sentir un vento da levante, che con intollerabil forza ci ferisse: e del così dover seguire l'esperienza ci fa cotidianamente avvertiti; ché se nel correr la posta solamente con velocità di 8 o 10 miglia per ora, nell'aria tranquilla, l'incontrarla noi con la faccia ci rassembra un vento che non leggiermente ci percuota, che dovrebbe fare il nostro rapido corso di 800 o 1000 miglia per ora, contro l'aria libera da tal moto? tuttavia nulla di tale accidente sentiamo noi.


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