Appendice 7:

Pianeti Ipotetici

di Paul Schlyter (pausch@saaf.se)


   C'è stato un gran numero di oggetti che gli astronomi pensavano esistessero, ma che poi sono 'spariti'. Qui ci sono le loro storie.

Vulcano, il pianeta prima di Mercurio, 1860-1916, 1971

   Il matematico francese Urbain Le Verrier, che predisse assieme a J.C. Adams la posizione di Nettuno prima che fosse osservato, in una conferenza tenuta il 2 gennaio 1860 annunciò che il problema delle deviazioni nel moto di Mercurio poteva essere risolto ipotizzando un altro pianeta interno oppure anche una seconda cintura di asteroidi interna all'orbita di Mercurio. La sola maniera possibile di osservare questo pianeta o questi asteroidi era durante il transito sul Sole o durante le eclissi totali di Sole. Il professor Wolf, del centro di studio delle macchie solari di Zurigo, trovò un certo numero di "macchioline" sospette sul Sole, e un altro astronomo ne trovò alcune in più. Un totale di due dozzine di macchie sembrava coincidere con il tracciato di due orbite interne a Mercurio, una con un periodo di 26 giorni, l'altra di 38.

   Nel 1859, Le Verrier aveva ricevuto una lettera dall'astrofilo Lescarbault, il quale riferiva di aver visto una macchia scura sul Sole il 26 marzo 1859, che assomigliava ad un pianeta in transito. Egli aveva osservato la macchia per un'ora e un quarto, quando essa attraversò un quarto del diametro solare. Lescarbault valutò l'inclinazione orbitale tra 5,3 e 7,3 gradi, la longitudine del nodo a circa 183 gradi, la sua eccentricità "enorme" e il suo periodo di transito sul Sole pari a 4 ore e 30 minuti. Le Verrier fece delle indagini su questa osservazione e calcolò un'orbita in base ad essa: periodo 19 giorni e 7 ore, distanza media dal Sole 0,1427 UA, inclinazione 12°10', nodo ascendnete a 12°59'. Il diametro del corpo era considerevolemente più piccolo di quello di Mercurio e la sua massa fu stimata pari a 1/17 di quella di Mercurio. Esso era troppo piccolo per spiegare le deviazioni di Mercurio, ma forse si trattava del membro più grande di una cintura di asteroidi intra-mercuriale. Le Verrier si innamorò del pianeta e lo chiamò Vulcano.

   Nel 1860 ci fu un'eclisse totale di Sole. Le Verrier mobilitò tutti gli astronomi francesi e qualcun altro al fine di trovare Vulcano: nessuno ci riuscì. Le 'macchie' sospette di Wolf risvegliarono l'interesse di Le Verrier e appena prima della sua morte, avvenuta nel 1877, furono pubblicate nuove 'prove'. Il 4 aprile 1875 un astronomo tedesco, H. Weber, vide una macchia circolare sul Sole. L'orbita di Le Verrier indicava un possibile transito per il 3 aprile di quell'anno, e Wolf notò che anche il periodo orbitale di 38 giorni avrebbe potuto spiegare un transito in quel periodo. Quella 'macchia circolare' venne anche fotografata a Greenwich e a Madrid.

   Ci fu un bel po' di agitazione dopo l'eclisse totale di Sole del 29 luglio 1878, quando due osservatori affermarono di aver visto nelle vicinanze del Sole dei piccoli dischi illuminati, che avrebbero potuto essere soltanto dei piccoli pianeti interni all'orbita di Mercurio: J.C Watson (professore di astronomia all'University of Michigan) ritenne di aver trovato DUE pianeti intra-mercuriali! Anche Lewis Swift (co-scopritore della Cometa Swift-Tuttle, che è ritornata nel 1992) vide una 'stella' che pensò essere Vulcano, ma in una posizione diversa da entrambi i due 'pianeti' di Watson. Inoltre, né il Vulcano di Watson né quello di Swift poteva conciliarsi con il Vulcano di Le Verrier o di Lescarbault.

   Dopo di ciò, nessuno ha mai più visto Vulcano, malgrado le varie ricerche in occasione di diverse eclissi solari. E nel 1916 Albert Einstein pubblicò la sua Teoria della Relatività Generale, che spiegava le deviazioni del moto di Mercurio senza ricorrere ad uno sconosciuto pianeta interno. Nel maggio 1929 Erwin Freundlich, di Potsdam, fotografò un'eclisse totale di Sole a Sumatra, e più tardi esaminò attentamente le lastre che mostravano una grande quantità di stelle. Sei mesi dopo vennero relizzate lastre di confronto: vicino al Sole non venne trovato nessun oggetto sconosciuto più luminoso della nona magnitudine.

   Ma che cosa hanno visto in realtà queste persone? Lescarbault non aveva alcuna ragione di raccontare una frottola, e anche Le Verrier gli prestò fede. È possibile che Lescarbault abbia visto un piccolo asteroide che passava molto vicino alla Terra, appena all'interno dell'orbita terrestre. All'epoca tali asteroidi erano sconosciuti, e quindi l'unica idea di Lescarbault fu quella di aver visto un pianeta intra-mercuriale. Swift e Watson hanno potuto, per la fretta di fare osservazioni durante la totalità, travisare alcune stelle, credendo di aver visto Vulcano.

   Vulcano venne rispolverato brevemente nel 1970-1971, quando alcuni ricercatori pensarono di aver rilevato molti piccoli oggetti vicino al Sole durante un'eclisse totale. Questi oggetti potevano essere piccole comete: in seguito, infatti, si sono osservate delle comete che passano tanto vicino al Sole da cadervi dentro.


La Luna di Mercurio, 1974

   Due giorni prima del volo radente del Mariner 10 su Mercurio, avvenuto il 29 marzo 1974, uno strumento cominciò a registrare forti emissioni nell'ultravioletto estremo che "non aveva alcuna ragione d'esserci". Il giorno dopo erano sparite. Tre giorni più tardi riapparvero: sembrava che ci fosse un "oggetto" che si staccava da Mercurio. In principio gli astromomi pensarono di aver visto una stella. Ma essi l'avevano vista in due direzioni abbastanza differenti; inoltre ogni astronomo sa che tali lunghezze d'onda dell'ultravioletto estremo non sono in grado di penetrare molto nella materia interstellare: ciò suggeriva che l'oggetto doveva essere vicino. Mercurio aveva una luna?

   Dopo un frenetico venerdì, quando si era registrato che l'"oggetto" si muoveva a 4 km/s (una velocità compatibile con quella di una luna), vennero chiamati in aiuto i direttori del JPL. Essi fecero lavorare la sonda (ormai al termine della sua missione) solo per il gruppo di studio dell'ultravioletto: tutti cominciarono a preoccuparsi per la conferenza stampa programmata per quella domenica. Sarebbe stato annunciato l'ipotizzato satellite? Ma la stampa già sapeva. Alcuni giornali, i più rispettabili, pubblicarono la notizia correttamente; molti altri scrissero storie eccitate sulla nuova luna di Mercurio.

   E la "luna"? Non fu più ritenuta un satellite di Mercurio, ma venne infine identificata con una stella molto calda, 31 Crateris. Da dove venissero le prime emissioni, quelle che furono registrate durante l'avvicinamento al pianeta, rimane un mistero. Così termina la storia della luna di Mercurio, ma al tempo stesso si apre un nuovo capitolo dell'astronomia: si scoprì che l'ultravioletto estremo non viene completamente assorbito dalla materia interstellare, come prima si credeva. La Gum Nebula si è rivelata essere una sorgente alquanto forte di ultravioletto estremo, diffondendone per 140 gradi del cielo a 540 angstroms. Gli astronomi hanno scoperto una nuova finestra attraverso la quale osservare i cieli.


Neith, la Luna di Venere, 1672-1892

   Nel 1672, Giovanni Domenico Cassini, uno dei maggiori astronomi del tempo, notò un piccolo compagno vicino a Venere. Forse Venere aveva un satellite? Cassini decise di non divulgare la sua osservazione, ma 14 anni dopo, nel 1686, vide ancora il medesimo oggetto: quindi pubblicò la notizia. L'oggetto era stimato avere all'incirca 1/4 del diametro di Venere e mostrava le stesse fasi. In seguito l'oggetto venne visto anche da altri astronomi: da James Short nel 1740, Andreas Mayer nel 1759, J. L. Lagrange nel 1761 (Lagrange annunciò che il piano orbitale del satellite era perpendicolare all'eclittica). Durante il 1761 l'oggetto fu visto per ben 18 volte da cinque osservatori. In particolare le osservazioni di Scheuten del 6 giugno 1761 erano interessanti: egli vide Venere in transito sul disco solare, accompagnato a lato da una macchia scura più piccola, che lo seguiva nel transito. Tuttavia, Samuel Dunn di Chelsea, Inghilterra, che pure guardò quel transito, non vide la macchia supplementare. Nel 1764 ci furono 8 rilevazioni di due osservatori. Altri tentarono di vedere il satellite, ma non riuscirono a trovarlo.

   Il mondo astronomico era di fronte ad una controversia: molti osservatori avevano riferito di aver visto il satellite, mentre molti altri non erano riusciti a trovarlo malgrado tutti i loro sforzi. Nel 1766 il direttore dell'osservatorio di Vienna, padre Hell, pubblicò un trattato nel quale dichiarava che tutte le osservazioni del satellite erano illusioni ottiche -- l'immagine di Venere è così luminosa che viene riflessa nell'occhio, poi rientra nel telescopio e crea una immagine secondaria di scala più piccola. Altri, invece, pubblicarono trattati nei quali sostenevano che le osservazioni erano reali. Il tedesco J. H. Lambert pubblicò gli elementi orbitali del satellite nel Berliner Astronomischer Jahrbuch del 1777: distanza media 66,5 raggi di Venere, periodo orbitale 11 giorni e 3 ore, inclinazione sull'eclittica 64 gradi. Si sperava che il satellite si sarebbe potuto vedere durante il transito di Venere sul Sole del 1° giugno 1777 (è evidente che Lambert fece un errore nel calcolo degli elementi orbitali: a 66,5 raggi venusiani, la distanza da Venere è circa la stessa della Luna dalla Terra. Ma questo non va molto d'accordo con il periodo orbitale di 11 giorni, ovvero solo poco più di 1/3 del periodo orbitale della nostra Luna. La massa di Venere è un po' più piccola di quella della Terra).

   Nel 1768 ci fu un'ulteriore osservazione del satellite, ad opera di Christian Horrebow di Copenhagen. Ci furono anche tre ricerche, una fatta da uno dei maggiori astronomi del tempo, William Herschel, ma tutte e tre non riuscirono a trovare alcun satellite. Poco dopo, il tedesco F. Schorr tentò di formulare una tesi a sostegno del satellite in un libro pubblicato nel 1875.

   Nel 1884, M. Hozeau, ex direttore dell'Osservatorio Reale di Bruxelles, suggerì una differente ipotesi. Analizzando le osservazioni disponibili,, Hozeau concluse che la luna di Venere appariva vicino al pianeta all'incirca ogni 2,96 anni ovvero 1080 giorni. Hozeau suggerì che non si trattasse di una luna di Venere, ma di un pianeta a se stante, in orbita intorno al Sole con un periodo di 283 giorni e perciò in congiunzione con Venere ogni 1080 giorni. Hozeau lo chiamò Neith, dalla misteriosa dea di Sais, il cui velo non veniva sollevato da nessun mortale.

   Nel 1887, tre anni dopo che la "luna di Venere" era stata riportata in auge da Hozeau, l'Accademia belga delle Scienze pubblicò una lunga ricerca nella quale si indagava in dettaglio su ciascuna osservazione riportata. Molte osservazioni del satellite si rivelarono essere delle stelle viste in prossimità di Venere. Specialmente le osservazioni di Roedkier furono "escluse" per bene: era stato ingannato, in successione, da Chi Orionis, M Tauri, 71 Orionis e Nu Geminorum! James Short aveva visto una stella un po' più debole dell'ottava magnitudine. Tutte le osservazioni effettuate da Le Verrier e Montaigne potevano essere spiegate in maniera analoga. I calcoli orbitali di Lambert vennero demoliti. L'ultimissima osservazione, quella di Horrebow nel 1768, poté essere attribuita a Theta Librae.

   Dopo la pubblicazione di questa ricerca, venne riferita una sola altra osservazione, da parte di un uomo che in precedenza aveva cercato il satellite di Venere ma non l'aveva trovato: il 13 agosto 1892, E. E. Barnard registrò un oggetto di settima magnitudine vicino a Venere. Non c'è alcuna stella nella posizione indicata, e la vista di Barnard è notoriamente eccellente. Ancor oggi non sappiamo che cosa egli abbia visto. Era un asteroide non classificato? O era una piccola nova che nessun'altro ha visto?


La Seconda Luna della Terra, 1846-oggi

   Nel 1846, Frederic Petit, direttore dell'osservatorio di Tolosa, affermò che era stata scoperta una seconda luna della Terra. Era stata vista da due osservatori, Lebon e Dassier, a Tolosa, e da un terzo, Lariviere, ad Artenac, durante la serata del 21 marzo 1846. Petit trovò che l'orbita era ellittica, con un periodo di 2 ore 44 minuti e 59 secondi, un apogeo a 3570 km dalla superficie terrestre e un perigeo a soli 11,4 km (!). Le Verrier, che era tra il pubblico, brontolò che bisognava tenere in considerazione la resistenza dell'aria, cosa che nessuno era in grado di fare all'epoca. Petit fu ossessionato dall'idea di una seconda luna, e 15 anni dopo annunciò di aver fatto dei calcoli a proposito di una piccola luna della Terra, capace di causare alcune particolarità, allora inspiegabili, nel moto della Luna principale. In generale, gli astronomi ignorarono questa affermazione, e l'idea sarebbe stata dimenticata se un giovane scrittore francese, Jules Verne, non ne avesse letto un riassunto. Nel romanzo "Dalla Terra alla Luna", Verne fa sì che un piccolo oggetto passi vicino alla capsula spaziale, costringendola a ruotare intorno alla Luna invece che cadere su di essa:
"Si tratta", disse Barbicane, "di un semplice meteorite anche se enorme, trattenuto come un satellite dall'attrazione della Terra."

"È mai possibile?", esclamò Michel Ardan, "la Terra ha due lune?"

"Sì, amico mio, ha due lune, sebbene sia comunemente ritenuto che ne abbia una sola. Ma questa seconda luna è così piccola e la sua velocità è così elevata, che gli abitanti della Terra non possono vederla. È stato notando alcune perturbazioni che un astronomo francese, Monsieur Petit, ha potuto determinare l'esistenza di questa seconda luna e calcolarne l'orbita. Secondo lui, per compiere una rivoluzione completa intorno alla Terra essa impiega tre ore e venti minuti. . . . "

"Tutti gli astronomi ammettono l'esistenza di questo satellite?", chiese Nicholl.

"No", rispose Barbicane, "ma se essi, come noi, lo avessero incontrato, non potrebbero più dubitarne. . . . Ma ciò ci dà un modo per determinare la nostra posizione nello spazio . . . la sua distanza è nota e perciò, quando lo abbiamo incontrato, eravamo a 7480 km dalla superficie del globo."

   Jules Verne venne letto da milioni di persone, ma fino al 1942 nessuno notò le discrepanze nel testo di Verne:
  1. Un satellite a 7480 km dalla superficie terrestre avrebbe un periodo di 4 ore e 48 minuti, non di 3 ore e 20 minuti.
  2. Poiché esso venne visto dal finestrino dal quale la Luna era invisibile, ma entrambi erano in avvicinamento, doveva avere moto retrogrado, cosa che certo sarebbe stata degna di nota. Ma Verne non menziona quest'aspetto.
  3. In ogni caso il satellite sarebbe stato in eclisse e perciò invisibile. Il proiettile non lascia l'ombra della Terta se non molto più tardi.
   Nel il dottor. R.S. Richardson, del Mount Wilson Observatory, tentò far quadrare tutto ipotizzando un'orbita eccentrica: perigeo a 5010 km e apogeo a 7480 km dalla superficie della Terra, eccentricità 0,1784.

   Comunque, Jules Verne fece conoscere la seconda luna di Petit a tutto il mondo. Gli astrofili giunsero alla conclusione che c'era l'opportunità di diventare famosi -- chiunque avesse scoperto questa seconda luna avrebbe avuto il proprio nome scritto negli annali della scienza. Al contrario, nessun grande osservatorio prese in esame il problema della seconda luna, o se lo fece mantenne il silenzio. Gli astrofili tedeschi si misero a dare la caccia a ciò che essi chiamavano Kleinchen ("piccolino") -- naturalmente Kleinchen non fu mai trovato.

   W. H. Pickering rivolse la sua attenzione ai problemi teorici: se il satellite orbitasse a 320 km dalla superficie e se il suo diametro fosse di 0,3 metri, con la stessa capacità di riflessione della Luna, esso dovrebbe essere visibile con un telescopio da 3 pollici. Un satellite di 3 metri sarebbe un oggetto di quinta magnitudine, visibile ad occhio nudo. Sebbene Pickering non si sia messo a cercare l'oggetto di Petit, tuttavia portò avanti una ricerca su un satellite secondario -- un satellite della nostra Luna ("On a photographic search for a satellite of the Moon", Popular Astronomy, 1903). Il risultato fu negativo e Pickering concluse che ogni eventuale satellite della Luna doveva essere più piccolo di 3 metri.

   L'articolo di Pickering sulla possibile esistenza di una piccola seconda luna della Terra, "A Meteoritic Satellite", apparve su Popular Astronomy nel 1922 e provocò un'altro breve momento di agitazione fra gli astrofili, giacché conteneva questa richiesta: "Un telescopio da 3-5 pollici, con un oculare a bassa focale dovrebbe essere il miglior strumento per trovarla. È un'opportunità per l'astrofilo." Ma di nuovo, le ricerche rimasero infruttuose.

   L'idea originaria era che il campo gravitazionale della seconda luna avrebbe dovuto dare conto delle piccole deviazioni, allora inspiegabili, del moto della Luna maggiore. Ciò significava un oggetto grande almeno parecchi chilometri -- ma se questa grande seconda luna esistesse davvero, allora avrebbero dovuto vederla anche i Babilonesi. Anche se fosse troppo piccola per mostrare un disco, la sua relativa vicinanza dovrebbe farla muovere velocemente e perciò renderla visibile, come ben sanno gli attuali osservatori di satelliti artificiali o perfino di aeroplani. D'altra parte, nessuno si è mai interessato molto a lune troppo piccole per essere viste.

   Ci sono state altre ipotesi di ulteriori satelliti naturali della Terra. Nel 1898 il dottor Georg Waltemath di Amburgo affermò di aver scoperto non solo una seconda luna, bensì un intero sistema di minuscole lune. Waltemath fornì gli elementi orbitali di uno di questi satelliti: distanza dalla Terra 1,03 milioni di km, diametro 700 km, periodo orbitale 119 giorni, periodo sinodico 177 giorni. "Talvolta", disse Waltemath, "brilla nella notte come il Sole": egli riteneva che questa luna fosse stata vista in Groenlandia il 24 ottobre 1881 da Lieut Greely, dieci giorni dopo che il Sole era tramontato per l'inverno. L'interesse pubblico aumentò quando Waltemath predisse che la seconda luna sarebbe passata di fronte al Sole il 2, il 3 o il 4 febbraio 1898. Il 4 febbraio, dodici persone dell'ufficio postale di Greifswald (l'Herr Postdirektor Ziegel, alcuni membri della sua famiglia e alcuni impiegati postali) osservarono il Sole ad occhio nudo, senza proteggersi dalla luce abbagliante. È facile immaginare una scena quasi ridicola: un solenne impiegato civile prussiano, che indica il cielo attraverso la finestra del suo ufficio, leggendo con voce stentorea ai suoi rispettosi subordinati la previsione di Waltemath. Durante una successiva intervista, questi testimoni parlarono di un oggetto scuro con un diametro pari ad un quinto di quello solare, il quale impiegò dalle ore 1:10 alle ore 2:10 (tempo di Berlino) per attraversare il disco solare. Si provò ben presto che si trattava di un errore, giacché durante quelle ore il Sole era osservato attentamente da due esperti astronomi, W. Winkler a Jena e il barone Ivo von Benko a Pola, Austria: entrambi riferirono che sul disco c'erano solo alcune normalissime macchie solari. Il fallimento di questa e di altre successive previsioni non scoraggiò Waltemath, che continuò a pubblicare previsioni e chiedere che fossero verificate. Gli astronomi contemporanei erano abbastanza irritati, dovendo continuamente rispondere a domande del pubblico come "Oh, a proposito, che ci dice di tutte queste nuove lune?". Al contrario gli astrologi colsero l'occasione al volo -- nel 1918 l'astrologo Sepharial chiamò questa luna Lilith. Egli considerava che fosse nera abbastanza per essere invisibile per la maggior parte del tempo, diventando visibile solo quando era nei pressi dell'opposizione o quando transitava attraverso il disco solare. Sepharial calcolò le effemeridi di Lilith, sulla base di varie osservazioni asserite da Waltemath. Riteneva inoltre che Lilith avesse all'incirca la stessa massa della Luna, ignorando allegramente che se un tale satellite esistesse davvero, anche se invisibile, dimostrerebbe la sua esistenza perturbando il moto della Terra. E ancora oggi alcuni astrologi usano "la luna nera" Lilith nei loro oroscopi.

   Di tanto in tanto altre "lune addizionali" sono state riferite dagli osservatori. La rivista astronomica tedesca "Die Sterne" riportò che un astrofilo tedesco di nome W. Spill aveva osservato una seconda luna attraversare il disco della prima Luna il 24 maggio 1926.

   Intorno al 1950, quando si cominciò a discutere sul serio di satelliti artificiali, ognuno si aspettava che essi sarebbero stati soltanto gli stadi superiori fuori uso di razzi a più stadi, incapaci di portare radiotrasmittenti ma seguiti con il radar da Terra. In questo caso, un gruppo di piccoli satelliti naturali sarebbe stato di disturbo, poiché avrebbe riflesso i raggi dei radar al posto dei satelliti artificiali. Il metodo per cercare questi satelliti naturali fu sviluppato da Clyde Tombaugh: si calcola il moto del satellite, ad esempio, a 5000 km di altezza. Poi si appronta una fotocamera che riprenda il cielo esattamente a quella data altezza: le stelle, i pianeti, etc., appariranno come linee sulle fotografie prese dalla fotocamera, mentre qualsiasi satelliti alla giusta altezza apparirà come un punto. Se il satellite fosse ad una altezza lievemente diversa, produrrebbe una breve linea.

   Le osservazioni al Lowell Observatory cominciarono nel 1953, invadendo un territorio ancora sconosciuto: ad eccezione dei tedeschi in cerca di "Kleinchen", nessuno aveva mai fatto attenzione allo spazio tra la Luna e la Terra! Nell'autunno del 1954, settimanali e quotidiani di buona reputazione affermarono che la ricerca aveva dato i suoi primi risultati: un piccolo satellite a 700 km di altezza e un altro a 1000 km. Si dice che un generale abbia chiesto: "È sicuro che sono naturali?". Nessuno sembra sapere come tali notizie si siano originate, giacché le ricerche furono completamente negative. Invece, quando i primi satellti artificiali furono lanciati nel 1957 e nel 1958, vennero ripresi dalle fotocamere.

   Ma, cosa strana, tutto ciò non significa che la Terra abbia un solo satellite naturale. Per breve tempo la Terra può avere un satellite molto vicino. I meteoroidi che passano nei pressi della Terra e scivolano attraverso gli strati superiori dell'atmosfera possono perdere abbastanza velocità per trasformarsi in satelliti orbitanti intorno alla Terra. Ma poiché ad ogni perigeo passano nell'atmosfera, sono destinati a non durare a lungo, forse solo una o due rivoluzioni, tutt'al più un centinaio (circa 150 ore). Ci sono alcune indicazioni che tali "satelliti passeggeri" sono stati osservati; è anche possibile che gli osservatori di Petit ne abbiano visto uno.

   Oltre ai satelliti passeggeri ci sono altre due possibilità. Una è che la Luna abbia un proprio satellite, ma malgrado svariate ricerche non ne è stato trovato nessuno (inoltre oggi si sa che il campo gravitazionale della Luna è irregolare ovvero "bitorzoluto" abbastanza perché qualsiasi orbita lunare sia instabile: ogni satellite lunare quindi è destinato a schiantarsi sulla Luna dopo breve tempo, pochi anni o forse un decennio). L'altra possibilità è che ci potrebbero essere dei satelliti Troiani, cioè satelliti secondari sull'orbita della Luna, che viaggiano 60 gradi davanti o dietro alla Luna.

   Questi "satelliti Troiani" furono riportati per la prima volta dall'astronomo polacco Kordylewski dell'osservatorio di Cracovia. Egli cominciò la sua ricerca visuale nel 1951, armato di un buon telescopio. Sperava che ci fossero degli oggetti ragionevolmente grandi sull'orbita della Luna, a 60 gradi di distanza dalla Luna. La ricerca diede esito negativo, ma nel 1956 un suo compatriota e collega, Wilkowski, suggerì che potrebbero esserci molti corpi minuscoli, troppo piccoli per essere visti individualmente ma in numero sufficiente per apparire come una nube di particelle di polvere. In questo caso sarebbero visibili meglio senza telescopio, cioè ad occhio nudo! L'utilizzo di un telescopio "li ingrandirebbe fino a farli sparire". Il dottor Kordylewski volle provare: c'era bisogno di una notte oscura con un cielo pulito e la Luna sotto l'orizzonte.

   Nell'ottobre 1956, Kordylewski vide, per la prima volta, una chiazza debolmente luminosa in una delle due posizioni. Non era molto piccola, sottendendo un angolo di 2 gradi (cioè circa 4 volte più grande della stessa Luna), ed era molto fioca, soltanto metà della luminosità del gegenschein (una chiazza luminosa nella luce zodiacale, direttamente opposta al Sole), notoriamente difficile a vedersi. Nel marzo e nell'aprile 1961, Kordylewski riuscì a fotografare due nubi nelle posizioni previste. Esse sembrano essere di estensione variabile, ma ciò potrebbe essere dovuto ai mutamenti di illuminazione. J. Roach rilevò queste nubi satelliti nel 1975 con le sei sonde dell'OSO (Orbiting Solar Observatory). Nel 1990 furono fotografate di nuovo, questa volta dall'astronomo polacco Winiarski, il quale scoprì che esse avevano un diametro apparente di alcuni gradi, che "vagavano" fino a dieci gradi dal punto "troiano" e che erano un po' più rossastre delle luce zodiacale.

   Così la secolare ricerca di una seconda luna della Terra sembra aver avuto successo, dopo tutto, anche se questa 'seconda luna' si è rivelata essere completamente differente da qualsiasi attesa. Questi piccoli satelliti sono molto difficili da scorgere e da distinguere dalla luce zodiacale e in particolare dal gegenschein.

   Ma ci sono persone che continuano ancora a proporre nuovi satelliti naturali della Terra. Fra il 1966 e il 1969 John Bargby, uno scienziato americano, sostenne di aver osservato almeno dieci piccoli satelliti naturali della Terra, visibili solo al telescopio. Bargby trovò le orbite ellittiche per tutti questi oggetti:: eccentricità 0,498, semiasse maggiore 14065 km, altezza del perigeo 680 km e altezza dell'apogeo 14700 km. Bargby li riteneva essere frammenti di un corpo più grande, frantumatosi nel dicembre 1955. Egli basò la maggior parte dei suoi asseriti satelliti sulle supposte perturbazioni dei satelliti artificiali. Bargby utilizzò i dati dei satelliti artificiali pubblicati nel Goddard Satellite Situation Report, ignorando che i valori di questa pubblicazione sono solo approssimati, talvolta anche notevolmente errati, e che perciò non possono essere usati per una precisa analisi scientifica. Inoltre, se ci si basa sulle orbite calcolate da Bargby, si può dedurre che al perigeo tali satelliti dovrebbero raggiungere la prima magnitudine e quindi essere agevolmente visibili ad occhio nudo: ma nessuno li ha ancora visti.

   Nel 1997, Paul Wiegert e altri scoprirono che l'asteroide 3753 ha un'orbita davvero strana e può essere considerato un compagno della Terra, sebbene di certo non giri direttamente intorno alla Terra.


Le Lune di Marte, 1610, 1643, 1727, 1747, 1750, 1877-oggi

   Il primo a pensare che Marte avesse dei satelliti fu Johannes Kepler nel 1610. Tentando di risolvere l'anagramma di Galileo riferito agli anelli di Saturno, Kepler ritenne invece che Galileo avesse trovato delle lune di Marte.

   Nel 1643, il frate cappuccino Anton Maria Shyrl affermò di avere visto le lune di Marte. Oggi sappiamo che con i telescopi dell'epoca ciò sarebbe stato impossibile: probabilmente Shyrl venne ingannato da una stella nelle vicinanze di Marte.

   Nel 1727, Jonathan Swift nei "Viaggi di Gulliver" scrisse di due piccole lune in orbita intorno a Marte, conosciute dagli astronomi di Laputa. I loro periodi di rivoluzione erano di 10 e 21,5 ore. Nel 1750 queste 'lune' furono adottate da Voltaire nel suo romazo "Micromegas", che racconta la storia di un gigante proveniente da Sirio in visita al nostro sistema solare.

   Nel 1747 un capitano tedesco, Kindermann, affermò di aver visto la luna (solo una!) di Marte il 10 luglio 1744. Kindermann riferì che il periodo orbitale di questo satellite marziano era di 59 ore, 50 minuti e 6 secondi (!).

   Nel 1877, infine, Asaph Hall scoprì Phobos e Deimos, le due piccole lune di Marte. I loro periodi orbitali sono di 7 ore e 39 minuti e di 30 ore e 18 minuti, quasi uguali ai periodi ipotizzati da Jonathan Swift 150 anni prima!


Il 14° Satellite di Giove, 1975-1980

   Nel 1975, Charles Kowal (scopritore della Cometa 95 P/Chirone) fotografò dall'Osservatorio di Monte Palomar un oggetto che venne considerato essere un nuovo satellite di Giove. Venne visto varie volte, ma non abbastanza per determinare la sua orbita, quindi scomparve. Nei testi degli ultimi anni '70 compariva nelle note a piè di pagina.

Il 9° e il 10° Satellite di Saturno, 1861, 1905-1960, 1966-1980

   Nell'aprile 1861 Hermann Goldschmidt annunciò la scoperta della nona luna di Saturno, in orbita attorno al pianeta fra Titano e Iperione. Egli chiamò quella luna Chirone (!). Tuttavia la scoperta non venne mai confermata: nessun altro vide questo satellite "Chirone". Nel 1898, Pickering scoprì quella che ora è considerata la nona luna di Saturno, Febe. Questa fu la prima volta che un satellite di un altro pianeta venne scoperto grazie ad osservazioni fotografiche. Febe è anche la più esterna delle lune di Saturno.

   Nel 1905, Pickering pensò di aver scoperto una decima luna, che chiamò Themis. Secondo Pickering, essa girava intorno a Saturno fra Titano e Iperione su un'orbita molto inclinata: distanza media da Saturno 1.460.000 km, periodo orbitale 20,85 giorni, eccentricità 0,23, inclinazione 39 gradi. Themis non fu mai più vista, ma tuttavia apparve negli almanacchi e nei libri di astronomia fino agli anni '50 e '60.

   Nel 1966, A. Dollfus scoprì un'altra luna di Saturno: venne chiamata Giano. Essa orbitava proprio sul limitare esterno degli anelli, ed era così fioca e vicina agli anelli che l'unica possibilità di scorgerla era quando gli anelli erano posti di taglio, come accadde nel 1966. Ebbene, Giano è la decima luna di Saturno.

   Nel 1980, quando gli anelli di Saturno furono di nuovo visti di taglio, una serie di osservazioni portò alla scoperta di vari nuovi satelliti presso gli anelli. Accanto a Giano fu trovato un'altra luna, chiamata Epimeteo. Le loro orbite sono molto vicine l'una all'altra: l'aspetto più interessante di questa coppia di satelliti è che essi si scambiano regolarmente l'orbita a vicenda! Risultò che il "Giano" scoperto nel 1966 era in realtà costituito da entrambi questi satelliti co-orbitali. Quindi la 'decima luna di Saturno' trovata nel 1966 si rivelò essere due lune differenti! Le sonde Voyager 1 e Voyager 2, che passarono nei pressi di Saturno di lì a poco, diedero conferma di questo fenomeno.


Le Sei Lune di Urano, 1787

   Nel 1787, William Herschel annunciò la scoperta di sei satelliti di Urano. Herschel si sbagliava: solo due dei suoi sei satelliti erano reali (Titania e Oberon, i due satelliti più grandi ed esterni); i rimanenti quattro erano soltanto delle stelle che si trovavano vicino al pianeta... penso di aver già sentito questa storia... :-)

Il Pianeta X, 1841-1992

   Nel 1841, John Couch Adams cominciò a studiare le perturbazioni nel moto di Urano. Nel 1845, vi si dedicò anche Urbain Le Verrier. Adams presentò due possibili soluzioni al problema, ipotizzando che le deviazioni fossero causate dalla gravità di un pianeta sconosciuto. Adams tentò di presentare le sue deduzioni all'osservatorio di Greenwich, ma poiché era giovane e sconosciuto, non venne preso sul serio. Urbain Le Verrier presentò i suoi risultati nel 1846, ma la Francia non aveva le risorse necessarie per localizzare il pianeta. Le Verrier si rivolse allora all'osservatorio di Berlino, dove Galle e il suo assistente d'Arrest trovarono Nettuno nella sera del 23 settembre 1846. Oggi, Adams e Le Verrier condividono la gloria di aver previsto l'esistenza e la posizione di Nettuno.

   (Ispirato da questo successo, Le Verrier affrontò il problema delle deviazioni dell'orbita di Mercurio e arrivò a suggerire l'esistenza di un pianeta intra-mercuriale, Vulcano, che poi si rivelò essere inesistente.)

   Il 30 settembre 1846, una settimana dopo la scoperta di Nettuno, Le Verrier dichiarò che ci sarebbe potuto essere un altro pianeta sconosciuto. Il 10 ottobre venne scoperta la grande luna di Nettuno, Tritone, la quale fornì una facile maniera per determinare accuratamente le massa di Nettuno, che si rivelò essere più grande del 2% di quanto calcolato in base alle perturbazioni di Urano. Sembrava che le deviazioni nel moto di Urano fossero causate da due pianeti; inoltre l'orbita reale di Nettuno apparve significativamente diversa dalle orbite previste da Adams e da Le Verrier.

   Nel 1850 Ferguson stava osservando il moto dell'asteroide Hygeia. Un lettore della relazione di Ferguson fu Hind, il quale passò in rassegna le stelle usate come riferimento da Ferguson: Hind non fu capace di trovare una di queste stelle. E neppure Maury, al Naval Observatory, fu in grado di trovarla. Per alcuni anni si ritenne che questa fosse l'osservazione di un altro pianeta, ma nel 1879 venne avanzata una differente spiegazione: Ferguson aveva fatto un errore registrando la sua osservazione. Quando l'errore fu corretto, si trovò un'altra stella che collimava perfettamente con la 'stella mancante'.

   Il primo tentativo serio di trovare un pianeta trans-nettuniano venne fatto nel 1877 da David Todd. Egli utilizzò un "metodo grafico", e malgrado l'inconcludenza nei confronti delle variazioni di Urano, calcolò gli elementi per un pianeta oltre Nettuno: distanza media 52 UA, periodo 375 anni, magnitudine inferiore a 13. La sua longitudine per il 1877 era di 170 gradi, con una incertezza di 10 gradi; l'inclinazione era di 1,40 gradi e la longitudine del nodo ascendente era pari a 103 gradi.

   Nel 1879, Camille Flammarion aggiunse un altro elemento a favore dell'esistenza di un pianeta al di là di Nettuno. Gli afeli delle comete periodiche tendono a raggrupparsi intorno all'orbita dei pianeti maggiori: Giove ha la maggior parte di tali comete, ma anche Saturno, Urano e Nettuno ne hanno alcune. Flammarion trovò due comete, 1862 III con un periodo di 120 anni e un afelio a 47,6 UA, e 1889 II, con un periodo un po' maggiore e un afelio a 49,8 UA. Flammarion suggerì che il pianeta ipotetico si muoveva probabilmente a 45 UA.

   Un anno dopo, nel 1880, il professor Forbes pubblicò un saggio riguardante gli afeli delle comete e la loro relazione con le orbite planetarie. Verso il 1900 si conoscevano cinque comete il cui afelio era esterno rispetto all'orbita di Nettuno: quindi Forbes suggerì che ci fosse un pianeta trans-nettuniano alla distanza di 100 UA, e un altro a 300 UA, con un periodo, rispettivamente, di 1000 e 5000 anni.

   Durante i successivi cinque anni, parecchi astronomi e matematici pubblicarono le loro opinioni su ciò che poteva trovarsi nelle zone esterne del sistema solare. Gaillot, dell'Osservatorio di Parigi, ipotizzò due pianeti trans-nettuniani a 45 e 60 UA. Thomas Jefferson Jackson See previde tre pianeti trans-nettuniani: "Oceano" a 41,25 UA e con un periodo di 272 anni, "Trans-oceano" a 56 UA e con un periodo di 420 anni, e infine un terzo corpo a 72 UA e con un periodo di 610 anni. Nel 1902, il dottor Theodor Grigull di Munster, Germania, ipotizzò un pianeta delle dimensioni di Urano a 50 UA e con un periodo di 360 anni, che egli chiamò "Ade". Grigull basò i suoi studi soprattutto sulle orbite delle comete i cui afeli erano al di là di Nettuno, con un controllo incrociato sulla spinta gravitazionale che tale corpo dovrebbe produrre sulle deviazioni del moto di Urano. Nel 1921 Grigull corresse il periodo orbitale di "Ade" in 310-330 anni, al fine di concordare con le deviazioni osservate.

   Nel 1900, Hans-Emil Lau, di Copenhagen, pubblicò gli elementi di due pianeti trans-nettuniani: distanza 46,6 e 70,7 UA, massa 9 volte e 47,2 volte quella terrestre, magnitudine del più interno pari a circa 10-11. Le longitudini di questi corpi ipotetici per il 1900 erano di 274 e 343 gradi, entrambe con un'ampia incertezza di 180 gradi.

   Nel 1901, Gabriel Dallet ipotizzò un pianeta a 47 UA, con una magnitudine di 9,5-10,5 e una longitudine per il 1900 di 358 gradi. Lo stesso anno Theodor Grigull calcolò la longitudine di un pianeta al di là di Nettuno a meno di 6 gradi dal pianeta di Dallet, e in seguiti ridusse la differenza a 2,5 gradi. Si pensò che questo pianeta fosse ad una distanza di 50,6 UA.

   Nel 1904, Thomas Jefferson Jackson See suggerì tre pianeti trans-nettuniani, a 42,25, 56 e 72 UA. Il pianeta interno aveva un periodo di 272,2 anni e una longitudine per il 1904 di 200 gradi. Un generale russo di nome Alexander Garnowsky propose ben quattro pianeti ipotetici, ma non riuscì a fornire alcun dettaglio al loro riguardo.

   Le previsioni più circostanziate per il "Trans-Nettuno" furono entrambe di origine americana: quella di Pickering, in "A search for a planet beyond Neptune" (Annals Astron. Obs. Harvard Coll, vol LXI part II 1909), e quella di Percival Lowell, in "Memoir on a trans-Neptunian planet" (Lynn, Mass 1915). Tali scritti riguardavano il medesimo oggetto, ma usavano metodi diversi e arrivarono a diversi risultati.

   Pickering utilizzò una analisi grafica e suggerì un "Pianeta O" a 51,9 UA, con un periodo di 373,5 anni, una massa doppia di quella terrestre e una magnitudine di 11,5-14. Nei successivi 24 anni, Pickering ipotizzò ben altri otto pianeti al di là di Nettuno. I risultati di Pickering fecero sì che Gaillot rivedesse le distanze dei suoi due pianeti trans-nettuniani a 44 e 66 UA, e attribuisse loro masse pari a 5 e 24 masse terrestri.

   In tutto, dal 1908 al 1932, Pickering arrivò a proporre sette pianeti ipotetici, O, P, Q, R, S, T e U. Ma gli elementi da lui calcolati alla fine per O e P definiscono due corpi diversi da quelli originariamente previsti, cosiccé il numero può essere portato a nove: certamente un record nella previsione planetaria! La maggior parte delle previsioni di Pickering sono interessanti solo come curiosità. Nel 1911 Pickering suggerì che il pianeta Q avesse una massa di 20.000 masse terrestri, rendendolo 63 volte più massiccio di Giove ovvero 1/6 della massa del Sole, pari quasi alla massa minima di una stella. Pickering disse che questo pianeta Q aveva una orbita molto ellittica.

   Negli ultimi anni la sua attenzione si concentrò soltanto sul pianeta P. Nel 1928 ridusse la sua distanza da 123 a 67,7 UA e il suo periodo da 1400 a 556,6 anni, e gli attribuì una massa pari a 20 masse terrestri e magnitudine 11. Nel 1931, dopo la scoperta di Plutone, pubblicò un'altra orbita ellttica per P: distanza 75,5 UA, periodo 656 anni, massa 50 volte la Terra, eccentricità 0,265, inclinazione 37 gradi; questi dati erano molto simili a quelli enunciati nel 1911. Il pianeta S, proposto nel 1928 e fornito di elementi orbitali nel 1931, venne collocato a 48,3 UA (vicino al Pianeta X di Lowell, che era a 47,5 UA), con un periodo di 336 anni, massa 5 volte la Terra, magnitudine 15. Nel 1929 Pickering propose il pianeta U, ad una distanza di 5,79 UA e con un periodo di 13,39 anni, cioè appena più all'esterno dell'orbita di Giove: la sua massa era pari a 0,045 masse terrestri e la sua eccentricità 0,26. L'ultimo dei pianeti di Pickering è il pianeta T, proposto nel 1931, ad una distanza di 32,8 UA e con un periodo di 188 anni.

   I diversi elementi per il pianeta O erano questi;

      Dist media  Periodo   Massa     Magnitudine  Nodo  Incl Longitudine
1908    51,9      373,5 a   2 Terre    11,5-13,4               105,13
1919    55,1      409   a                 15        100   15
1928    35,23     209,2 a   0,5 Terre     12
   Percival Lowell, assai noto per aver proposto i canali di Marte, costruì un osservatorio privato a Flagstaff, Arizona. Lowell chiamò il suo pianeta ipotetico Pianeta X, e svolse varie ricerche per trovarlo, ma senza successo. La prima ricerca del Pianeta X terminò nel 1909, ma nel 1913 iniziò una seconda ricerca, con una nuova previsione: epoca 01-01-1850, longitudine media 11,67 gradi, longitudine del perielio 186 gradi, eccentricità 0,228, distanza media 47,5 UA, longitudine del nodo ascendente 110,99 gradi, inclinazione 7,30 gradi, massa 1/21000 della massa solare. Tra il 1913 e il 1915 Lowell e altri astronomi cercarono invano questo pianeta X. Nel 1915, Lowell pubblicò i suoi risultati teorici riguardo al Pianeta X. La cosa ironica è che proprio in quell'anno, nel 1915, al Lowell Observatory vennero registrate due deboli immagini di Plutone, sebbene non fossero riconosciute come tali se non dopo la scoperta di questo pianeta (1930). Il fallimento di Lowell nella ricerca del Pianeta X fu la più grande delusione della sua vita. Durante i suoi ultimi due anni non passò molto tempo nelle ricerche: Lowell morì nel 1916. Nelle quasi 1000 lastre realizzate nella seconda ricerca c'erano 515 asteroidi, 700 stelle variabili e 2 immagini di Plutone!

   La terza ricerca del Pianeta X cominciò nell'aprile 1927: nei primi due anni non venne fatto alcun progresso. Nel dicembre 1929 un giovane contadino e astrofilo del Kansas, Clyde Tombaugh, venne assunto perché desse una mano nella ricerca. Tombaugh iniziò a lavorare nell'aprile 1929. Il 23 e il 29 gennaio 1930, Tombaugh realizzò la coppia di lastre sulle quali riuscì a trovare Plutone, quando le esaminò il 18 febbraio. Fino a quel giorno egli aveva esaminato centinaia di lastre e milioni di stelle. La ricerca del Pianeta X era giunta al termine.

   Oppure no? Sfortunatamente il nuovo pianeta, poi chiamato Plutone, si rivelò essere troppo piccolo, forse con una massa pari alla Terra, ma più probabilmente soltanto 1/10 della massa terrestre o meno (nel 1979, quando venne trovato il satellite di Plutone Caronte, si scoprì che la coppia Plutone-Caronte aveva una massa pari a solo 1/1000 di quella terrestre!). Il Pianeta X, se causava quelle perturbazioni dell'orbita di Urano, doveva essere molto più grande! Tombaugh continuò la sua ricerca per altri 13 anni, ed esaminò il cielo dal polo nord celeste fino a 50 gradi di declinazione sud, raggiungendo la magnitudine 16-17, e talvolta anche 18. Tombaugh prese in esame quasi 90 milioni di immagini per un totale di quasi 30 milioni di stelle su più di 30.000 gradi quadrati del cielo. Trovò un nuovo ammasso globulare, 5 nuovi ammassi aperti, un nuovo superammasso di 1800 galassie e vari ammassi di galassie minori, una nuova cometa, circa 775 nuovi asteroidi: ma nessun nuovo pianeta eccetto Plutone. Tombaugh concluse che non esisteva nessun pianeta sconosciuto che fosse più luminoso della magnitudine 16,5: solo un pianeta su un'orbita polare e situato presso il polo sud celeste avrebbe potuto sfuggire alla sua rilevazione. Si sarebbe dovuto trovare un pianeta delle dimensioni di Nettuno ad una distanza pari a 7 volte quella di Plutone, oppure un pianeta delle dimensioni di Plutone a 60 UA.

   La denominazione del nuovo pianeta è una storia a sé. I primi suggerimenti per il suo nome furono: Atlante, Zymal, Artemide, Perseo, Vulcano, Tantalo, Idana, Crono. Il New York Times suggerì Minerva, altri giornalisti proposero Osiris, Bacco, Apollo, Erebo. La vedova di Lowell suggerì Zeus, ma poi cambiò idea e avanzò il suo stesso nome, Constance. Molti erano dell'opinione che il pianeta dovesse chiamarsi Lowell. Il personale del Flagstaff Observatory, dove il pianeta era stato scoperto, suggerì Crono, Minerva e Plutone. Alcuni mesi più tardi il pianeta venne ufficialmente denominato Plutone. Questo nome era stato in orgine proposto da Venetia Burney, una scolara di 11 anni di Oxford, Inghilterra.

   La primissima orbita calcolata per Plutone vedeva una eccentricità di 0,909 e un periodo di 3000 anni! Ciò diede origine a qualche dubbio se si trattasse di un pianeta oppure no. Tuttavia alcuni mesi più tardi vennero ottenuti degli elementi orbitali notevolmente migliori. Qui di seguito c'è una comparazione tra gli elementi orbitali del Pianeta X di Lowell, il Pianeta O di Pickering e Plutone:

                          Lowell's X    Pickering's O    Pluto

a (distanza media)           43,0           55,1          39,5
e (eccentricità)              0,202          0,31          0,248
i (inclinazione)             10             15            17,1
N (longit. nodo ascend.)   (non prev)      100           109,4
W (longit. perielio)       204,9           280,1         223,4
T (data del perielio)      Feb 1991        Gen 2129      Set 1989
u (moto medio annuale)       1,2411          0,880         1,451
P (periodo, anni)          282             409,1         248
T (data del perielio)     1991,2          2129,1        1989,8
E (longit. 1930,0)         102,7           102,6         108,5
m (massa, Terra=1)           6,6             2,0           0,002
M (magnitudine)             12-13           15            15
   Era molto difficile determinare la massa di Plutone. Vennero fatte varie stime in tempi diversi: il problema non venne risolto finché James W. Christy non scoprì la luna di Plutone Caronte nel giugno 1978, quando si dimostrò che Plutone ha una massa pari al 20% di quella della nostra Luna! Ciò rese Plutone del tutto inadeguato per produrre sensibili perturbazioni gravitazionali su Urano e Nettuno. Plutone non poteva essere il Pianeta X di Lowell: il pianeta trovato non era il pianeta cercato. Quello che sembrava un altro trionfo della meccanica celeste si rivelò essere un frutto del caso, o piuttosto dell'intelligenza e della precisione della ricerca di Tombaugh.

   La massa di Plutone:

    Crommelin, 1930:    0,11      (masse terrestri)
    Nicholson, 1931:    0,94
    Wylie, 1942:        0,91
    Brouwer, 1949:      0,8-0,9
    Kuiper, 1950:       0,10
    1965:              <0,14    (occultazione di una debole stella da parte di Plutone)
    Seidelmann, 1968:   0,14
    Seidelmann, 1971:   0,11
    Cruikshank, 1976:   0,002
    Christy, 1978:      0,002   (scoperta di Caronte)
   Per breve tempo si sospettò l'esistenza di un altro pianeta trans-nettuniano, secondo quanto riferito il 22 aprile 1930 da R.M. Stewart di Ottawa, Canada, sulla base di lastre realizzate nel 1924. Crommelin ne calcolò un'orbita: distanza 39,82 UA, nodo ascendente 280,49 gradi, inclinazione 49,7 gradi! Tombaugh cercò il "corpo di Ottawa" senza trovarlo. Parecchie altre ricerche vennero effettuate invano.

   Nel frattempo Pickering continuava a prevedere nuovi pianeti (vedi sopra). Anche altri predicevano l'esistenza di nuovi pianeti su basi teoriche (lo stesso Lowell aveva suggerito un secondo pianeta trans-nettuniano a 75 UA). Nel 1946, Francis M.E. Sevin propose un pianeta a 78 UA. Ne dedusse l'esistenza da un curioso metodo empirico in base al quale egli suddivise i pianeti e l'asteroide stravagante Hidalgo in due gruppi di corpi interni ed esterni:

   Gruppo I :    Mercurio  Venere   Terra    Marte  Asteroidi  Giove
   Groppo II:      ?       Plutone  Nettuno  Urano  Saturno    Hidalgo
   Quindi sommò i logaritmi dei periodi di ciascuna coppia di pianeti, trovando una risultato quasi costante di circa 7,34. Assumendo che questa somma fosse valida anche per Mercurio e il pianeta trans-plutoniano, arrivò al periodo di circa 677 anni per il "Trans-Plutone". In seguito Sevin pubblicò una serie completa di elementi per questo nuovo pianeta: distanza 77,8 UA, periodo 685,8 anni, eccentricità 0,3, massa 11,6 masse terrestri. La sua previsione suscitò scarso interesse fra gli astronomi.

   Nel 1950, K. Schutte di Monaco utilizzò i dati di otto comete periodiche per suggerire un pianeta al di là di Plutone, a 77 UA. Quattro anni più tardi, H.H. Kitzinger di Karlsruhe, usando le stesse otto comete, estese e migliorò il lavoro, localizzando il supposto pianeta a 65 UA, con un periodo si 523,5 anni, un'inclinazione orbitale di 56 gradi e una magnitudine stimata pari a 11. Nel 1957, Kitzinger riprese in considerazione il problema e arrivò a nuovi elementi: distanza 75,1 UA, periodo 650 anni, inclinazione 40 gradi, magnitudine intorno a 10. Dopo infruttuose ricerche fotografiche, nel 1959 egli riesaminò il tutto ancora una volta, giungendo a nuovi elementi (distanza media 77 UA, periodo 675,7 anni, inclinazione 38 gradi, eccentricità 0,07), che facevano pensare ad un pianeta diverso dal "Trans-Plutone" di Sevin, ma sotto certi aspetti simile all'ultimo Pianeta P di Pickering. Tuttavia, tale pianeta non fu mai trovato.

   Anche la Cometa di Halley è stata usata come "sonda" per pianeti al di là di Plutone. Nel 1942, R.S. Richardson trovò che un pianeta di dimensioni terrestri a 36,2 UA, ovvero a 1 UA oltre l'afelio della Halley, avrebbe ritardato il passaggio della cometa al perielio in modo tale da renderlo più conforme alle osservazioni. Effetto analogo avrebbe avuto un pianeta di 0,1 masse terrestri a 35,3 UA. Nel 1972, Brady predisse l'esistenza di un pianeta a 59,9 UA, con periodo 464 anni, eccentricità 0,07, inclinazione 120 gradi (cioè su un'orbita retrograda), magnitudine 13-14, dimensioni pari a quelle di Saturno. Questo pianeta avrebbe sensibilmente ritardato i vari ritorni della Cometa di Halley fin dal passaggio al perielio del 1456. Si compirono ricerche anche di questo pianeta gigante, ma non si trovò mai nulla.

   Negli anni '70, Tom van Flandern esaminò le posizioni di Urano e Nettuno. L'orbita calcolata per Nettuno collimava con le osservazioni solo per alcuni anni, ma poi cominciava a discostarsene. L'orbita di Urano, invece, coincideva con le osservazioni per una rivoluzione, ma non per le rivoluzioni precedenti. Nel 1976 Tom van Flandern si convinse che c'era un decimo pianeta. Dopo che nel 1978 la scoperta di Caronte ebbe dimostrato che la massa di Plutone era molto inferiore alle aspettative, van Flandern persuase il suo collega Robert S. Harrington dell'esistenza di questo decimo pianeta. Essi cominciarono così a collaborare al fine di studiare il sistema satellitare di Nettuno. Ben presto le loro opinioni cominciarono a divergere. Van Flandern pensava che che il decimo pianeta si situasse al di là di Nettuno, mentre Harrington riteneva che fosse tra le orbite di Urano e Nettuno. Van Flandern ritenne di aver bisogno di ulteriori dati, come ad esempio una massa maggiore di Nettuno rilevata dal Voyager 2. Harrington cominciò la ricerca del pianeta nel 1979: nel 1987 non aveva ancora trovato alcun pianeta. Van Flandern e Harrington ipotizzarono che il decimo pianeta potesse trovarsi vicino all'afelio in un'orbita molto ellittica. Se il pianeta è scuro, suggerì Van Flandern, potrebbe avere una magnitudine 16-17.

   Nel 1987, Whitmire e Matese suggerirono un decimo pianeta a 80 UA, con un periodo di 700 anni e un'inclinazione di 45 gradi, come alternativa alla loro ipotesi di "Nemesis". Tuttavia, secondo Eugene M. Shoemaker, questo pianeta non avrebbe potuto causare quelle piogge meteoriche che Whitmire e Matese ipotizzano (vedi sotto).

   Nel 1987, John Anderson del JPL esaminò i movimenti delle sonde Pioneer 10 e Pioneer 11, per vedere se potesse essere trovata qualche deviazione dovuta a forze gravitazionali di origine sconosciuta. Non ne trovò nessuna: ma da ciò Anderson concluse che molto probabilmente esisteva un decimo pianeta! Il JPL aveva escluso dalle sue effemeridi le osservazioni di Urano anteriori al 1910: tuttavia Anderson si fidò anche di queste antiche osservazioni. Anderson ipotizzò che il decimo pianeta dovesse avere un'orbita molto ellittica, che lo portava tanto lontano da renderlo invisibile, ma che periodicamente lo faceva venire abbastanza vicino perché disturbasse il cammino dei pianeti esterni. Egli suggerì una massa pari a 5 masse terrestri, un periodo orbitale di 700-1000 anni e un'orbita molto inclinata. Le perturbazioni sui pianeti esterni non verrebbero rilevate ancora fino al 2600: Anderson sperava che i due Voyager avrebbero contribuito a stabilire la posizione di questo pianeta.

   Anche Conley Powell, del JPL, analizzò i movimenti planetari. Egli trovò che le osservazioni di Urano collimavano molto meglio con i calcoli dopo il 1910 che prima. Powell suggerì un pianeta con 2,9 masse terrestri a 60,8 UA dal Sole, un periodo di 494 anni, un'inclinazione di 8,3 gradi e soltanto una piccola eccentricità. Powell notò che questo periodo era all'incirca il doppio di quello di Plutone e il triplo di quello di Nettuno, ipotizzando quindi che il pianeta avesse un'orbita stabilizzata da una reciproca risonanza con i suoi vicini, malgrado la loro grande distanza. La soluzione vedeva il pianeta nei Gemelli, anche più luminoso di Plutone al momento della sua scoperta. Nel 1987 il Lowell Observatory svolse una ricerca per il pianeta di Powell: nulla venne trovato. Powell riesaminò la sua ipotesi e rivide gli elementi: 0,87 masse terrestri, distanza 39,8 UA, periodo 251 anni, eccentricità 0,26; cioè un'orbita molto simile a quella di Plutone! Attualmente il nuovo pianeta di Powell doovrebbe essere nel Leone, con magnitudine 12, sebbene Powell pensi che sia prematuro mettersi a cercarlo, giacché ha bisogno di esaminare ulteriori dati al riguardo.

   Sebbene non si sia mai trovato alcun pianeta trans-plutoniano, si focalizzò l'attenzione sulle regioni esterne del sistema solare. L'asteroide stravagante Hidalgo, che si muove su un'orbita tra Giove e Saturno, è già stato menzionato. Negli anni tra il 1977 e il 1984, Charles Kowal svolse una nuova ricerca sistematica di corpi non ancora scoperti nel sistema solare, utilizzando il telescopio Schmidt da 48 pollici del Palomar Observatory. Nell'ottobre 1987 egli trovò l'asteroide 1977 UB, poi chiamato Chirone, ad una distanza media di 13,7 UA, con un periodo di 50,7 anni, eccentricità 0,3786, inclinazione 6,923 gradi, diametro 50 km circa. Nel corso della sua ricerca, Kowal trovò anche 5 comete e 15 asteroidi, compreso Chirone, l'asteroide più distante che si conoscesse quando venne scoperto. Egli ritrovò inoltre 4 comete e un asteroide di cui si erano perse le tracce. Kowal non trovò un decimo pianeta e concluse che non c'era alcun pianeta sconosciuto più luminoso della ventesima magnitudine entro 3 gradi dall'eclittica.

   All'inizio Chirone venne annunciato come "decimo pianeta", ma poi fu immediatamente designato come asteroide. Ma Kowal aveva il sospetto che potesse essere molto simile ad una cometa: in effetti in seguito esso sviluppò una breve coda cometaria! Nel 1995 Chirone è stato classificato anche come cometa: è certamente la cometa più grande che conosciamo.

   Nel 1992 venne trovato un asteroide ancora più distante: Pholus. In seguito, sempre nel 1992, si scoprì un asteroide esterno all'orbita di Plutone, seguito da altri cinque asteroidi trans-plutoniani nel 1993 e da almeno una dozzina nel 1994!

   Nel frattempo, le sonde Pioneer 10 e 11 e Voyager 1 e 2 sono giunte fuori dal sistema solare e hanno potuto essere usate anche come "sonde" per rilevare forze gravitazionali provenienti da pianeti sconosciuti: non si è trovato niente. I Voyager hanno anche misurato più accuratamente le masse dei pianeti esterni: e quando queste masse aggiornate sono state inserite nelle formule matematiche del sistema solare, le imprecisioni della posizione dei pianeti esterni è finalmente scomparsa. Sembra dunque che la ricerca del "Pianeta X" sia giunta al termine. Non c'era nessun "Pianeta X", ma invece si è trovata una cintura di asteroidi esterna rispetto a Nettuno e Plutone! Gli asteroidi esterni all'orbita di Giove che erano noti nell'agosto 1993 sono questi:

Asteroide    a      e      Incl     Nodo   Perielio  Ang med  Periodo  Nome
             UA            gradi    gradi    gradi    gradi    anni

 944      5,79853 0,658236 42,5914  21,6567  56,8478  60,1911   14,0    Hidalgo
2060     13,74883 0,384822  6,9275 209,3969 339,2884 342,1686   51,0    Chiron
5145     20,44311 0,575008 24,6871 119,3877 354,9451   7,1792   92,4    Pholus
5335     11,89073 0,866990 61,8583 314,1316 191,3015  23,3556   41,0    1991DA

1992QB1  43,82934 0,087611  2,2128 359,4129  44,0135 324,1086  290      "Smiley"
1993FW   43,9311  0,04066   7,745  187,914  359,501    0,4259  291      "Karla"

                  Epoca:  1993-08-01,0  TT
   Nel novembre 1994 si conoscevano questi asteroidi trans-nettuniani:
Oggetto    a     e     incl     R Mag   Diam    Data di   Scopritori  
           UA          gradi             km     scoperta

1992 QB1  43,9  0,070   2,2     22,8    283     1992 Ago  Jewitt & Luu
1993 FW   43,9  0,047   7,7     22,8    286     1993 Mar  Jewitt & Luu
1993 RO   39,3  0,198   3,7     23,2    139     1993 Set  Jewitt & Luu
1993 RP   39,3  0,114   2,6     24,5     96     1993 Set  Jewitt & Luu
1993 SB   39,4  0,321   1,9     22,7    188     1993 Set  Williams et al.
1993 SC   39,5  0,185   5,2     21,7    319     1993 Set  Williams et al.
1994 ES2  45,3  0,012   1,0     24,3    159     1994 Mar  Jewitt & Luu
1994 EV3  43,1  0,043   1,6     23,3    267     1994 Mar  Jewitt & Luu
1994 GV9  42,2  0,000   0,1     23,1    264     1994 Apr  Jewitt & Luu
1994 JQ1  43,3  0,000   3,8     22,4    382     1994 Mag  Irwin et al.
1994 JR1  39,4  0,118   3,8     22,9    238     1994 Mag  Irwin et al.
1994 JS   39,4  0,081   14,6    22,4    263     1994 Mag  Luu & Jewitt 
1994 JV   39,5  0,125   16,5    22,4    254     1994 Mag  Jewitt & Luu 
1994 TB   31,7  0,000   10,2    21,5    258     1994 Ott  Jewitt & Chen
1994 TG   42,3  0,000   6,8     23,0    232     1994 Ott  Chen et al.
1994 TG2  41,5  0,000   3,9     24,0    141     1994 Ott  Hainaut 
1994 TH   40,9  0,000   16,1    23,0    217     1994 Ott  Jewitt et al.
1994 VK8  43,5  0,000   1,4     22,5    273     1994 Nov  Fitzwilliams et al.

Il diametro è in km ed è basato sulla magnitudine e sulla stima dell'albedo.
   I corpi trans-nettuniani sembrano formare due gruppi. Il primo, composto da Plutone, 1993 SC, 1993 SB e 1993 RO, ha orbite eccentriche e una risonanza di 3:2 con Nettuno. Il secondo, che comprende 1992 QB1 e 1993 FW, è leggermente più esterno ed ha una minore eccentricità.

Nemesis, la stella compagna del Sole, 1983-oggi

   Supponete che il nostro Sole non sia solo, ma abbia una stella compagna. Supponete che questa stella si muova su un'orbita ellittica, che faccia variare la sua distanza dal Sole tra 90.000 UA (1,4 anni luce) e 20.000 UA, con un periodo di 30 milioni di anni. Supponete anche che questa stella sia scura o tutt'al più molto fioca, e che a causa di ciò non l'abbiamo ancora notata.

   Tutto questo vorrebbe dire che ogni 30 milioni di anni questa ipotetica compagna del Sole passa attraverso la nube di Oort (un ammasso di proto-comete situato ad una grande distanza dal Sole). Durante tale passaggio le proto-comete della nube di Oort sarebbero scagliate intorno: alcune decine di migliaia di anni dopo, qui sulla Terra dovremmo notare un notevole aumento nel numero di comete che passano nel sistema solare interno. E se il numero delle comete aumenta, così aumenta il rischio che la Terra collida con il nucleo di una di queste comete.

   Esaminando le testimonianze geologiche della Terra, appare che all'incirca ogni 30 milioni di anni si è verificata una grande estinzione nelle forme viventi terrestri. La più conosciuta di queste estinzioni è naturalmente quella dei dinosauri, avvenuto all'incirca 75 milioni di anni fa. Secondo quest'ipotesi, tra circa 15 milioni di anni sarà tempo per la prossima estizione di massa.

   Questa ipotetica "compagna mortale" del Sole è stata suggerita nel 1985 da Daniel P. Whitmire e John J. Matese, dell'University of Southern Lousiana. Essa ha anche ricevuto un nome: Nemesis. La cosa strana dell'ipotesi di Nemesis è che non c'è alcuna prova dell'esistenza di una stella compagna del Sole. Non deve essere molto luminosa né molto massiccia: una stella molto più piccola e fioca del Sole dovrebbe andare bene, una nana bruna o nera (un corpo simile ad un pianeta, non abbastanza massiccio per iniziare a "bruciare idrogeno" come una stella). È possibile che questa stella sia già stata catalogata, senza che nessuno abbia notato nulla di particolare, vale a dire l'enorme moto apparente di questa stella rispetto allo sfondo delle stelle più distanti (cioè la sua parallasse). Se essa dovesse essere trovata, pochi dubiterebbero che sia la causa primaria delle periodiche estinzioni di massa sulla Terra.

   Ma questa è anche voglia di potenza mitica. Se un antropologo di una generazione precedente avesse sentito una storia simile, il dotto libro che ne sarebbe derivato avrebbe senza dubbio usato parole come 'primitiva' o 'pre-scientifica'. Considerate questa storia:

C'è un altro Sole nel cielo, un Sole Demonio che noi non possiamo vedere. Tanto tempo fa, ben prima del tempo della bisnonna, il Sole Demonio attaccò il nostro Sole. Le comete caddero e un terribile inverno dominò sulla Terra. Quasi tutta la vita venne distrutta. Il Sole Demonio aveva già attaccato molte volte in precedenza. Esso attaccherà ancora.
   Questo spiega perché alcuni scienziati pensarono che la teoria di Nemesis fosse uno scherzo, quando ne sentirono parlare per la prima volta: un Sole invisibile che attacca la Terra con le comete fa pensare ad una fissazione o ad un mito. Ma ciò si merita un'ulteriore dose di scetticismo per questa ragione: l'uomo corre sempre il pericolo di ingannarsi. Ma anche se la teoria è ipotetica, essa è seria e rispettabile, poiché la sua idea principale può essere messa alla prova: trovate la stella ed esaminate le sue caratteristiche.

   Tuttavia, visto che il satellite IRAS ha svolto l'esame di tutto il cielo nell'infrarosso lontano senza trovare nessuna "Nemesis", l'esistenza di questa stella appare molto improbabile.


Riferimenti

Willy Ley: "Watcher's of the skies", The Viking Press NY,1963,1966,1969

William Graves Hoyt: "Planet X and Pluto", The University of Arizona Press 1980, ISBN 0-8165-0684-1, 0-8165-0664-7 pbk.

Carl Sagan, Ann Druyan: "Comet", Michael Joseph Ltd, 1985, ISBN 0-7181-2631-9

Mark Littman: "Planets Beyond - discovering the outer solar system", John Wiley 1988, ISBN 0-471-61128-X

Tom van Flandern: "Dark Matter, Missing Planets & New Comets. Paradoxes resolved, origins illuminated", North Atlantic Books 1993, ISBN 1-55643-155-4

Joseph Ashbrook: "The many moons of Dr Waltemath", Sky and Telescope, Vol 28, Oct 1964, p 218, anche a p 97-99 di "The Astronomical Scrapbook" by Joseph Ashbrook, SKy Publ. Corp. 1984, ISBN 0-933346-24-7

Delphine Jay: "The Lilith Ephemeris", American Federation of Astrologers 1983, ISBN 0-86690-255-4

William R. Corliss: "Mysterious Universe: A handbook of astronomical anomalies", Sourcebook Project 1979, ISBN 0-915554-05-4: p 45-71 "The intramercurial planet", p 82-84 "Mercury's moon that wasn't", p 136-143 "Neith, the lost satellite of Venus", p 146-157 "Other moons of the Earth", p 423-427 "The Moons of Mars", p 464 "A ring around Jupiter?", p 500-526 "Enigmatic objects"

Richard Baum & William Sheehan: "In Search of Planet Vulcan" Plenum Press, New York, 1997 ISBN 0-306-45567-6 , QB605.2.B38


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Testo di Paul Schlyter, convertito in html da Bill Arnett; ultimo aggiornamento: 3 settembre 1997
Versione italiana a cura di Marco Murara e Michele Bortolotti